Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21742 del 27/09/2019

Cassazione civile sez. un., 27/08/2019, (ud. 02/07/2019, dep. 27/08/2019), n.21742

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Presidente di sez. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di sez. –

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente di sez. –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1994-2018 proposto da:

ASSOCIAZIONE ARCI COMITATO TERRITORIALE DI PRATO, in persona del

Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GIUNIO BAZZONI 15, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE FEMIA,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE

GRATTERI;

– ricorrente –

contro

REGIONE TOSCANA, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA BARBERINI 12, presso lo studio

dell’avvocato MARCELLO CECCHETTI, rappresentata e difesa

dall’avvocato FABIO CIRRI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1889/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 09/08/2017;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/07/2019 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento

del ricorso;

uditi gli avvocati Giuseppe Femia e Stefano Crisci per delega

dell’avvocato Fabio Ciari.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- A seguito di un bando per la ripartizione delle risorse finanziarie assegnate alla Regione Toscana per la costruzione e gestione di asili nido nei luoghi di lavoro, ai sensi della L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 70, la Associazione Arci-Comitato territoriale di Prato (d’ora in poi solo Arci) si aggiudicò il finanziamento di tre progetti nella misura del 58,97% delle somme richieste, e precisamente il progetto n. 21, denominato “(OMISSIS)”, nel Comune di (OMISSIS); il progetto n. 51, denominato il “(OMISSIS)”, nel Comune di (OMISSIS); il progetto n. 52, denominato il “(OMISSIS)”, nel Comune di (OMISSIS).

I decreti dirigenziali di finanziamento furono emessi, per il primo e il terzo progetto, il D. Dirig. 21 aprile 2004, n. 2272; per il secondo progetto in data D. Dirig. 14 aprile 2003, n. 2166, poi modificato con Decreto 19 novembre 2004, n. 6962.

Nel corso del rapporto, l’Arci presentò la documentazione giustificativa delle spese in conto investimenti e in conto gestione e successivamente inviò i rendiconti delle spese di gestione, con la documentazione giustificativa.

Con note del 29/6/2009 la Regione Toscana comunicò all’Arci l’avvio del procedimento di revoca parziale dei contributi erogati per i tre asili e con successive note contestò l’ammissione a rendiconto di alcune spese sostenute dall’Arci, con un prospetto per ciascuno degli asili contenenti annotazioni critiche sulle fatture contestate.

Dopo lo scambio di ulteriore documentazione, con decreti n. 4022, 4023 e 4024 del 6/8/2009, comunicati con nota del 24/8/2009, il Dirigente regionale ammise a rendiconto solo una parte delle spese documentate sia in conto investimenti sia in conto gestione: in particolare, furono ammesse solo le spese di gestione sostenute nel primo anno di attività degli asili e furono detratti, per un importo complessivo di Euro 49.500 dall’importo riconosciuto ammissibile a rendiconto, i proventi derivanti dalle rette richieste alle famiglie.

Conseguentemente, il Dirigente regionale revocò parzialmente i finanziamenti assegnati e dispose procedersi al recupero delle somme ritenute non dovute, pari a Euro 115.546,05 in relazione all’asilo il “(OMISSIS)”, Euro 74.196,05 in relazione all’asilo “(OMISSIS)” e, infine, Euro 30.183,17 in relazione al terzo asilo.

2.- Con atto di citazione notificato il 10/2/2010 l’Arci convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Firenze la Regione Toscana e chiese che fosse accertata la insussistenza del diritto alla restituzione vantato dalla Regione Toscana con i decreti n. 4022, 4023 e 4024 del 2009.

A sostegno della domanda assunse l’errato disconoscimento dei costi rendicontati nonchè l’erronea detrazione dai costi di gestione dei ricavi dichiarati dall’Arci, pari a Euro 49.500 per ciascun progetto finanziato, in quanto le rette degli asili erano state pagate direttamente alla cooperativa incaricata di gestire gli asili, la quale aveva fatturato l’corrispettivi ricevuti ed emesso note di credito intestate all’Arci per il relativo importo.

Nel contraddittorio con la Regione Toscana, il Tribunale di Firenze, dopo aver disposto una consulenza tecnica contabile, accolse parzialmente la domanda dell’Arci e ridusse le somme richieste in restituzione dalla Regione Toscana; in parziale accoglimento della domanda riconvenzionale proposta dalla Regione, condannò poi l’Arci a pagare a quest’ultima la somma di Euro 19.954,13, oltre interessi legali.

