Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21737 del 06/09/2018

Cassazione civile sez. VI, 06/09/2018, (ud. 18/07/2018, dep. 06/09/2018), n.21737

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – rel. Presidente –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1249/2016 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la

sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso

dagli avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE,

CARLA D’ALOISIO;

– ricorrente –

contro

D.F.C., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

MARCELLO DE VIVO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2606/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 26/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 18/07/2018 dal Presidente Relatore Dott. ADRIANA

DORONZO.

Fatto

RILEVATO

che:

con sentenza pubblicata il 26/10/2015, la Corte d’appello di Bari ha accolto l’impugnazione proposta da D.F.C. contro la sentenza del tribunale della stessa sede e, per l’effetto, ha ordinato all’Inps di riscrivere l’appellante nell’elenco nominativo dei lavoratori agricoli a tempo determinato per l’anno 2006 per trenta giornate lavorative, accreditando la relativa contribuzione;

A fondamento del decisisi, per quel che rileva in questa sede, la Corte ha ritenuto inapplicabile alla fattispecie in esame la disposizione di cui al D.L. n. 7 del 1970, art. 22, che impone, a pena di decadenza, alla parte che intende proporre azione giudiziaria contro i provvedimenti definitivi adottati in applicazione del detto decreto di azionare il relativo diritto nel termine di centoventi giorni dalla notifica o dalla conoscenza dei provvedimenti: ha infatti ritenuto che alla data di proposizione del ricorso giudiziario la disposizione di cui all’art. 22 cit. non era in vigore essendo stata abrogata dal D.L. n. 112 del 2008, art. 24, convertito in L. n. 133 del 2008 e ripristinata dal D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 5, convertito in L. n. 111 del 2011.

Contro la sentenza l’Inps propone ricorso per cassazione formulando un unico motivo, cui resiste con controricorso la lavoratrice.

La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

in punto di fatto, è opportuno precisare che, come risulta dal ricorso per cassazione senza contestazioni da parte avversa, il provvedimento di disconoscimento del rapporto di lavoro è stato comunicato all’odierna controricorrente in data 29/7/2008; contro il detto provvedimento è stato proposto ricorso al Comitato regionale per i rapporti di lavoro in data 9/8/2008 rimasto privo di riscontro; i novanta giorni previsti per la decisione del suddetto ricorso sono scaduti in data 7/11/2008; secondo l’Inps, la lavoratrice sarebbe decaduta perchè i centoventi giorni previsti dall’art. 22, a far tempo da quest’ultima data, per proporre l’azione giudiziaria sono scaduti il 7/3/2009 mentre ricorso è stato depositato in data 21 maggio 2009; poste queste premesse in fatto, il ricorso proposto dall’Inps, e articolato sotto il profilo della violazione e falsa applicazione del D.L. 3 febbraio 1970, n. 7, art. 22, conv. con modif. nella L. n. 83 del 1970 e di altro complesso normativo, è manifestamente infondato alla luce di Cass. n. 26161/2016, seguita da Cass. n. 23703/2017, alle cui motivazioni, di seguito riassunte, si rinvia in quanto interamente condivise.

Il D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (pubblicato su G.U. n. 147 di 25.6.2008 – Suppl. ordinario n. 152), entrato in vigore il 25.6.2008 e convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008, n. 133, ha previsto all’art. 24, comma 1, che “a far data dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto sono o restano abrogate le disposizioni elencate nell’Allegato “A” e salva l’applicazione dei commi 14 e 15 della L. 28 novembre 2005, n. 246, art. 14″. Tra le disposizioni normative abrogate di cui al predetto allegato “A” risulta la L. 11 marzo 1970, n. 83, di conversione, con modificazioni, del D.L. 3 febbraio 1970, n. 7, recante norme in materia di collocamento e accertamento dei lavoratori agricoli che all’art. 22 contemplava la causa di decadenza di cui trattasi.

La L. 6 agosto 2008, n. 133 di conversione in legge, con modificazioni, del predetto D.L. (pubblicata su G.U. n. 195 del 21.8.2008- Suppl. ordinario n. 196) ha previsto all’art. 1, comma 2, che restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base delle norme del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, modificate o non convertite in legge.

Successivamente, l’efficacia del provvedimento è stata ripristinata con la norma del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 38,comma 4 (Pubblicato nella GU, 6 luglio 2011, n. 155), convertito, con modificazioni, nella L. 15 luglio 2011, n. 111, con la soppressione della voce n. 2529 dell’Allegato A al D.L. n. 112 del 2008.

Quindi, dalla data del 19.12.2008 e sino alla detta reintroduzione non operava la causa di decadenza oggetto del contendere, come correttamente ritenuto dalla Corte d’appello barese.

E’ invero infondata la tesi sostenuta dal ricorrente relativa alla permanenza in vigore della norma speciale sulla decadenza di cui trattasi, sull’assunto che il D.L. n. 112 del 2008, art. 24, pur contemplando nell’allegato “A” l’espressa abrogazione della L. 11 marzo 1970, n. 83, fa salva l’applicazione della L. 28 novembre 2005, n. 246, art. 14, il cui comma 17 alla lett. e) espressamente statuisce che restano in vigore le disposizioni in materia previdenziale e assistenziale (qual è sicuramente il D.L. n. 7 del 1970, art. 22, conv. nella L. n. 83 del 1970).

La norma di cui al D.L. n. 112 del 2008, art. 24, nel far salva l’applicazione della L. n. 246 del 2005, art. 14, non richiama affatto la disposizione di cui dello stesso art. 14, comma 17, lett. e), bensì solo i commi 14 e 16. Orbene, i commi 14 e 15 dell’art. 14 (semplificazione della legislazione) di quest’ultima legge contengono semplicemente la delega al Governo per l’adozione dei decreti legislativi atti ad individuare le disposizioni legislative statali, pubblicate anteriormente al gennaio 1970 (quindi in epoca precedente alla norma oggetto di disputa), anche se modificate con provvedimenti successivi, delle quali si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, secondo i principi e i criteri direttivi che lo stesso comma 14 stabilisce (così Cass. 23703/2017).

Il ricorso deve pertanto essere rigettato. Le spese del giudizio vanno poste a carico del ricorrente, in applicazione del principio della soccombenza, e si liquidano come da dispositivo, con distrazione in favore dell’avvocato Marcello De Vivo, giusta la dichiarazione ex art. 93 c.p.c..

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in 1600,00 per compensi professionali e Euro 200 per esborsi, oltre al 15% di rimborso forfettario delle spese generali e altri accessori di legge, disponendone nella distrazione in favore dell’avvocato Marcello De Vivo, anticipatario.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 18 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2018

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