Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21735 del 29/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 29/07/2021, (ud. 11/06/2021, dep. 29/07/2021), n.21735

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 29155/2015 R.G. proposto da:

I.B.S. rappresentato e difeso giusta delega in

atti dall’avv. Mediati Antonio (PEC

antonio.mediati.avvocatilocri.legalmail.it);

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio

n. 2583/21/15 depositata il 07/05/2015, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

11/06/2021 dal Consigliere Succio Roberto.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

con la sentenza impugnata la CTR rigettava l’appello del contribuente, confermando quindi l’impugnata sentenza della CTP, e dichiarava legittimo l’atto impugnato, avviso di accertamento per IRPEF, IVA ed IRAP 2007;

ricorre a questa il sig. Ingrassia con atto affidato a tre motivi; l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– con il primo motivo di ricorso il contribuente deduce la violazione e/o la falsa applicazione di norme di diritto (in riferimento al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2) con riguardo all’errata applicazione del metodo di accertamento per avere la CTR ritenuto legittimo il ricorso dell’Ufficio all’accertamento induttivo in difetto della sussistenza dei requisiti di legge;

– il motivo è inammissibile;

– invero, sia pur incorrendo in ambiguità e oscurità di linguaggio, la CTR ha ritenuto attendibili le scritture contabili del contribuente (“quanto al fatto che l’Ufficio possa procedere all’accertamento induttivo anche nel caso di contabilità regolare, è stato affermato che ciò è possibile, ed infatti…” (pag. 3, terzo capoverso, della sentenza della CTR));

– il riferimento operato dal giudice dell’app o è quindi non all’accertamento induttivo “puro” di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, ma all’accertamento analitico – induttivo di cui al mdesimo D.P.R., art. 39, comma 1, in tal senso depone anche il contenuto della ripresa a tassazione derivatane, che si incentra sui costi (per complessivi Euro 49.440, come si indica sia nella sentenza gravata che in controricorso) di cui alle fatture emesse dalla società Marzia 2000 s.r.l.;

– pertanto, nel censurare la statuizione della CTR in ordine alla legittimità dell’accertamento induttivo “puro” (qui non utilizzato dall’Ufficio), a fronte della diversa statuizione della sentenza gravata (che ha esaminato e deciso la legittimità di un accertamento analitico induttivo) il motivo risulta in concreto fuori bersaglio rispetto alla rrtio decidendi e va dichiarato inammissibile;

– il secondo motivo di ricorso censura la sentenza impugnata, che ritiene nulla, per violazione e falsa applicazione di norme di diritto e in particolare dell’art. 132 disp. att. c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 118 c.p.c. nonché dell’art. 111 Cost., comma 6 e del D. Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per avere la CTR mancato di esplicitare le ragioni in base alle quali il giudicante abbia raggiunto la decisione di cui al dispositivo;

– il motivo è inammissibile;

– dalla lettura della sentenza impugnata, si evince come le considerazioni svolte nella sentenza gravata risultino costituire motivazione che si colloca al di sopra del c.d. “minimo costituzionale” richiesto ai fini della resistenza della sentenza impugnata al motivo di ricorso; e ciò anche in considerazione del fatto che secondo questa Corte (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014) la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, che qui trova applicazione in quanto la sentenza gravata è stata depositata in data successiva all’11 settembre 2012, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi al c.c., come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione;

– il terzo motivo di ricorso si incentra sulla omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (in riferimento all’onere della prova in capo all’Amministrazione Finanziaria ex art. 2697 c.c. ed alla dimostrazione della mala fede del contribuente) deducibile in sede di Legittimità ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per avere la CTR mancato di motivare le ragioni che l’hanno indotta a ritenere sussistente la c.d. “mala fede” in capo al contribuente, per avere partecipato consapevolmente al compimento dell’operazione contestata, qualificata come inesistente, non avendo sul punto esaminato le doglianze del contribuente;

– il motivo è infondato;

– in diritto, va in primo luogo ricordato come la giurisprudenza di questa Corte sia costante nel ritenere (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 18118 del 14/09/2016) che l’Amministrazione finanziaria, che contesti al contribuente l’indebita detrazione relativamente ad operazioni oggettivamente inesistenti, ha l’onere di provare che l’operazione non è mai stata posta in essere, indicandone i relativi elementi, anche in forma indiziaria o presuntiva, ma non anche quello di dimostrare la mala fede del contribuente, atteso che, una volta accertata l’assenza dell’operazione, non è configurabile la buona fede di quest’ultimo, che sa certamente se ed in quale misura ha effettivamente ricevuto il bene o la prestazione per la quale ha versato il corrispettivo;

– ebbene, la CTR sul punto ha correttamente operato in diritto, nel rispetto dei principi sopra enunciati da questa Corte;

– non solo: in ogni caso, ritiene il Collegio che la CTR abbia comunque dato conto in modo esplicito e puntuale degli elementi indiziari e presuntivi in forza dei quali ha ritenuto oggettivamente inesistenti le operazioni contestate;

– per quanto infatti sul punto trovino applicazione le considerazioni di cui al motivo precedente, riferite al c.d. “minimo costituzionale” al di sopra del quale deve situarsi e qui effettivamente si situa la motivazione della sentenza gravata, in ogni caso la pronuncia della CTR è qui comunque immune dai vizi denunciati: i necessari elementi indiziari e presuntivi sono stati infatti precisamente e correttamente identificati in motivazione della sentenza gravata nelle circostanze per le quali “1. entrambe le fatture sono state emesse proprio nell’imminenza della chiusura dell’impresa del contribuente avvenuta il 31.12.2007; 2. La Marzia 2000 che le aveva emesse, aveva presentato la denunzia dei redditi solo per l’anno 2000, e quindi si trattava di una società irregolare fiscalmente. 3. Le fatture non erano regolari in quanto non redatte con i requisiti prescritti dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, mancando la indicazione degli acconti asseritamente pagati dall’appellante”;

– secondo la CTR, ancora, “non è plausibile che, a fronte delle notevoli somme indicate in fattura, il pagamento sia avvenuto con piccoli acconti settimanali, come sostiene l’appellante, il quale peraltro non è neppure in possesso delle relative ricevute e quindi non disponeva neppure di documenti giustificativi atti a provare la diminuzione del debito nei confronti della Marzia 2000”;

– alla luce di tutto ciò, è evidente come l’iter logico – giuridico seguito dal giudice dell’appello sia stato analiticamente formulato, chiaramente esposto e adeguatamente articolato in modo da risultare superiore al “minimo costituzionale” richiesto ex lege;

– per le sopra esposte ragioni, il ricorso è rigettato;

– le spese del giudizio di merito sono compensate; le spese del giudizio di Legittimità seguono la soccombenz.

PQM

rigetta il ricorso; liquida le spese in Euro 4.100,00 oltre a spese prenotate a debito che pone a carico di parte soccombente.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 11 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2021

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