Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21734 del 27/10/2016


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Cassazione civile sez. I, 27/10/2016, (ud. 22/03/2016, dep. 27/10/2016), n.21734

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. GIANCOLA M. Cristina – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO M. Giovanna – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio P. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., elettivamente domiciliata in Roma,

via delle Quattro Fontane, n. 10, nello studio dell’avv. Lucio Ghia,

che la rappresenta e difende, giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.A.S., elettivamente domiciliato in Roma,

presso la Cancelleria della Corte di cassazione; rappresentato e

difeso dall’avv. Andrea Gasperini, giusta procura speciale a margine

del controricorso;

– controricorrente –

e contro

M.A., elettivamente domiciliato in Roma, viale Angelico,

n. 32, nello studio dell’avv. Gianluigi Cocco; rappresentato e

difeso dall’avv. Edoardo Anelli, giusta procura speciale a margine

del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna, n. 755,

depositata in data 11 marzo 2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22

marzo 2016 dal Consigliere Dott. Pietro Campanile;

sentito per la ricorrente l’avv. Andrea Pivani, munito di delega;

sentito per il Fallimento dell'(OMISSIS) l’avv. Andrea Gasperini;

sentito per il M. l’avv. Edoardo Anelli;

udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – Con atto di citazione notificato in data 7 maggio 1998 la curatela del fallimento (OMISSIS) S.a.s. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Roma la S.p.a. Ferrovie dello Stato chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti dall’impresa fallita in conseguenza dell’inadempimento della convenuta al contratto di appalto stipulato in data (OMISSIS), avente ad oggetto la sistemazione delle stazioni ferroviarie di (OMISSIS). In particolare, si deducevano ritardi nella fornitura del pietrisco e varie sospensioni; venivano specificate altresì ulteriori richieste per lavori eseguiti in economia e per lo svincolo dei decimi a garanzia.

1.1 – Instauratosi il contraddittorio, la società convenuta, eccepita preliminarmente l’incompetenza del Tribunale di Roma, contestava la fondatezza delle domande, sia sotto il profilo della tardività di talune riserve in relazione al termine di cui all’art. 44 delle condizioni generali di contratto, sia in merito all’insussistenza dei presupposti per l’attribuzione di ulteriori compensi, sia perchè, con dichiarazione liberatoria rilasciata in data maggio 1995, l'(OMISSIS) avrebbe rinunciato ad ogni pretesa risarcitoria.

1.2 – Avendo il Fallimento aderito all’eccezione di incompetenza territoriale, la causa veniva riassunta davanti al Tribunale di Ferrara che, all’esito dell’espletata consulenza tecnica d’ufficio, essendo intervenuto nel giudizio anche il M., con sentenza depositata in data 6 ottobre 2010 condannava la società convenuta al pagamento della complessiva somma di Euro 2.404.600,00, oltre rivalutazione monetaria e interessi.

1.3 – Con la decisione indicata in epigrafe la Corte di appello di Bologna ha rigettato il gravame proposto da Rete Ferroviaria Italiana S.p.a., subentrata a Ferrovie delle Stato.

1.4 – In particolare, è stata ritenuta infondata la doglianza relativa alla deduzione della violazione del principio sancito dall’art. 112 c.p.c., per aver il Tribunale attribuito somme, relativamente a retribuzioni di dipendenti non coperte dalla CIG, osservandosi in primo luogo che la statuizione corrispondeva al tenore della domanda attorea così come ribadita nelle conclusioni, e richiamando l’affermazione della curatela, non contestata, secondo cui le somme per le quali la stessa si sarebbe riservata di agire separatamente riguardavano altri periodi, che formavano oggetto di un contenzioso con l’INPS.

1.5 – In merito alla seconda censura, con la quale era ribadita l’eccezione fondata sulla tardività delle riserve, sulla base di quanto previsto dall’art. 44 delle condizioni generali di contratto, la corte territoriale, rilevato preliminarmente che tale clausola sostanzialmente riproduceva quanto previsto dal R.D. n. 350 del 1985, artt. 54 e segg., ha affermato che, quanto ai fatti continuativi, l’iscrizione della riserva sarebbe collegata al momento in cui la potenzialità di danno diviene obiettivamente apprezzabile, non sussistendo inoltre l’onere finchè non risulti impiantata una contabilità di cantiere idonea: sotto tale profilo si è rilevata la tempestività di tutte le riserve anteriori alla data del 15 gennaio 1993. Si è aggiunto che, a prescindere dall’omessa o tardiva risposta a tutte le riserve da parte della stazione appaltante, nonchè dall’onere in capo alla stessa di eccepire la decadenza della controparte in tema di riserva, nell’ipotesi in cui l’inadempimento involga il nucleo essenziale del rapporto, interessando la domanda di risoluzione del contratto, la stessa non sarebbe soggetta alla decadenza prevista per l’inosservanza dell’onere di formulare apposite riserve.

