Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21746 del 27/10/2016


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Cassazione civile sez. I, 27/10/2016, (ud. 14/07/2016, dep. 27/10/2016), n.21746

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7784-2011 proposto da:

AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI ROMA, (C.F./P.I. (OMISSIS)), in

persona del Presidente della Giunta Provinciale pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 119-A, presso

l’AVVOCATURA PROVINCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato

MASSIMILIANO SIENI,giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CAMAD S.R.L., (p. i. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE DELLA

VITTORIA 5, presso l’avvocato GIOVANNI ARIETA, che la rappresenta e

difende, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4554/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 08/11/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/07/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato SIENI che si riporta agli atti;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato ARIETA che si riporta agli

atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con atto di citazione notificato il 2 giugno 1999, la CAMAD s.r.l. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, l’Amministrazione Provinciale della stessa città, chiedendone la condanna al pagamento della somma di Lire 6.969.977.567, oltre accessori di legge, per talune riserve iscritte nel registro di contabilità e nel conto finale dei lavori di costruzione dell'(OMISSIS), in relazione alla convenzione di concessione stipulata con l’ente in data (OMISSIS). La domanda veniva parzialmente accolta dal Tribunale adito, con sentenza n. 23074/2004, avverso la quale proponeva appello la CAMAD s.r.l.

2. Il gravame veniva parzialmente accolto dalla Corte di Appello di Roma, con sentenza n. 4554/2010, depositata l’8 novembre 2010, con la quale il giudice di seconde cure – dopo avere precisato che la materia del contendere era limitata all’accertamento della legittimità, o meno, della terza riserva, in relazione la quale la Corte reputava sussistere ragioni di pubblico interesse, ai sensi del D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 30, comma 2, – riteneva sussistere la responsabilità della p.a. per i danni subiti dall’impresa, per effetto di detta sospensione, avendo la Provincia ingenerato, a parere del giudice del gravame, l’affidamento della concessionaria circa l’avvenuta approvazione della relativa perizia di variante, inducendola a riprendere i lavori, che venivano, invece, nuovamente sospesi in data (OMISSIS).

3. Per la cassazione di tale sentenza ha, quindi, proposto ricorso l’Amministrazione Provinciale di Roma nei confronti della CAMAD s.r.l., affidato a due motivi. La resistente ha replicato con controricorso.

4. Con ordinanza n. 10014/2013, depositata il 24 aprile 2013, la sesta sezione civile, cui la causa era stata assegnata, disponeva rimettersi il ricorso alla pubblica udienza, dubitando della tempestività del gravame.

5. Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. In via pregiudiziale, deve ritenersi che il ricorso della Provincia di Roma – come, invece, adombrato nella relazione della sesta sezione civile – non può considerarsi tardivo, poichè proposto oltre il termine breve di sessanta giorni dalla notifica della sentenza di appello, previsto dall’art. 325 c.p.c., comma 2.

1.1. Ed invero, va osservato – al riguardo – che non può considerarsi idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione la notifica della sentenza effettuata ad un ente pubblico locale parte in causa (Comune o Provincia), in persona del legale rappresentante e presso la sede ove l’organo è domiciliato per la carica, in assenza di qualunque richiamo al procuratore dell’ente, anch’egli domiciliato presso la sede dell’ente. La sola identità di domiciliazione non assicura, invero, che la sentenza giunga a conoscenza della parte tramite il suo rappresentante processuale, professionalmente qualificato a vagliare l’opportunità dell’impugnazione (cfr. Cass. 9431/2012; 9843/2014).

1.2. Nel caso concreto dalla relata di notifica si evince che la notifica della sentenza è stata effettuata direttamente all’ente pubblico presso la propria sede, ossia “alla Provincia di Roma, in persona del suo Presidente pro-tempore, nella sua sede in (OMISSIS)”, senza richiamo alcuno al difensore dell’ente. La notifica in parola non è, dunque, idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione; per il che il ricorso deve considerarsi tempestivamente proposto nel termine di un anno ex art. 327 cod. proc. civ. (nel testo applicabile ratione temporis).

2. Passando, quindi, all’esame del merito, va rilevato che, con il primo motivo di ricorso, l’Amministrazione Provinciale di Roma denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1375 c.c., 10 e 30 del D.P.R. n. 1063 del 1962, nonchè l’insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 (nel testo applicabile ratione temporis).

2.1. Si duole l’istante del fatto che il giudice di appello abbia erroneamente ritenuto che, con la nota del 16 dicembre 1991 e con il verbale di ripresa dei lavori del (OMISSIS), l’amministrazione abbia lasciato intendere alla società appaltatrice che il progetto dell’opera era stato definitivamente approvato, e che i lavori potevano, pertanto riprendere, laddove il progetto di variante era stato approvato solo in linea programmatica dal Consiglio Provinciale, con la Delib. 16 settembre 1991, n. 328 per mancato reperimento della provvista finanziaria. Talchè i lavori erano stati sospesi per la terza volta, dopo altre due sospensioni, in data (OMISSIS).

Osserva, per contro, la ricorrente che la CAMAD s.r.l., in quanto concessionaria dell’opera, e non mera appaltatrice, ben avrebbe potuto, e dovuto, essere consapevole dell’iter della progettazione e della sua approvazione, sicchè alcun affidamento risarcibile avrebbero potuto ingenerare la nota ed il verbale suindicati.

