Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21744 del 27/10/2016


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Cassazione civile sez. I, 27/10/2016, (ud. 13/07/2016, dep. 27/10/2016), n.21744

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20925-2010 proposto da:

CURATELA DEL FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L., (P.I. (OMISSIS)), in

persona del Curatore fallimentare avv. C.D.,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE CLODIO 18, presso

l’avvocato LUIGI CHINELLI, rappresentata e difesa dall’avvocato

NICOLA TODARO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

SE.RI.T. SICILIA S.P.A. – AGENTE DELLA RISCOSSIONE PER LE PROVINCE

SICILIANE (già MONTEPASCHI SE.RI.T. Servizio Riscossione Tributi

S.p.a. – Concessione di (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GUIDO D’AREZZO 2, presso l’avvocato MASSIMO FRONTONI, rappresentata

e difesa dall’avvocato PARISI MAURIZIO, giusta mandato in calce al

controricorso;

– controricorrente –

contro

CO.FI.MER. S.P.A.;

– intimata –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MESSINA, depositato il

26/05/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/07/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato TODARO NICOLA che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato MARIA PIA DI GIOSA, con

delega avv. PARISI, che si riporta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto in data 16-5-2010 il tribunale di Messina ammetteva Serit Sicilia s.p.a. al passivo del fallimento della (OMISSIS) s.r.l., al chirografo come da domanda, in relazione a un credito per imposta sulla pubblicità.

A fondamento della decisione poneva una cartella di pagamento notificata alla società debitrice nell’anno (OMISSIS) e riteneva che, decorsi i termini di impugnazione della cartella medesima, nessun potere residuava in capo al giudice fallimentare al fine di discutere della debenza del tributo.

Escludeva altresì che fosse intervenuto un successivo sgravio da parte del comune.

Avverso il decreto, notificato il 17-6-2010, la curatela del fallimento ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi.

Serit Sicilia s.p.a. ha replicato con controricorso.

Non ha svolto difese Cofimer s.p.a.

La parte controricorrente ha infine depositato una memoria, con la quale ha fatto presente che il fallimento è stato chiuso il 20/7/2011.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – La chiusura del fallimento non interessa, in quanto ipotesi di interruzione del giudizio (v. Sez. 6^-1, n. 13337-13) notoriamente irrilevante in cassazione.

– Coi primi due motivi di ricorso e col sesto la curatela, denunziando la violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 96, in combinato con il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 45 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 nonchè l’omessa valutazione della natura pattizia della convenzione stipulata dalla fallita col comune di Messina nell’anno (OMISSIS), e ulteriormente denunziando l’errata o falsa applicazione del D.M. n. 1160 del 2000, si duole dell’affermata definitività e intangibilità del tributo.

Ritenendo di poter trarre argomento dalla giurisprudenza formatasi sul canone per la concessione di spazi e aree pubbliche, nega la natura tributaria del credito azionato e contesta la pretesa relativa all’aggio e ai diritti tabellari.

3. – I motivi, che per connessione possono essere unitariamente esaminati, non possiedono fondamento per la ragione che segue.

Come si evince dal ricorso, oltre che dal provvedimento del tribunale di Messina, Serit Sicilia si era insinuata nel fallimento in base a un titolo relativo all’imposta comunale di pubblicità e affissioni dell’esercizio (OMISSIS).

Ciò era stato fatto con riferimento alle aree e agli spazi cartellonistici situati negli stadi (OMISSIS) di proprietà comunale, utilizzati in occasione di manifestazioni sportive per la durata di concessione degli impianti.

La natura tributaria del credito per imposta sulla pubblicità è fuori discussione in base al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 6 e a niente rileva il titolo concessorio in forza del quale la società era stata legittimata all’utilizzo dei cartelloni pubblicitari.

Questa corte ha da tempo affermato che, in tema di imposta sulla pubblicità, il D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 6, comma 1, nell’individuare il soggetto passivo, tenuto in via principale al pagamento dell’imposta, in colui che dispone “a qualsiasi titolo del mezzo attraverso il quale il messaggio pubblicitario viene diffuso”, non fa differenze in ordine al titolo da cui dipende tale disponibilità che, quindi, può derivare sia dall’esercizio del diritto di proprietà o altro diritto reale, sia dall’esecuzione di un contratto obbligatorio stipulato con chi disponga giuridicamente dell’impianto pubblicitario (cfr. per tutte Sez. 5^ n. 24307-09, v. pure Sez. 5^ n. 5039-15).