1.6 – Il terzo motivo di gravame, attinente alla dichiarazione liberatoria, è stato rigettato in base ai seguenti rilievi: carenza di data certa; mancanza di autorizzazione da parte del G.D. ai sensi della L. Fall., art. 167, impossibilità di attribuire al documento valore confessorio.

1.7 – E’ stato infine espresso un giudizio di congruità, richiamandosi le risultanze peritali e le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio, in merito alle singole voci di danno, così come riconosciute e calcolate nella decisione di primo grado.

1.8 – Per la cassazione di tale sentenza RFI propone ricorso, affidato a sette motivi, cui la curatela e il M. resistono con controricorso.

La ricorrente ed il Fallimento hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2 – Deve preliminarmente esaminarsi l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata con riferimento alla tardività della sua proposizione rispetto alla notifica della sentenza di secondo grado effettuata in data 4 luglio 2014 all’avv. Giuseppe Coliva, presso il quale la parte – e non il procuratore della stessa – aveva eletto domicilio.

La tesi sostenuta dalla controricorrente curatela del Fallimento del M. non può essere condivisa.

La questione è fondata sul rilievo che il difensore, sottoscrivendo l’atto e autenticando la sottoscrizione della parte, abbia inteso far proprio l’intero suo contenuto, ivi compresa la dichiarazione di domicilio attribuita alla parte stessa (Cass., 25 marzo 2009, n. 7196; Cass., 10 marzo 2014, n. 4547; contra: Cass., Sez. Un., 5 ottobre 2007, n. 20845; Cass., Sez. Un., 11 marzo 2008, n. 6419; v. anche Sez. Un., 20 giugno 2012, n. 10143, che hanno tra l’altro confermato l’applicabilità del R.D. n. 37 del 1943, art. 82, al giudizio davanti alla corte di appello): tale aspetto nel caso in esame non assume decisiva rilevanza.

Deve invero ribadirsi che ai fini della decorrenza del termine breve previsto dall’art. 325 c.p.c., la notifica della sentenza è idonea solo se fatta con l’indicazione del nome e del cognome del procuratore e quale destinatario, in tale qualità, della notificazione, permanendo così il collegamento tra la parte, il suo procuratore e il domicilio reale di quest’ultimo, in modo da assicurare che la sentenza sia portata a conoscenza della persona professionalmente re tecnico sulla proposizione n. 2133).

Con riferimento ad esame, questa Corte un’ipotesi analoga a quella in ha affermato il principio, che il Collegio condivide ed al quale intende dare continuità, secondo cui “destinatario della notificazione della sentenza è il procuratore costituito, non la parte, pertanto il luogo che rileva ai fini di detta notificazione è il domicilio (reale o eletto) del procuratore, non il domicilio eletto dalla parte, anche se gli stessi possono coincidere”, con la conseguenza che “la notificazione della sentenza va effettuata e indirizzata al procuratore costituito, quale destinatario dell’atto”, e che pertanto, ove manchi qualsiasi riferimento al procuratore costituito quale destinatario dell’atto, la notifica non è idonea a fare decorrere il termine breve (Cass., 20 settembre 2015, n. 17452).

Nella specie la notifica della sentenza di secondo grado risulta effettuata presso l’avv. Giuseppe Coliva, in (OMISSIS), a “Rete Ferroviaria Italiana S.p.a., già Ferrovie dello Stato S.p.a.”, in assenza di qualsiasi riferimento al procuratore costituito, avv. Ghia. Alla luce di quanto sopra evidenziato, tale notifica non è idonea ai fini della decorrenza del termine di cui all’art. 325 c.p.c., con la conseguenza che il ricorso deve intendersi tempestivamente proposto.

