Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21748 del 26/10/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 21748 Anno 2015
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 28874-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente contro
ZARCONE ANTONINO, ZARCONE GIUSEPPE, nella qualità di
ex soci della società LA TIRRENICA srl in liquidazione, elettivamente
domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE,
rappresentati e difesi dall’avvocato GIOVANNI FIANNACCA giusta
procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

6COB

a

Data pubblicazione: 26/10/2015

avverso la sentenza n. 266/27/2012 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di PALERMO SEZIONE
DISTACCATA di MESSINA dell’8/10/2012, depositata il
24/10/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

CONTI.
In fatto e in diritto
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico
motivo, nei confronti della sentenza resa dalla CTR Sicilia sez.Messina
n.266/2012/27, depositata il 24.10.2012.
Il Giudice di appello, nel rigettare l’appello proposto dall’Amministrazione
proposto avverso la sentenza che aveva annullato l’avviso di accertamento
emesso nei confronti della società La Tirrenica srl per la ripresa di IVA per
l’anno 1997 in ragione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti
emesse dalla società Bos, osservava che:a)l’Ufficio non poteva considerare
inesistente la prestazione fatturata sulla base di una semplice presunzione; b) la
carne acquistata dalla società contribuente, proveniente dall’estero e recapitata
direttamente all’acquirente, era stata realmente consegnata e pagata dalla
contribuente; e) la società Bos era una semplice intermediaria che si era curata
dell’emissione e dell’incasso del corrispettivo, sicché non aveva necessità di
personale; e) la circostanza che la società Bos non aveva provveduto agli
adempimenti fiscali posia suo carico non poteva essere imputabile alla società
contribuente cessionaria.
Con l’unica censura proposta l’Agenzia prospetta la violazione degli artt. 2697,
2727, 2729 c.c., in combinato disposto con gli artt.19,21 c.7,26 e 54 c.2 dPR
n.633/72, in relazione agli artt.2 e 8 d.lgs.n.74/2000- art.360 c.1 nn.3 e 4 c.p.c.-.
Lamenta che la CTR aveva erroneamente escluso che la prova del carattere
soggettivamente inesistente delle operazioni fatturate alla società contribuente
potesse essere fornita mediante presunzioni, valorizzando elementi quali il
pagamento della merce e la consegna della stessa che non avevano alcuna
rilevanza rispetto all’ipotizzata inesistenza soggettiva dell’operazione. Peraltro,
evidenziava che la CTR, nel dare rilevanza al fatto che il cessionario non
poteva rispondere degli inadempimenti di natura fiscale della società cedente,
aveva violato i principi espressi da questa Corte che esonerano il cessionario da
responsabilità in caso di operazioni soggettivamente inesistenti nel solo caso in
cui lo stesso abbia dimostrato che non sapeva o non poteva sapere i partecipare
ad un’operazione fraudolenta.
La società contribuente ha chiesto il rigetto del ricorso, evidenziandone
l’infondatezza.
La sentenza impugnata resiste ai rilievi difensivi esposti dall’Agenzia ricorrente
che prospetta, rispetto alla sentenza pubblicata in epoca successiva all’entrata in
vigore del novellato art.360 c.1 n.5 c.p.c., il vizio di violazione di legge senza
che ne ricorrano, ad avviso del Collegio, i relativi presupposti.
Ric. 2013 n. 28874 sez. MT – ud. 16-09-2015
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16/09/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI

