Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21739 del 27/10/2016


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Cassazione civile sez. I, 27/10/2016, (ud. 21/04/2016, dep. 27/10/2016), n.21739

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

MULTIPARTNER S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t.,

elettivamente domiciliata in Roma, alla via Tacito n. 41, presso il

prof. avv. SALVATORE PATTI, dal quale è rappresentata e difesa in

virtù di procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.P., in proprio e nella qualità di legale rappresentante

p.t. della GESTION PIERRE CARDIN S.A.R.L., elettivamente domiciliato

in Roma, alla piazza SS. Apostoli n. 81, presso l’avv. ALESSANDRO

AMEDEO IWAN MAINI, unitamente all’avv. MAURO AMBROGIO PIROVANO del

foro di Milano, dal quale è rappresentato e difeso in virtù di

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso il decreto della Corte di Appello di Milano depositato il 18

aprile 2011. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica

udienza del 21 aprile 2016 dal Consigliere dott. Guido Mercolino;

udito l’avv. Patti per la ricorrente e l’avv. Bruni per delega del

difensore dei controricorrenti;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. DE AUGUSTINIS Umberto, il quale ha concluso per il

rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con decreto del 10 gennaio 2011, il Tribunale di Milano rese esecutivo il lodo sottoscritto il 9 novembre 2010 e depositato il 17 novembre 2010, emesso dalla Camera arbitrale nazionale ed internazionale di Milano nel procedimento arbitrale promosso dalla Multipartner S.p.a. nei confronti di C.P. e della Gestion Pierre Cardin S.a.r.l.

2. Avverso il predetto decreto il C. e la Gestion Pierre Cardin hanno proposto reclamo alla Corte d’Appello di Milano, che con decreto del 18 aprile 2011 ha revocato la dichiarazione di esecutività, in quanto concessa senza che fosse stata prodotta la convenzione di arbitrato in originale o in copia conforme.

Premesso infatti che il rilascio dell’exequatur ha luogo all’esito di un procedimento caratterizzato dall’assenza del contraddittorio e sulla base di un controllo di legittimità formale ed estrinseca, con esclusione di ogni altra indagine, la Corte ha ritenuto che la predetta verifica debba avere ad oggetto anche la regolarità dei documenti nei termini indicati dall’art. 825 c.p.c., il quale richiede il deposito della convenzione di arbitrato in originale o in copia conforme. Ha escluso l’applicabilità dell’art. 2719 c.c., osservando che nella specie, oltre a mancare un’attestazione di conformità all’originale, l’assenza del contraddittorio impedisce l’esercizio della facoltà di disconoscimento, precludendo qualsiasi verifica connessa a tale adempimento, con la conseguenza che il controllo resta limitato ai requisiti formali indicati dalla norma. Ila ritenuto infine infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 825 cit., osservando che i documenti equipollenti ai quali faceva riferimento tale disposizione, nel testo anteriore alle modifiche introdotte dalla L. 2 febbraio 2006, n. 40, consistenti negli atti separati rispetto al compromesso o alla clausola compromissoria dai quali risultasse la volontà compromissoria delle parti, dovevano essere anch’essi prodotti in originale o in copia conforme.

3. Avverso il predetto decreto la Multipartner ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, illustrato anche con memoria. Il C. e la Gestion Pierre Cardin hanno resistito con controricorso, anch’esso illustrato con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2719 c.c. e degli artt. 214 e 215 c.p.c., osservando che, nel negare qualsiasi rilievo alla mancata contestazione della sottoscrizione della convenzione di arbitrato, in virtù delle particolari caratteristiche del procedimento volto al conseguimento dell’exequatur, il decreto impugnato non ha considerato che il disconoscimento non avrebbe dovuto aver luogo in tale procedimento, ma in quello arbitrale, nel quale l’efficacia della convenzione e la regolarità delle sottoscrizioni non era stata mai messa in discussione. Nell’affermare che l’assenza del contraddittorio impedisce il disconoscimento, la Corte di merito non ha considerato che essa preclude anche la dimostrazione dell’avvenuta conclusione del contratto ad opera della parte che intende avvalersene; a differenza dell’autenticità della scrittura privata, la conformità delle copie all’originale può essere d’altronde provata con qualsiasi mezzo, ed il relativo disconoscimento deve comunque aver luogo nella prima udienza successiva alla produzione, nella quale non è stata invece sollevata alcuna eccezione.

1.1. Il ricorso è inammissibile.

In tema di arbitrato, questa Corte ha già avuto modo di affermare più volte, anche in riferimento alla disciplina dettata dall’art. 825 c.p.c. come sostituito dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 23 che il provvedimento di rigetto del reclamo proposto nei confronti del decreto che abbia dichiarato l’esecutorietà del lodo non è impugnabile con il ricorso per cassazione, in quanto, avendo il lodo efficacia vincolante fra le parti fin dalla data della sua ultima sottoscrizione, deve escludersi la possibilità di riconoscere al decreto di esecutorietà tanto il carattere della decisorietà, spettante esclusivamente alla decisione arbitrale, quanto quello della definitività. tenuto conto dell’esistenza di diversi strumenti (impugnazione del lodo, opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi) per rimuoverne l’efficacia, e della conseguente inidoneità di tale provvedimento a pregiudicare i diritti soggettivi scaturenti dal rapporto definito con il lodo arbitrale, nonchè della portata della sua incidenza, limitata alla sola possibilità di mettere in esecuzione il lodo (cfr. Cass., Sez. 1, 14 maggio 2014, n. 10450; 21 ottobre 2011, n. 21894; 19 maggio 1998, n. 4986). Tale principio dev’essere esteso anche al provvedimento di rigetto del reclamo proposto avverso il decreto che abbia negato l’esecutorietà del lodo, il quale, pur incidendo indubbiamente sul diritto della parte risultata vittoriosa nel procedimento arbitrale al conseguimento del titolo esecutivo, per il rifiuto dell’atto che conferisce al lodo tale efficacia, non le preclude definitivamente l’esercizio della facoltà di procedere ad esecuzione forzata, ben potendo essa agire in via ordinaria per far accertare, in un giudizio a cognizione piena, la sussistenza dei requisiti formali e sostanziali cui è subordinata l’efficacia esecutiva del lodo, ovvero, in alternativa, provvedere nuovamente al deposito dello stesso, corredato eventualmente della documentazione di cui sia stata precedentemente rilevata la mancanza o l’irregolarità, giacchè tale adempimento, originariamente assoggettato ad un termine perentorio, è oggi ammesso senza limiti di tempo, per effetto delle modifiche apportate all’art. 825 c.p.c. dapprima dalla L. 5 gennaio 1994, n. 24, art. 17 e successivamente dal citato D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 23.

2. La novità della questione trattata giustifica la dichiarazione dell’integrale compensazione delle spese processuali tra le parti.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, ed interamente compensate tra le parti le spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 21 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2016

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