Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21747 del 27/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 27/08/2019, (ud. 28/03/2019, dep. 27/08/2019), n.21747

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26185-2017 proposto da:

B.T., B.D.A., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 35, presso lo studio dell’avvocato

MASSIMO FILIPPO MARZI, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ANGELO MAIOLINO;

– ricorrenti –

contro

AMISSIMA ASSICURAZIONI SPA, in persona del Procuratore speciale pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CAIO MARIO 27,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO ALESSANDRO MAGNI, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

C.C., M.G., AXA ASSICURAZIONI SPA,

T.E., A.V., T.C., T.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2135/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 04/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO

MARIA CIRILLO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. B.D.A. e B.T. convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Vicenza, C.C., M.G., la CARIGE Assicurazioni s.p.a. e l’Aia Assicurazioni s.p.a., rispettivamente conducente, proprietario ed assicuratore del mezzo antagonista, chiedendo che fossero condannati in solido al risarcimento dei danni subiti nell’incidente stradale nel quale la vettura condotta dalla C., non rispettando il semaforo che portava luce rossa, aveva occupato l’incrocio andando ad urtare il furgone condotto da B.D.A.; nell’incidente era rimasta uccisa To.An., terza trasportata a bordo del furgone, mentre il B. ed il figlio (allora) minorenne avevano riportato lesioni personali.

Si costituirono in giudizio i convenuti, chiedendo il rigetto della domanda.

Il giudizio venne riunito ad un altro promosso da T.E., A.V., T.C. e T.A., genitori e familiari della defunta, nel quale era stata avanzata analoga richiesta di risarcimento dei danni.

Il Tribunale accolse la domanda degli attori e, riconosciuta l’esistenza di un concorso di colpa della defunta To. nella misura del 30 per cento, per non avere ella allacciato le cinture di sicurezza, condannò i convenuti al risarcimento dei danni ed al pagamento delle spese di lite.

2. La pronuncia è stata impugnata in via principale dagli attori B.D.A. e B.T. e in via incidentale dagli attori T.E., A.V., T.C. e T.A., e la Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 4 ottobre 2017, ha rigettato entrambi gli appelli ed ha condannato gli appellanti alla rifusione delle spese del grado.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Venezia ricorrono B.D.A. e B.T. con unico atto affidato a due motivi. Resiste la Amissima assicurazioni s.p.a., già CARIGE Assicurazioni, con controricorso.

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e i ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione degli artt. 2697e 1227 c.c., nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’attribuzione di un concorso di colpa a carico della vittima; con il secondo motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 1223,1227 e 2056 c.c., rilevando che ai familiari della To. doveva essere attribuito l’intero risarcimento e non soltanto il 70 per cento dello stesso.

2. I due motivi, da trattare congiuntamente in quanto tra loro strettamente connessi, sono entrambi inammissibili.

La giurisprudenza di questa Corte ha in più occasioni ribadito che in materia di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, la ricostruzione delle modalità del fatto generatore del danno, la valutazione della condotta dei singoli soggetti che vi sono coinvolti, l’accertamento e la graduazione della colpa, l’esistenza o l’esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, come tali sottratti al sindacato di legittimità se il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico (v., tra le altre, le sentenze 23 febbraio 2006, n. 4009, 25 gennaio 2012, n. 1028 e 30 giugno 2015, n. 13421, nonchè l’ordinanza 22 settembre 2017, n. 22205).

Nella specie la Corte d’appello, con motivazione adeguata e priva di vizi logici, ha illustrato con chiarezza le ragioni per le quali ha ritenuto di confermare la decisione del Tribunale riconoscendo un concorso di colpa, nella misura del 30 per cento, a carico della vittima, ed è pervenuta a tale conclusione considerando raggiunta la prova della circostanza secondo cui la To. non aveva allacciato le cinture di sicurezza nel momento dello scontro fatale.

A fronte di simile ricostruzione, il ricorso si risolve nell’evidente tentativo di ottenere in questa sede un nuovo e non consentito esame del merito. In particolare, non sussiste la pretesa violazione dell’art. 1227 c.c., comma 1, nè l’omessa valutazione delle testimonianze, perchè la Corte di merito ha vagliato i dati di fatto e le deposizioni testimoniali, illustrando le ragioni per le quali non ha ritenuto credibile la diversa tesi sostenuta dagli appellanti e ribadita nell’odierna sede di legittimità.

Il secondo motivo, che non ha una rilevanza autonoma rispetto al primo, rimane evidentemente assorbito.

3. Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile.

A tale esito segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono, inoltre, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.400, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 28 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 agosto 2019

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