Ric. 2013 n. 28874 sez. MT – ud. 16-09-2015
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Ed invero, la novella introdotta dall’art.54 d.l.n.83/2012 ha per un verso ridotto
il controllo sulla motivazione delle sentenze del giudice di merito alla stregua
dei principi, qui non rilevanti, espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte con
le sentenze nn.8053 e 8054 del 2014, non modificando, tuttavia, la possibilità
del controllo di legittimità sulle questioni relative al “valore” e alla
“operatività” delle presunzioni. Si è così chiarito che
peculiare
conformazione del controllo sulla motivazione non elimina, sebbene riduca (ma
sarebbe meglio dire, trasformi), il controllo sulla sussistenza degli estremi cui
l’art. 2729, primo comma, cod. civ. subordina l’ammissione della presunzione
semplice. In realtà è in proposito possibile il sindacato per violazione di legge,
ai sensi del n. 3 dell’art. 360 cod. proc. civ. Ciò non solo nell’ipotesi (davvero
rara) in cui il giudice abbia direttamente violato la norma in questione
deliberando che il ragionamento presuntivo possa basarsi su indizi che non
siano gravi, precisi e concordanti, ma anche quando egli abbia fondato la
presunzione su indizi privi di gravità, precisione e concordanza, sussumendo,
cioè, sotto la previsione dell ‘art. 2729 cod civ., fatti privi dei caratteri legali, e
incorrendo, quindi, in una falsa applicazione della nonna, esattamente assunta
nella enunciazione della ‘fattispecie astratta”, ma erroneamente applicata alla
‘fattispecie concreta”. .In altre parole, poiché la sentenza, sotto il profilo della
motivazione, si sostanzia nella giustificazione delle conclusioni, oggetto del
controllo in sede di legittimità è la plausibilità del percorso che lega la
verosimiglianza delle premesse alla probabilità delle conseguenze.
L’implausibilità delle conclusioni può risolversi tanto nell’apparenza della
motivazione, quanto nell’omesso esame di un fatto che interrompa
l’argomentazione e spezzi il nesso tra verosimiglianza delle premesse e
probabilità delle conseguenze e assuma, quindi, nel sillogismo, carattere di
decisività: l’omesso esame è il “tassello mancante” alla plausibilità delle
conclusioni rispetto alle premesse date nel quadro del sillogismo giudiziario.
Ciò non significa che possa darsi ingresso, in alcun modo, ad una surrettizia
revisione del giudizio di merito, dovendosi tener per fermo, mutatis mutandis, il
rigoroso insegnamento di questa Corte secondo cui: “in sede di legittimità il
controllo della motivazione in fatto si compendia nel verificare che il discorso
giustifìcativo svolto dal giudice del merito circa la propria statuizione esibisca
i requisiti strutturali minimi dell’argomentazione (fatto probatorio -massima di
esperienza — fatto accertato) senza che sia consentito alla Corte sostituire una
diversa massima di esperienza a quella utilizzata (potendo questa essere
disattesa non già quando l’interferenza probatoria non sia da essa necessitata,
ma solo quando non sia da essa neppure minimamente sorretta o sia
addirittura smentita, avendosi, in tal caso, una mera apparenza del discorso
giustificativo) o confrontare la sentenza impugnata con le risultanze istruttorie,
al fine di prendere in considerazione un fatto probatorio diverso o ulteriore
rispetto a quelli assunti dal giudice del merito a fondamento della sua
decisione” (Cass. n. 14953 del 2000).”
Orbene, al di là della riconosciuta valenza indiziaria di elementi non idonei ad
escludere il carattere soggettivamente inesistente che pure si rinviene nella
decisione impugnata, la CTR ha fondato la propria decisione su una precisa
ricostruzione dei fatti secondo cui la società cedente si era occupata unicamente
dell’emissione e dell’incasso dei corrispettivi, ricoprendo così il ruolo di
semplice intermediaria che non aveva necessità di alcuna struttura

commerciale.
Orbene, rispetto a siffatta ricostruzione fattuale che ha condotto il giudice di
merito ad escludere la natura di società cartiera nella cedente della merce,
l’Agenzia ricorrente ha prospettato l’omessa ponderazione di ulteriori elementi
indiziari nella quale sarebbe incorso il giudice di merito circa la natura di
cartiera della cedente tuttavia sussumendo la censura sotto il paradigma del
vizio di violazione di legge (art.360 c.1 n.3 c.p.c.) senza considerare che la
deduzione di elementi in tesi idonei a neutralizzare la rilevanza probatoria dei
documenti contabili considerati -dalla CTR- idonei ad escludere la natura di
cartiera della società cedente e che il giudice di merito non avrebbe
considerato potevano fondare unicamente il vizio di omesso esame di un fatto
decisivo e controverso nel giudizio addotto dalla Amministrazione nella nuova
formulazione del n.5 dell’art.360 c.1 c.p.c., ma non la violazione di legge
prospettata.
Sulla base di tali considerazioni il ricorso va rigettato.
Ricorrono giusti motivi in relazione alla peculiarità della vicenda processuale,
per compensare le spese del giudizio.
P. Q.M.
La Corte, visti gli artt.375 e 380 bis c.p.c.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in
favore della parte controricorrente in curo 2000,00 per compensi, oltre curo
100,00 per esborsi e accessori.
Così deciso il 16.9.2015 nella camera di consiglio della sesta sezione civile in

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