Il Tribunale, dopo aver precisato che la revoca aveva riguardato, per i progetti 51 e il 52, le spese in conto gestione (solo in parte per il primo progetto, ritenute, invece, ammissibili per entrambi quelle in conto investimenti) e, per il progetto n. 21, anche (in parte) quelle in conto investimenti, ritenne che il bando regionale, approvato con decreto n. 6861 del 10/12/2002, non avesse indicato con chiarezza i criteri della rendicontazione, tali da consentire un effettivo controllo e da esigere gli standard di cui, poi, la Regione aveva chiesto il rispetto, e che pertanto doveva accogliersi il criterio selettivo adottato dal CTU per dare concretezza al controllo di inerenza delle spese di gestione al progetto, sulla base del quale le somme erano state così rideterminate.

Nel frattempo, nel corso del giudizio, la Regione Toscana aveva dato atto che, con sentenza n. 151 del 2011, la Sezione Toscana della Corte dei Conti, in sede giurisdizionale, aveva condannato il presidente e la responsabile del settore infanzia dell’Arci di (OMISSIS) al risarcimento del danno erariale, quantificato in Euro 219.925,27.

3.- Su impugnazione della Regione Toscana, la Corte d’appello di Firenze ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, in favore della Corte dei Conti. Ha infatti osservato che la sentenza della Corte dei conti, parzialmente confermata in appello dalla Sezione prima giurisdizionale centrale d’appello con sentenza n. 670/2013, aveva accertato una condotta illecita di mala gestio del denaro pubblico da parte dei soggetti che avevano agito per conto dell’Arci; la domanda proposta dall’Arci era volta a far valere l’inesistenza del credito della Regione, senza che tuttavia fosse stata eccepita “l’esistenza di un titolo impediente rispetto alla pretesa avversaria”, mentre il diritto prospettato dalla Regione traeva titolo da fatti qualificati come illeciti, commessi nell’esercizio di funzioni attribuite all’Arci, mediante concessione, in via amministrativa e per finalità pubbliche. Ciò induceva, sulla base dei principi affermati anche dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez.Un. 23/9/2009, n. 20434; Cass. Sez.Un. 31/1/2008, n. 2289), ad ancorare la giurisdizione presso il giudice contabile, in ragione della natura del danno e degli scopi perseguiti.

4.- Contro la sentenza, l’Arci ha proposto ricorso per cassazione, articolato su un unico motivo, al quale ha resistito con controricorso la Regione Toscana.

In prossimità dell’udienza l’Associazione ricorrente ha depositato memoria illustrativa. Il Sostituto procuratore generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con l’unico motivo di ricorso, l’Arci censura la sentenza per violazione delle norme in tema di giurisdizione (art. 103 Cost.): sostiene che la domanda proposta ha ad oggetto l’accertamento del proprio diritto soggettivo a conservare il finanziamento erogato dalla Regione Toscana, senza che sia ipotizzabile un danno erariale, in considerazione sia della sua natura di ente privato sia della situazione dedotta in giudizio; in tal senso, secondo la ricorrente, militerebbe la giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez.un. 13/10/2006, n. 22098; Cass. Sez.un. 20/7/2011, n. 15867). Dal canto suo, la Regione Toscana ritiene che il ricorso sia inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 1, e comunque infondato considerato che la revoca del finanziamento è diretta a risarcire il danno erariale conseguente alla mala gestio del contributo pubblico erogato; chiede altresì la condanna della ricorrente ai sensi dell’art. 96 c.p.c. per lite temeraria.

2.- Il ricorso è ammissibile e merita accoglimento.

Come risulta dagli atti di causa, e in particolare dallo svolgimento del processo riportato sia dalle parti nei rispettivi scritti difensivi sia dalle sentenze di merito, la domanda proposta dall’Associazione ha ad oggetto l’accertamento della insussistenza del diritto della Regione a pretendere la restituzione parziale dei finanziamenti erogati; per converso, la Regione ha chiesto l’accertamento del suo diritto al recupero e la condanna dell’Arci alla relativa restituzione.

Si tratta di domande speculari, l’una di segno opposto all’altra, in quanto hanno ad oggetto l’accertamento del medesimo diritto, vantato dalla Regione e negato dell’Arci.

2.1.- Emerge altresì dagli atti che la pretesa dell’Ente – oggetto dell’accertamento negativo chiesto dall’Arci – trova fondamento nel disconoscimento di alcuni costi portati in detrazione e nella mancanza o insufficiente documentazione di alcune spese, tale da impedire il controllo della loro inerenza all’attuazione del progetto finanziato, nonchè nella contabilizzazione di spese relative a lavori svolti oltre il limite di un anno previsto nel bando per la rendicontazione.

