Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2174 del 30/01/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2174 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: D’ASCOLA PASQUALE

ORDINANZA
sul ricorso 4337-2011 proposto da:
SALVAGNIN CECILIA SLVCC1,49D42A400R, MAZZAROLO RENATO
MZZRNT49S17D748F, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA F. CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato
MANZI ANDREA, rappresentati e difesi dall’avvocato
MAZZETTO GIANCARLO, giusta procura speciale a margine
del ricorso per revocazione;
– ricorrenti 2012
7139

contro
BERTOLIN MARIA, LAZZARI FRANCESCO;
– intimati

avverso la sentenza n. 2858/2010 della CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE del 16.12.09, depositata il 09/02/2010;

Data pubblicazione: 30/01/2013

udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 24/10/2012 dal Consigliere Relatore Dott.
PASQUALE D’ASCOLA;
udito per i ricorrenti l’Avvocato Giancarlo Mazzetto
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Dott. ANTONIETTA CARESTIA che si riporta alla relazione
scritta.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del

Fatto e diritto

1) Con sentenza n. 2858 del 2010 questa Corte ha accolto il
ricorso proposto da Francesco Lazzari avverso la sentenza della
Corte di appello di Venezia del 12 agosto 2004, la quale aveva

tribunale, resa in un procedimento ex art. 612 cpc.
Con quest’ultimo provvedimento il Lazzari era stato condannato ad
abbattere per l’intera lunghezza e non soltanto per l’ultimo
tratto la recinzione (tra fondi posti in comune di Fosso) oggetto
di un giudizio tra le parti, in materia di distanze legali,
definito con sentenza n. 65 del 2000.
La Corte Suprema ha ritenuto che la portata precettiva della
sentenza n. 65 del 2000 fosse diversa da quella attribuitale
dalla decisione d’appello impugnata.
Ha pertanto cascato con rinvio la sentenza del 12 agosto 2004.
Avverso la sentenza 2858 del 2010, Mazzarolo Renato e Salvagnin
Cecilia hanno proposto

ricorso per revocazione ex art. 391 bis

c.p.c.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
2) Con l’unico motivo parte ricorrente afferma che la Corte
Suprema sarebbe incorsa in errore di fatto “nel riscontrare
l’oggetto del proprio sindacato”. Lamenta che il Collegio abbia
.
Pertanto cita la giurisprudenza che la Corte avrebbe dovuto a suo
avviso osservare e si duole del fatto che il giudice di

esaminato direttamente la portata del giudicato estero costituito
dalla sentenza n. 65/00; ad avviso dei ricorrenti avrebbe invece
dovuto considerare tale sentenza come mero titolo esecutivo ed
esaminare la censura soltanto ex art. 360 n. 5, pervenendo al
rigetto di essa per “manifesto difetto del requisito
d’autosufficienza della stessa”.
3) Il ricorso per evocazione appare manifestamente inammissibile.
Va ribadito che in tema di revocazione delle sentenze della Corte
di

cassazione,

la

configurabilita’

dell’errore

revocatorio

presuppone un errore di fatto, che si configura ove la decisione
sia fondata sull’affermazione di esistenza od inesistenza di un
fatto che la realta’ processuale, quale documentata in atti,
induce ad escludere od ad affermare; non anche quando la decisione
della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od
interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa
dall’area degli errori revocatori la sindacabilita’ di errori di
giudizio formatisi sulla base di una valutazione (Cass 14608/07).
Si

insegna

n.4337-11

D’Ascola rel

pertanto

che

la

configurabilita’

dell’errore

2

legittimità, in dichiarato ossequio a Sez Un. 24664/07, abbia

revocatorio presuppone un errore di fatto e cioe’ che la decisione
sia fondata sull’affermazione di esistenza od inesistenza di un
qualcosa che la realta’ effettiva, quale documentata in atti,
induce ad escludere od ad affermare (Cass 1535/12), mentre

dell’atto di gravame non configura un errore di percezione, ma un
ipotetico errore di diritto, commesso nello scrutinio sul proposto
gravame, attinente all’area ragionevolmente insindacabile della
valutazione dell’atto processuale da parte del giudice di
legittimita’ (V. 24369/09).
3.1) Ora, nella specie, parte ricorrente non espone che sia stata