4. Il tribunale, sebbene nel contesto di una motivazione nel resto non particolarmente perspicua, ha affermato che alla società (OMISSIS) era stata notificata la cartella di pagamento relativa all’imposta de qua nell’anno (OMISSIS), e che tale cartella non era stata impugnata dinanzi al competente giudice tributario.

Su tale base, essendo “decorsi i termini per l’impugnazione”, il tribunale ha ritenuto che nessun potere spettasse al giudice fallimentare onde “discutere il merito del tributo”.

La premessa del ragionamento, che cioè la cartella fosse stata notificata alla società quando era ancora in bonis, è da correlare a quanto evidenziato in premessa dalla stessa curatela ricorrente, vale a dire all’essere stata la domanda della concessionaria proposta in base a una “cartella di pagamento (..) presuntivamente notificata in data 15-3-2007”: questo consente di ritenere che il tribunale, parlando giustappunto di cartella notificata nel (OMISSIS) e non impugnata, abbia riscontrato la veridicità della postulazione suddetta, e così infine accertato che si trattava di credito tributario portato da cartella esattoriale notificata il 15-3-2007 e non impugnata.

Essendo il fallimento della società sopravvenuto in data 27-11-2008 (così, in premessa, il ricorso), discende che il credito tributario era già cristallizzato dal titolo, stante la duplice natura della cartella esattoriale quale atto di comunicazione dell’estratto di ruolo e di intimazione ad adempiere, corrispondente, nel processo ordinario, al titolo esecutivo e al precetto.

5. – Va adesso rammentato che, per quanto attiene ai rapporti tra la disciplina della riscossione dei tributi e il fallimento, il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 88 stabilisce che, se sulle somme iscritte a ruolo sorgono contestazioni, il credito ammesso al passivo con riserva (anche nel caso in cui la domanda di ammissione sia presentata in via tardiva); in tal caso la riserva è sciolta dal giudice delegato con decreto, su istanza del curatore o del concessionario, quando è inutilmente decorso il termine prescritto per la proposizione della controversia davanti al giudice competente, ovvero quando il giudizio è stato definito con decisione irrevocabile o risulta altrimenti estinto (v. Sez. 1^ n. 6126-14).

Consegue che correttamente il tribunale ha infine ritenuto che il credito vantato dalla concessionaria per la riscossione dovesse essere ammesso al passivo come da domanda.

Nessun’altra infatti era la soluzione al cospetto di un titolo già formato e non impugnato, non essendo invocabile – nè essendo stata dalla ricorrente invocata, a ulteriore conferma della definitività del titolo un’ammissione con riserva.

6. – Col terzo e col quarto mezzo la curatela deduce il vizio di motivazione del decreto del tribunale in ordine al fatto che era avvenuta una comunicazione di sgravio del tributo da parte dell’ente impositore, con conseguente rinuncia alla pretesa.

I motivi sono inammissibili in quanto il tribunale ha accertato che nessun provvedimento di sgravio era stato adottato e che anzi, con missiva del 7-10-2009, il dipartimento comunale competente aveva confermato l’iscrizione a ruolo.

7. – Egualmente inammissibile è il quinto motivo, col quale è dedotta la violazione e l’errata applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 7 e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 12 oltre che il vizio di motivazione, per avere il tribunale ritenuto legittima la cartella notificata dall’agente della riscossione nel marzo 2007 non considerando che l’eliminazione in autotutela, a opera dell’ente impositore, ovvero la richiesta di eliminazione di somme o di voci iscritte a ruolo, ovvero ancora la rinuncia (parziale) al credito con conseguente modifica degli elementi del ruolo, avrebbero imposto di attivare un altro procedimento volto alla formazione di un nuovo ruolo depurato dalle somme indebite, o alla formazione di un nuovo atto di imposizione.

Il motivo dà per presupposti fatti senza indicare da quali elementi concreti si sarebbero dovuti ricavare, al fine di potersi richiedere al giudice a quo una più puntuale motivazione in ordine alle prospettate fattispecie di sgravio o di rinuncia.

E devesi sottolineare che quei medesimi fatti il tribunale ha esplicitamente escluso.

Spese alla soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione prima civile, il 13 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2016

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