3 – Con il primo motivo, denunciando violazione degli artt. 1362, 1366, 1367, 1372 e 1375 c.c., la società ricorrente sostiene che la Corte di appello, in relazione al “dies a quo” per l’iscrizione delle riserve, avrebbe erroneamente interpretato l’art. 44 delle condizioni generali di contratto, richiedendo la conoscibilità della “potenzialità di danno” e non già, come previsto da detta clausola, dei “fatti e delle circostanze su cui le riserve si fondano”.

Con riferimento ai periodi di sospensione posti alla base delle riserve, la ricorrente osserva che, anche in relazione alle sospensioni precedenti alla riserva del 29 gennaio 1993, l’impresa appaltatrice aveva immediatamente apprezzato, come desumibile dal tenore della stessa riserva, la loro illegittimità.

Viene poi ribadita, sulla base della citata clausola, l’irrilevanza – essendo previsto il ricorso, per la comunicazione della riserva, a lettera raccomandata – tanto della mancata predisposizione della contabilità, quanto della risposta tardiva ovvero omessa alle riserve stesse.

3.1 – Con il secondo mezzo si denuncia, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4, l’oscurità di un passo della motivazione, in cui sembra farsi riferimento, mediante il richiamo a un’affermazione attribuita al consulente della stessa appellante, alla tardività con cui sarebbe stata eccepita la decadenza della controparte, per altro in netto contrasto con le risultanze processuali.

3.2 – Con la censura successiva il tema indicato nel precedente mezzo viene traguardato sotto il profilo della violazione dell’art. 2730 c.c., richiamandosi, con la trascrizione del loro tenore, gli atti processuali nei quali FS, ora RFI, aveva contestato tempestivamente la tardività delle riserve.

3.3 Con il quarto motivo si deduce l’insussistenza, ovvero l’incomprensibilità della motivazione nella parte in cui si afferma – in assenza di qualsiasi riferimento concreto che l’obbligo di apposizione della riserva “va circoscritto al momento in cui la potenzialità di danno divenga obiettivamente apprezzabile e quindi non immediatamente rispetto a sospensioni, come nel caso di specie, di andamento indefinito”.

3.4 – Con il quinto mezzo si deduce violazione e falsa applicazione del R.D. n. 350 del 1895, art. 54 e dell’art. 2697 c.c.: la Corte felsinea avrebbe sostanzialmente disatteso i principi relativi alla tempestiva iscrizione delle riserve, soprattutto in relazione a sospensioni illegittimamente disposte.

3.5 – La sesta censura attiene alla denuncia di un vizio di ultrapetizione in relazione al riconoscimento in favore del Fallimento di danni a titolo di mandato guadagno.

3.6 – Con l’ultimo motivo la statuizione sopra riportata viene criticata sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell’art. 1223 c.c..

4 – I primi cinque motivi di ricorso, attesa la loro intima correlazione, in quanto attinenti al tema delle riserve nel contratto di appalto, vanno esaminati congiuntamente. Essi risultano fondati nei termini appresso indicati.

4.1 – Vale bene sgombrare il campo dall’oscuro riferimento della decisione impugnata a una presunta tardività dell’eccezione avente ad oggetto l’intempestiva formulazione delle riserve, per altro adombrata con il mero riferimento a quanto affermato “dal CTP delle FS in primo grado”, senza per altro prendere posizione sulla fondatezza o meno di tale assunto. Deve pertanto convenirsi sulla scarsa comprensibilità di tale parte della motivazione della sentenza, che non resiste alla censura avanzata dalla ricorrente, la quale, a ben vedere, al di là della deduzione di un vizio motivazionale, non predicabile in relazione a una questione di natura procedurale, nella sostanza attiene, per l’appunto, alla tempestività o meno della proposizione dell’eccezione inerente alla tardività delle riserve. Eccezione che RFI, nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso, ha dedotto di aver sollevato sin nel primo atto difensivo davanti al Tribunale di Roma, per poi riproporla davanti al Tribunale di Ferrara nella comparsa di costituzione e risposta, richiamando, per altro, analoga osservazione effettuata dal Direttore dei lavori nell’ordine di servizio.