In sostanza, l’Amministrazione imputa all’associazione beneficiaria delle condotte inadempienti rispetto agli obblighi di rendicontazione e documentazione delle spese imposti nel bando e nel provvedimento concessorio: si tratta, all’evidenza, di condotte che afferiscono ad una fase successiva alla concessione del finanziamento, ossia alla fase più propriamente attuativa o esecutiva del rapporto, rispetto alla quale, per un verso, la posizione del concessionario si connota in termini di diritto soggettivo e, per altro verso, l’amministrazione non dispone di alcun potere discrezionale, non venendo più in rilievo una riconsiderazione o comparazione tra interessi pubblici e interesse del privato, ma solo l’ammissione a rendiconto di alcune spese ed il rispetto di regole di contabilizzazione.

2.2.- Questo essendo l’oggetto della controversia, non vi è dubbio che tanto la domanda principale quanto quella riconvenzionale – stante l’identità della causa petendi e la specularità del petitum appartengano alla cognizione del giudice ordinario (in tal senso, Cass. Sez. Un. 2/5/2019, n. 11587; Cass. 7/12/2012, n. 22265).

2.3.- E’ invero principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità in tema di finanziamenti pubblici che le relative controversie sono devolute alla cognizione del Giudice amministrativo nel caso in cui riguardino l’annullamento del provvedimento di attribuzione del beneficio per vizi di legittimità o la revoca dello stesso per contrasto con l’interesse pubblico, in relazione ai quali la posizione giuridica del beneficiario è qualificabile come interesse legittimo, spettando alla Pubblica Amministrazione il potere di riconoscere il contributo sulla base di una valutazione dell’interesse pubblico e previo apprezzamento discrezionale dell’an, del quid e del quomodo dell’erogazione.

Al contrario, rientrano nella giurisdizione del Giudice ordinario le controversie che non involgono aspetti di ponderazione o comparazione tra interessi pubblici o di riconsiderazione dell’interesse del privato rispetto ai primi, come accade nei casi in cui la controversia ad oggetto la concreta erogazione del contributo o il ritiro disposto dalla Pubblica Amministrazione per inadempimento degli obblighi imposti al beneficiario, senza che siano ravvisabili margini di discrezionalità nell’apprezzamento delle ragioni di pubblico interesse sottese all’erogazione o al recupero (cfr. ex plurimis, Cass. Sez. Un. 2/5/2019, n. 11587; Cass. Sez.Un. 17/02/2016, n. 3057; Cass. Sez.Un. 11/07/2014, n. 15941, ed ivi ulteriori richiami; v. pure Cass. Sez.Un. 1/2/2019, n. 3166).

In definitiva, è attribuita alla cognizione del giudice ordinario ogni fattispecie che attenga alla revoca della già concessa agevolazione per ragioni non attinenti a vizi dell’atto amministrativo, alla sua forma, alla sua motivazione, bensì a comportamenti posti in essere dallo stesso beneficiario nella fase attuativa dell’intervento agevolato. Deve aggiungersi che, nel caso di specie, non è ravvisabile un’ipotesi di “regressione” della posizione giuridica del destinatario della sovvenzione (da diritto soggettivo a interesse legittimo), dal momento che la revoca del finanziamento – secondo quanto prospettato dalle stesse parti – non consegue all’esercizio di poteri di carattere autoritativo, espressione di autotutela della pubblica amministrazione, per vizi di legittimità o per contrasto originario con l’interesse pubblico, bensì al mancato rispetto di obblighi nascenti dal bando e dal provvedimento concessorio (cfr. Cass. Sez.Un. 3166/2019, cit.).

3.- Questi principi non risultano in alcun modo scalfiti dalla possibile coesistenza di una responsabilità contabile.

La facoltà, spettante alla Pubblica Amministrazione, di promuovere le ordinarie azioni civilistiche per ottenere la restituzione del finanziamento concesso e l’azione di risarcimento del danno erariale, il cui esercizio è invece demandato al Procuratore presso la Corte dei conti, operano su piani diversi, ancorchè investano gli stessi fatti materiali, e restano distinte e reciprocamente indipendenti: la prima è infatti volta al recupero dell’importo erogato, a tutela dell’interesse particolare dell’Amministrazione interessata; la seconda mira alla tutela dell’interesse pubblico generale al buon andamento della Pubblica Amministrazione ed al corretto impiego delle risorse, con funzione prevalentemente sanzionatoria (in tal senso, Cass. Sez. Un. 19/2/2019, n. 4883; Cass. 20/12/2018, n. 32929; Cass. Sez.Un. 2/9/2013, n. 20075; Cass. Sez.Un. 12/4/2012, n. 5756; cfr. Corte Cost. 19/1/2007, n. 1; prima ancora Corte Cost. 9/9/1989, 104).