2.2. Il motivo è fondato.

2.2.1. Dall’esame del ricorso (pp. 6 e 7), che trascrive – nel rispetto del principio di autosufficienza – il contenuto dell’art. 1 del capitolato speciale di appalto, si evince che l’Amministrazione Provinciale aveva inteso “affidare in concessione mediante convenzione sulla base delle risultanze di apposita gara la progettazione e costruzione, inclusa la direzione dei lavori, di un edificio scolastico di istruzione superiore”. Ed analoga previsione relativa alle incombenze a carico del concessionario, tenuto a “provvedere a propria cura e spese a tutto quanto occorre per la progettazione, esecuzione, direzione ed assistenza, misure e contabilizzazione dei lavori” si desume dall’esame dei punti 2 e 3 della convenzione stipulata tra le parti.

2.2.2. E’, pertanto, evidente che ci si trova in presenza di una “concessione di sola costruzione”, nella quale – alla stregua della disciplina anteriore alla L. n. 109 del 1994, applicabile ratione temporis la concessione, non solo obbliga il concessionario a compiere l’opera pubblica (cioè a svolgere la semplice attività materiale di sua costruzione, come nell’appalto), ma lo investe di poteri e facoltà proprie dell’ente concedente, quali, ad esempio, la progettazione dell’opera o dei lavori, la direzione degli stessi, la sorveglianza, la scelta degli appaltatori. Ne consegue che al medesimo competono, insieme alla realizzazione dell’opera, tutte indistintamente le fasi dei lavori pubblici commissionati, ivi incluse le attività tecniche e/o amministrative preparatorie o connesse o comunque accessorie all’esecuzione del lavori stessi (cfr. Cass. 4145/2003; 2308/2016). Ed invero, allorchè la pubblica amministrazione affidi ad un privato la realizzazione di opere programmate nell’interesse pubblico, il rapporto non può definirsi di delegazione amministrativa, che è istituto peculiare del diritto pubblico e non può configurarsi che tra enti pubblici diversi (delegazioni intersoggettive) o tra organi diversi dello stesso ente pubblico (delegazione interorganica), ricorrendo, invece, o la figura dell’appalto, ove l’affidamento sia strettamente limitato all’esecuzione del lavoro, ovvero quella della concessione, caratterizzata dal trasferimento, in tutto o in parte, al concessionario dell’esercizio delle funzioni oggettivamente pubbliche (progettazione di massima ed esecutiva, direzione dei lavori, e perfino – laddove si versi in ipotesi di concessione traslativa – acquisizione delle aree mediante provvedimenti ablatori, ecc.) necessarie per la realizzazione delle opere (cfr. Cass. 6474/1983). Ne consegue che il concessionario si sostituisce all’amministrazione nello svolgimento dell’attività organizzativa e direttiva necessaria per realizzare l’opera pubblica e diviene, in veste di soggetto attivo del rapporto attuativo della concessione, l’unico titolare di tutte le obbligazioni che ad esso si ricollegano (Cass. 26261/2007).

2.2.3. Tutto ciò premesso in via di principio, va rilevato che, nel caso concreto, non può legittimare affidamento alcuno della società concessionaria la nota della Provincia in data 16 dicembre 1991, con la quale si comunicava alla Camad s.r.l. che la Delib. concernente il “progetto di completamento ed adeguamento” (variante in corso d’opera) era stato approvato dal Consiglio Provinciale, nonchè l’ordine di ripresa dei lavori ed il relativo verbale del (OMISSIS), motivata dal fatto che la predetta delibera aveva approvato “in linea programmatica” il progetto di variante. Escludendo, invero, il rapporto concessorio, per la sua descritta configurazione giuridica, una relazione di tipo autoritativo tra l’amministrazione committente ed il concessionario – il quale viene, anzi, a sostituirsi alla prima nello svolgimento dell’attività organizzativa e direttiva necessaria per realizzare l’opera pubblica, anche con l’esercizio dei poteri pubblicistici all’uopo necessari – la Camad s.r.l. ben poteva, e doveva, verificare l’avvenuta approvazione in via soltanto programmatica del progetto di variante, per difetto del necessario finanziamento.

2.3. La doglianza della ricorrente va, pertanto, accolta.

3. Resta assorbito il secondo motivo di ricorso, con il quale l’Amministrazione Provinciale di Roma censura la determinazione del quantum del risarcimento operato dall’impugnata sentenza.

4. L’accoglimento del primo motivo di ricorso comporta la cassazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame della controversia facendo applicazione dei seguenti principi di diritto: “la “concessione di sola costruzione”, non solo obbliga il concessionario a compiere l’opera pubblica, come nell’appalto, ma lo investe di poteri e facoltà proprie dell’ente concedente, quali la progettazione dell’opera o dei lavori, la direzione degli stessi, la sorveglianza, la scelta degli appaltatori, e le attività tecniche e/o amministrative preparatorie o connesse o comunque accessorie all’esecuzione del lavori stessi; “sostituendosi il concessionario all’amministrazione concedente nello svolgimento dell’attività organizzativa e direttiva necessaria per realizzare l’opera pubblica, nessun affidamento del concessionario possono ingenerare note o comunicazioni dell’ amministrazione concernenti lo stato di elaborazione ed approvazione della progettazione da parte dell’ente, comprese eventuali varianti in corso d’opera, anche con riferimento al reperimento della necessaria provvista finanziaria”.

5. Il giudice di rinvio provvederà, altresì, alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione;

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 14 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2016

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