21/

commessa una svista (per es.: l’esame, quale provvedimento
impugnato, di una sentenza invece di un’altra) né un errore
percettivo (avere sbagliato nel leggere e riportare,
stravolgendolo, l’esatto contenuto di un atto o di un documento),
ma un tipico errore di giudizio.
Si assume infatti che, rispetto alla questione posta in sede di
esecuzione, la sentenza da eseguire era da qualificare come titolo
esecutivo e non come giudicato, applicando determinati principi
giurisprudenziali e non altri.
Quanto descritto, altro non è che un errore di qualificazione
giuridica della questione, del tutto estraneo alla materia
dell’errore di fatto.

n. 4337-11

D’Ascola rei

l’errore in cui sia incorsa la Corte di legittimita’ nella lettura

3

Invano la memoria depositata dai ricorrenti contesta queste
osservazioni, contenute nella relazione preliminare e pienamente
condivise dal Collegio.

“compreso che il

disputatum

di cui doveva occuparsi_ era_ la

correttezza dell’iter logico che aveva indotto il C.E. ad
attribuire a tale titolo un ben definito contenuto”. Con ogni
evidenza si lamenta qui un errore giuridico, cioè l’errata
valutazione in diritto di una sentenza, interpretata in un certo
modo, cioè con una determinata qualificazione giuridica, anziché 2,1
in un altro, ritenuto più acconcio dalla parte istante.
E a pag. 4 i ricorrenti lamentano che la Corte non abbia
“avvertito che il ricorso proposto dal Lazzari riguardava la vis
esecutiva così come definita dal G.E.” e si sia quindi addentrata
nella valutazione del contenuto del titolo, mentre avrebbe dovuto
limitarsi “al controllo della correttezza dell’iter logico
argomentativo con il quale il G.E. aveva individuato il contenuto
precettivo del titolo.”
Non vi sono parole migliori per definire proprio ciò che è la
sostanza della valutazione giuridica e dell’interpretazione di un
titolo (esecutivo o non che sia); quanto di più lontano, pertanto,
dalla svista materiale che connota l’errore revocatorio.

n. 4337-11

D’Ascola rel

4

A pag. 3 la memoria rimprovera alla sentenza impugnata di non aver

La “circostanza” su cui deve cadere l’errore di fatto revocatorio
non è invero una valutazione giuridica, ma si individua
nell’errore meramente percettivo (Cass. 3365/09).

dice che l’analisi del contenuto del giudicato costituisce un
giudizio di fatto del giudice di merito. Ciò rileva ai fini di
limiti della sindacabilità della Suprema Corte, in contrapposzione
alla violazione o falsa applicazione di legge; esprime quindi un
concetto del tutto diverso da quello dell’errore di fatto
revocatorio, perché si riferisce comunque a un vizio in ludicando/
da valutazione (apprezzamento di merito) del giudice e non a una
svista materiale.
3.3)11 Collegio ritiene invece opportuno rilevare che la
revocazione risulta inammissibile anche perché verte su questione
che è stata controversa nel giudizio.
Accogliendo la tesi relativa a una certa qualificazione del titolo
anziché a un’altra (e questo Collegio ben si guarda dall’affermare
quale fosse quella giusta, come anche la relazione preliminare,
nonostante le deduzioni di memoria), la sentenza n.2958 ha
infatti esaminato proprio la questione su cui l’odierno ricorso
dice che sarebbe caduto l’errore.

n. 4337-1 l

D’Ascola rel

5

3.2) Del tutto inappropriato è il richiamo a S.U. 11067/12, ove si

L’art 395 n. 4 ipotizza la revocazione per errore di fatto quando
la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui
verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta

e

tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì

un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare.
Pertanto la revocazione risulta a maggior ragione inammissibile,
giacché anche nella ipotesi, qui certamente esclusa, in cui vi
fosse stato l’errore di fatto denunciato, esso sarebbe sottratto a

l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita,

sindacato, perché scaturito da espresso esame proprio della /l
I

questione qualificatoria oggi fatta valere.
3.4)L’esito del ricorso esime dalla verifica della puntuale
notificazione del ricorso per revocazione ai fini di eventuale
integrazione del contraddittorio nei confronti di litisconsorti
necessari cui il ricorso non risulti ritualmente notificato (SU
6826/10).
Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilità del
ricorso.
Non segue la pronuncia sulla refusione delle spese di lite, in
mancanza di attività difensiva di parte intimata.
PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

n. 433 7-1 1

D’Ascola rei

6

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della sesla se .ni e

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