3.1.- Eventuali interferenze tra i due giudizi possono dar luogo, al più, ad una questione di proponibilità dell’azione di responsabilità per danno erariale, non già ad una questione di giurisdizione, sulla quale possa incidere, con efficacia di giudicato implicito, la precedente pronuncia che ha deciso sul merito dell’azione di responsabilità (cfr. Cass., Sez. Un. 07/12/2016, n. 25040; Cass. Sez.Un. 21/5/2014, n. 11229; Cass. Sez.Un. 28/11/2013, n. 26582; Cass. 10/09/2013, n. 20701; 4/01/2012, n. 11).

3.2.- La diversità di funzione e di presupposti delle due azioni esclude così che possa prospettarsi una violazione del principio del ne bis in idem (Cass. 20/12/2018, n. 32929; Cass. 14/7/2015, n. 14632; Cass. Sez.Un. 28/11/2013, n. 26582; Cass. 11/6/2007, n. 13662).

Invero, il giudizio civile introdotto su domanda dalla P.A. ha ad oggetto l’accertamento del danno derivante dalla lesione di un suo diritto soggettivo, in ragione della violazione di un’obbligazione civile, contrattuale o legale, o della clausola generale di danno aquiliano da parte di colui che è investito del rapporto di servizio, in un’ottica essenzialmente riparatoria e compensativa, a protezione dell’interesse particolare facente capo alla singola Amministrazione agente.

3.3- Diverso è il giudizio di responsabilità amministrativo-contabile, promosso innanzi alla Corte dei Conti dal Procuratore generale della Corte dei conti, o su denuncia dell’amministrazione o ad iniziativa diretta del predetto Procuratore Generale (art. 43 Regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti, approvato con R.D. 13 agosto 1933, n. 1038, ora abrogato dal D.Lgs. 26 agosto 2016, n. 174, art. 4, all. 3,; v. ora D.Lgs. cit., artt. 51 e ss.): esso nasce da un’azione obbligatoria, indisponibile e irretrattabile; ha finalità essenzialmente sanzionatoria (onde non implica necessariamente il ristoro completo del pregiudizio subito dal patrimonio danneggiato dalla mala gestio dell’amministratore o dall’omesso controllo del vigilante), solo in determinati casi (a differenza dell’azione civile in cui il debito risarcitorio è pienamente trasmissibile agli eredi) è esercitabile anche contro gli eredi del soggetto responsabile del danno (Cass. Sez.Un. 2/9/2013, n. 20075); richiede (a differenza dell’azione civile per la quale è sufficiente anche la sola colpa) il dolo o la colpa grave.

3.4.- Quest’ultimo profilo, nella misura in cui investe i presupposti stessi della responsabilità, contribuisce ulteriormente a distinguere l’oggetto del giudizio contabile da quello civile consentendo così di escludere la violazione del principio di ne bis in idem anche alla stregua della recente giurisprudenza Cedu – a mente della quale il principio deve ritenersi violato solo ove l’ordinamento assoggetti la medesima condotta ad una pluralità di giudizi di responsabilità distinti unicamente sotto il profilo della sanzione e non anche quanto ai relativi presupposti (cfr. Cedu 4/3/2014, Grande Stevens e altri c. Italia) (Cass. n. 14632/2015, cit.).

3.5.- Alla luce di questa ricostruzione, non sono pertinenti i riferimenti giurisprudenziali posti a base della decisione impugnata, e i principi di diritto in essi consacrati non vengono affatto qui messi in discussione: non è in dubbio che la responsabilità contabile, con la conseguente giurisdizione della Corte dei conti, è ravvisabile anche quando tra l’autore dell’illecito che ha causato un danno patrimoniale e l’ente pubblico intercorra un rapporto di servizio in senso lato, ossia quando il soggetto, pur se estraneo alla P.A., venga comunque investito, anche di fatto, dallo svolgimento in modo continuativo di una data attività in favore della pubblica amministrazione (Cass. Sez.Un. 9/9/2008, n. 22652).

Ciò attiene ai limiti soggettivi della giurisdizione della Corte dei conti (su cui cfr. Cass. Sez.Un. 2/2/2018, n. 2584), non già al coordinamento sistematico tra l’azione di responsabilità dinanzi giudice contabile e l’esercizio delle azioni ordinarie di responsabilità civile.

4.- Il ricorso deve dunque essere accolto, con la cassazione della sentenza impugnata e la declaratoria della giurisdizione dell’Autorità Giudiziaria Ordinaria, dinanzi alla quale vanno rimesse le parti, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; dichiara la giurisdizione del giudice ordinario; cassa la sentenza impugnata e rimette le parti dinanzi alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 2 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 agosto 2019

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