5 – Passando all’esame dei temi che attengono alla necessità e alla tempestività delle riserve, deve premettersi, in linea generale, che dal combinato disposto del R.D. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 53, 54 e 64 (applicabile “ratione temporis”) si ricava la regola secondo cui sono soggette all’onere di riserva non solo tutte le possibili richieste inerenti a partite di lavori eseguite, nonchè alle contestazioni tecniche e/o giuridiche circa la loro quantità e qualità, ma anche e soprattutto quelle relative ai pregiudizi sofferti dall’appaltatore ed ai costi aggiuntivi dovuti affrontare, sia a causa dello svolgimento (anomalo) dell’appalto, sia a causa delle carenze progettuali per le conseguenti maggiori difficoltà che le stesse hanno ingenerato sia, infine, per i comportamenti inadempienti della stazione appaltante. L’onere della riserva, infatti, assolve alla funzione di consentire la tempestiva e costante evidenza di tutti i fattori che siano oggetto di contrastanti valutazioni tra le parti e perciò suscettibili di aggravare il compenso complessivo, ivi comprese le pretese di natura risarcitoria (Cass., 7 luglio 2011, n. 15013; Cass., 13 settembre 2010, n. 19499; Cass., 22 maggio 2007, n. 11852).

6 – La Corte di appello, dopo aver richiamato tale principio, osservando che “la giurisprudenza di legittimità è al riguardo in effetti assai restrittiva”, ha effettuato una serie di digressioni tali da vanificarlo.

6.1 – Avanti di esaminare partitamente tali aspetti, mette conto di verificare la fondatezza o meno delle eccezioni di inammissibilità del ricorso, che vanno complessivamente disattese.

6.1.1 – Scarsamente comprensibile appare la questione sottesa alla dedotta inammissibilità del primo motivo, fondata sul rilievo della non riconducibilità nella previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della violazione dell’art. 44 delle Condizioni generali, trattandosi di norma pattizia: come sopra evidenziato, la censura riguarda la violazione dei canoni ermeneutici dettati dagli artt. 1362 c.c. e segg..

6.1.2 – Il profilo inerente alla compresenza, nella sentenza impugnata, di tre distinte ragioni, non compiutamente attinte dal ricorso, è astrattamente condivisibile, in virtù del principio secondo cui il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti. Ne consegue che, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali “rationes decidendi”, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione (cfr., per tutte, Cass., Sez. Un., 29 marzo 2013, n. 7931). Senonchè, come emerge dal tenore del ricorso in esame, risultano sottoposte a critica tutte le argomentazioni indicate nel controricorso, quali la tempestività delle riserve, che costituisce il tema fondamentale dell’impugnazione, nonchè la ritenuta non necessità vuoi per il mancato impianto della contabilità, vuoi per la conoscibilità, da parte delle FF.SS., dei fatti generatori del danno (v. a tale proposito, il richiamo, a pag. 27 del ricorso, alla violazione dell’art. 44 delle Condizioni generali, tale da rendere “inapplicabili e/o irrilevanti gli astratti principi giurisprudenziali su richiamati (ad, esempio, in tema di mancanza di contabilità), così come l’asserita conoscenza di FS delle evenienze inerenti le poi avanzate richieste risarcitorie, per averle asseritamente causate con il proprio comportamento”.

7 – Tanto premesso, deve rilevarsi che in relazione alle sospensioni in questione la Corte distrettuale ha erroneamente affermato che il pregiudizio ad esse conseguente potesse essere valutato, ritenendo le riserve dell'(OMISSIS) validamente e tempestivamente formulate.

Con riferimento all’art. 44 delle Condizioni generali la corte distrettuale riconosce che esso “ripete ed amplia quanto previsto dalla normativa pubblicistica”, ma poi ne disattende la portata, affermando che, per i fatti continuativi, l’obbligo di iscrizione della riserva “va circoscritto al momento in cui la potenzialità di danno divenga obiettivamente apprezzabile”.

7.1 – L’art. 44 delle condizioni generali prevede, fra l’altro, che le contestazioni, le domande e le riserve dell’appaltatore debbono “essere inviate per lettera raccomandata r.r. al Direttore dei lavori per conto dell’Ente, entro 15 giorni dal momento in cui i fatti e le circostanze su cui si fondano erano conoscibili dall’appaltatore”.

7.2 – In merito all’ultimo inciso, appare evidente come la conoscenza, o la conoscibilità, degli stessi fatti da parte della stazione appaltante, per averli determinati, è stata considerata dotata di efficacia esimente dall’obbligo della riserva in netto contrasto con la funzione primaria della stessa, che non è quella di esplicitare fatti più o meno noti, bensì di consentire alla stazione appaltante la tempestiva e costante evidenza di tutti i fattori che siano oggetto di contrastanti valutazioni tra le parti e perciò suscettibili di aggravare il compenso complessivo spettante all’appaltatore, conseguentemente l’entità totale della spesa prevista per l’opera, in modo tale da porla in grado di esercitare tempestivamente ogni necessaria verifica per valutare l’opportunità del mantenimento del rapporto o del recesso in relazione al perseguimento di fini di interesse pubblico (Cass., 12 giugno 2008, n. 15693; Cass., 3 marzo 2006, n. 4702; Cass., 21 luglio 2004, n. 13500).

