Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21741 del 29/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 29/07/2021, (ud. 25/05/2021, dep. 29/07/2021), n.21741

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 14048/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura

generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei

Portoghesi, n. 12, è domiciliata.

– ricorrente –

contro

B.T., rappresentato e difeso dall’avv. Gualtiero Cannavò,

presso il cui studio in Messina, via Camiciotti 13, è elettivamente

domiciliato per procura speciale a margine del controricorso.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sicilia n. 2223/27/14, depositata il 7.7.2014.

Udita la relazione svolta alla udienza camerale del 25.5.2021 dal

Consigliere Rosaria Maria Castorina.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza n. 2223/27/14, depositata il 7.7.2014, la Commissione tributaria regionale della Sicilia accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di B.T. avverso la sentenza della CTP di Messina che aveva accolto il ricorso del contribuente avverso un avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate, sulla base dei rilievi contenuti in un processo verbale di constatazione, aveva contestato al contribuente, per l’anno di imposta 1998 una evasione di tributi Irpef, Irap ed Iva derivanti dall’utilizzo di operazioni inesistenti ed irrogava sanzioni, con applicazione del cumulo giuridico del D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 12.

Evidenziava la CTR che la sentenza di primo grado non era il frutto dell’acritico recepimento dei provvedimenti del Giudice penale, ma di una corretta valutazione delle condotte delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti.

Avverso la sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.

B.T. resiste con controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo l’Agenzia deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Lamenta che la CTR aveva erroneamente affermato che la sentenza non era la risultante di un acritico recepimento dei provvedimenti del Giudice penale ma che il giudice di primo grado aveva esaminato e autonomamente valutato le prove offerte anche nel giudizio penale.

2. Con il secondo motivo deduce motivazione apparente della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Le censure sono suscettibili di trattazione congiunta.

Esse sono fondate per quanto si va a precisare.

In via generale va rammentato che alla fattispecie in esame si applica l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo novellato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, che, interpretato alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, consente di denunciare in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. Per altro verso, poi, con la novella è stato introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Si tratta di censura che, tuttavia, impone a chi la denunci di indicare, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”. Resta fermo che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. per tutte Cass. sez. un. 07/04/2014 n. 8053).

Nella specie la CTR osserva: “i Giudici di primo grado accogliendo il ricorso del contribuente non si sono limitati a rilevare che esisteva un provvedimento del Giudice penale favorevole al contribuente, ma hanno considerato che quei medesimi fatti sostenuti ma non provati dall’Ufficio, erano stati già valutati dal Giudice penale, che attraverso accertamento peritale aveva raggiunto la prova della loro insussistenza Il contribuente aveva in primo grado offerto in prova non solo l’ordinanza del GIP che aveva disposto di procedere con incidente probatorio e perizia tecnica, ma anche la richiesta di archiviazione del PM, il decreto di archiviazione e le conclusioni della Perizia espletata nell’incidente probatorio….. risulta, inoltre dalla documentazione riguardante il procedimento di primo grado che l’Ufficio si è limitato solo a controdedurre, senza provvedere a provare documentalmente quanto menzionato nella motivazione dell’avviso di accertamento”.

La sentenza, pur apparendo adeguatamente motivata, non esplicita le reali argomentazioni, anche tratte da giudizio penale, che hanno condotto la CTR alla propria determinazione e non consente di verificare se abbia effettivamente giudicato “iuxta alligata et probata”.

La sentenza della CTR è astratta, non fa alcun riferimento alle peculiarità del caso concreto, in modo da trasfondere in motivazione il dovuto rilievo alle deduzioni difensive e ai riscontri probatori forniti dai soggetti processuali (Cass. n. 2650/2020).

Una pronuncia giurisdizionale deve essere connotata da una necessaria correlazione logico-giuridica, tra i fatti oggettivi del processo e l’afferente impianto motivazionale, percepibile nelle argomentazioni “autosufficienti e comprensibili” dell’estensore del provvedimento, a cui compete la disamina, anche nel limite del “minimo costituzionale” degli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento.

3. Con il quarto motivo l’Ufficio deduce la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, e art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, nn. 3 e 4.

Lamenta che la CTR aveva ritenuto erroneamente di non poter acquisire i processi verbali di constatazione allegati all’atto di appello senza considerare che gli stessi erano conosciuti dalla parte alla quale era stata consegnata una copia e che erano stati prodotti ritualmente unitamente all’atto di appello.

La censura è fondata.

La CTR ha motivato la propria decisione con riferimento alla documentazione riguardante il procedimento di primo grado, evidenziando che l’Ufficio si era limitato soltanto a controdedurre, senza provvedere a provare documentalmente quanto menzionato nella motivazione dell’atto accertativo e che i documenti prodotti unitamente all’atto di appello non potevano essere acquisiti dal Giudice a seguito dell’abrogazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 3.

Nella specie, tuttavia, non si trattava di ordinare alla parte di produrre dei documenti, ma di esaminare la documentazione ritualmente prodotta unitamente all’atto di appello.

Questa Corte ha più volte affermato che “Nel processo tributario, le parti possono produrre in appello nuovi documenti, anche ove gli stessi comportino un ampliamento della materia del contendere e siano preesistenti al giudizio di primo grado, purché ciò avvenga, ai fini del rispetto del principio del contraddittorio nei confronti delle altre parti, entro il termine di decadenza di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32” (così Cass. n. 17164 del 28/06/2018; conf., ex multis, Cass. n. 29087 del 13/11/2018; Cass. n. 8927 del 11/04/2018; Cass. n. 5429 del 07/03/2018); trattasi di facoltà estesa addirittura all’atto impositivo (Cass. n. 8313 del 04/04/2018) e, dunque, a maggior ragione, anche al processo verbale di constatazione (Cass. 27272/2019).

Nella specie la CTR ha errato nel non esaminare la documentazione prodotta in appello dall’Agenzia delle Entrate; a tanto provvederà il giudice di rinvio.

Il ricorso deve essere, pertanto, accolto con assorbimento della trattazione del terzo motivo con il quale si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 654 c.p.p., per pedissequo recepimento delle risultanze del processo penale e del quinto con il quale si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per avere la CTR annullato la sanzione D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 6, comma 1, che non era stata impugnata, e la sentenza cassata.

Il Giudice di rinvio, individuato nella CTR della Sicilia, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie i motivi uno, due e quattro, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Sicilia, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2021

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