Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21744 del 20/09/2017
Cassazione civile, sez. trib., 20/09/2017, (ud. 15/02/2017, dep.20/09/2017), n. 21744
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 1924/2013 R.G. proposto da:
B.N., rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Bellini,
con domicilio eletto in Roma, via Postumia 3, presso lo studio
dell’avv. Giulio Micioni;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,
domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso 12, l’Avvocatura
Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
e sul ricorso iscritto al n. 1924/2013 R.G. proposto da:
B.N., rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Bellini,
con domicilio eletto in Roma, via Postumia 3, presso lo studio
dell’avv. Giulio Micioni;
– ricorrente incidentale –
contro
Agenzia delle Entrate;
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale
dell’Umbria n. 403/2012, depositata il 7 maggio 2012.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 15 febbraio 2017
dal Consigliere Giuseppe Tedesco;
udita l’avv. Barbara Tidore;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Fuzio Riccardo, che ha concluso chiedendo il rigetto del
ricorso principale e del ricorso incidentale.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Il Fisco ha invitato il contribuente, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 a produrre documentazione contabile. Quindi, non avendo ottenuto risposta, procedeva, sulla base di indagine finanziaria, a rettificare il reddito di impresa per l’anno 2005.
Contro l’avviso di accertamento, il contribuente ha proposto ricorso alla Commissione tributaria provinciale, deducendo in primo luogo sia vizi formali del procedimento, in particolare che il questionario, la cui mancata restituzione costituiva la circostanza che aveva giustificato l’accertamento induttivo del reddito, non gli era stato mai recapitato, sia censure di merito.
La Commissione di primo grado disattese le censure procedimentali e accolse parzialmente quelle di merito, riconoscendo, entro i limiti della documentazione prodotta, le giustificazioni fornite dal contribuente.
Contro la sentenza hanno proposto appello sia il contribuente e sia l’Agenzia delle entrate, appelli che sono stati definiti dalla Commissione tributaria regionale dell’Umbria (Ctr) con la sentenza oggetto del ricorso, la quale ha rigettato le censure formulate dal contribuente sull’iter procedimentale seguito dal Fisco; ha ampliato, rispetto alla sentenza di primo grado, l’ambito delle operazioni per le quali il contribuente aveva fornito giustificazioni adeguate; ha rigettato l’appello dell’Ufficio.
Contro la sentenza il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, cui l’Agenzia delle Entrate reagisce con controricorso contenente ricorso incidentale.
Il contribuente ha depositato memoria.
Il collegio ha autorizzato la redazione della sentenza in forma semplificata.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso presenta una pluralità di profili di inammissibilità, in primo luogo perchè le censure hanno come punto di riferimento immediato l’attività del Fisco piuttosto che la valutazione che ne ha dato la Ctr; in secondo luogo per difetto di autosufficienza, in quanto non è trascritto l’avviso di accertamento, per cui non si riesce a comprendere che ruolo avesse avuto, sulle determinazioni dell’Amministrazione Finanziaria, la mancata risposta al questionario, di cui il contribuente lamenta la mancata conoscenza per nullità della notificazione del relativo invito. Si può aggiungere, sula base dei dati che emergono dal ricorso, che la ricostruzione dei ricavi non conseguiva a un accertamento induttivo ai sensi del D.P.R. 600 del 1973, art. 39 ma si basava su accertamento bancario, che non deve essere preceduto dall’invio di alcun questionario e nemmeno dall’invito al contraddittorio sui dati acquisiti (Cass. n. 4601/2991; Cass. n. 15857/2016), se non per l’Iva e nei limiti delineati dalle Sezioni Unite di questa Suprema corte (Cass., S.U., 9 dicembre 2015, n. 24823).
E’ del pari inammissibile anche il secondo motivo di ricorso con il quale, sotto il profilo della violazione di legge, il ricorrente censura in realtà il contenuto della decisione della Ctr, là dove questa aveva ritenuto che “l’Ufficio Amministrazione aveva assolto l’onere probatorio su si lui gravante mediante produzione dei dell’accertamento e relativi allegati”.
Si può aggiungere che gli elementi raccolti sulla base delle indagini finanziarie danno vita a una presunzione legale (Cass. n 1519/2017).
Il ricorso incidentale dell’Agenzia, articolato sui due motivi identici e rubricati diversamente, è infondato. Si sostiene che, poichè il contribuente era rimasto silente sul questionario, ritualmente notificato, la commissione tributaria regionale non avrebbe dovuto dare ingresso ai documenti giustificativi prodotti dal contribuente in sede contenzioso, secondo quanto dispone dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 4: “le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa (…)”.
Infatti il motivo non tiene conto della successione cronologica degli eventi, quali emerge dal ricorso incidentale. Ed invero il Fisco invoca la sanzione dell’inutilizzabilità in relazione ai giustificativi dei movimenti bancari rilevati sui conti correnti del contribuente, ma identifica l’omissione in cui costui sarebbe incorso nella mancata risposta questionario notificato prima che fosse eseguito l’accertamento: il questionario è stato notificato il 3 maggio 2007, mentre l’accertamento bancario è stato eseguito in data 8 agosto 2007. Con tale questionario, riprodotto nel controricorso, erano naturalmente richiesti documenti contabili dell’impresa e non anche le giustificazioni riguardanti i movimenti bancari, per l’ovvia ragione che la loro rilevazione non era ancora avvenuta. E’ vero che il questionario preannunciava tale accertamento, ma ciò non basta a far scattare la sanzione in parola, che deve avere fondarsi su una mancata risposta a un invito a fornire giustificazioni specificamente attinenti ai dati, notizie e documenti siano stati acquisiti tramite indagini finanziarie (cfr. D.P.R. n. 600 del 1963, art. 32).
In conclusione il ricorso principale va dichiarato inammissibile; il ricorso incidentale va rigettato.
PQM
rigetta il ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale;
compensa integralmente le spese processuali.
Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2017.
Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2017