7.2 – Con riferimento alle specifiche prescrizioni del più volte richiamato art. 44, vale bene ribadire quanto affermato da questa Corte relativamente ad analoga clausola, contenuta nell’art. 41 delle previgenti condizioni generali dei contratti di appalto per i lavori ferroviari, in cui l’obbligo della riserva è correlato, non diversamente da quanto disposto dal citato art. 44, al “verificarsi del fatto o della circostanza”. Orbene, al di là della differenza del caso, attinente a una “sorpresa geologica”, non può omettersi di richiamare l’interpretazione resa in merito a tale clausola, che “aveva carattere oggettivo, e rivela con chiarezza ed univocità la loro comune volontà di subordinare l’onere suddetto esclusivamente al “verificarsi” in senso materiale e fenomenico, del fatto o della situazione fattuale, o se si vuole dell’accadimento che aveva dato causa alla maggiore pretesa”. E’ stato quindi giudicato “irrilevante l’apprezzamento dell’appaltatore in merito alla potenzialità dannosa e/o alle conseguenze pregiudizievoli di detto evento, pur se condotto secondo i principi di ordinaria diligenza e di buona fede, in quanto nella norma contrattuale non vi è spazio per nessuno di detti criteri o per altri ancora, come invece avviene nelle disposizioni del citato R.D. n. 350 del 1895, artt. 53 e 54, per le quali pure l’onere di iscrizione sussiste “immediatamente” (Cass., 17 marzo 2009, n. 6443).

7.3 – Tale interpretazione, rapportata al tema delle sospensioni, induce ad affermare che il riferimento, nella sentenza impugnata, “al momento in cui la potenzialità di danno divenga obiettivamente apprezzabile” non sia conforme alle previsioni contrattuali.

7.4 – D’altra parte, la natura illegittima delle sospensioni, affermata dalla stessa impresa appaltatrice nella riserva poi formulata in data 29 gennaio 1993 (“le due sospensioni così disposte sono state del tutto illegittime, in quanto la possibilità di approvvigionamento del pietrisco non è mai in proposito il principio più volte affermato da questa Corte, secondo cui 1′ appaltatore che pretenda un maggiore compenso o rimborso, rispetto al prezzo contrattualmente pattuito, a causa dei pregiudizi o dei maggiori esborsi conseguenti alla sospensione dei lavori disposta o protratta dall’Amministrazione, ha l’onere di iscrivere la relativa riserva nel momento in cui emerga, secondo una valutazione riservata al giudice del merito, la concreta idoneità del fatto a produrre i suddetti pregiudizi o esborsi, nel senso che, al riguardo, si deve distinguere il momento nel quale il danno sia presumibilmente configurabile da quello in cui esso sia precisamente quantificabile, sorgendo l’onere di iscrivere la riserva fin dal primo di tali momenti e potendo, invece, la specifica quantificazione operarsi nelle successive registrazioni. Sicchè, nell’eventualità che la sospensione possa essere illegittima sin dall’inizio, l’appaltatore deve inserire la sua riserva nello stesso verbale di sospensione, e dovrà poi iscrivere regolare riserva o domanda nel registro di contabilità quando egli successivamente lo sottoscriva, ripetendo quindi la riserva stessa nel verbale di ripresa e nel registro di contabilità successivamente firmato, mentre, invece, vuoi nel caso in cui la sospensione dei lavori non presenti immediata rilevanza onerosa, giacchè l’idoneità del fatto a produrre il conseguente pregiudizio o esborso emerga soltanto all’atto della cessazione della sospensione medesima, vuoi nel caso in cui quest’ultima, originariamente legittima, diventi solo successivamente illegittima, la relativa riserva non potrà che essere apposta nel verbale di ripresa dei lavori o, in mancanza di tale verbale (la cui compilazione è rimessa all’iniziativa dell’appaltante), nel registro di contabilità successivamente firmato, ovvero, in caso di ulteriore mancanza anche di quest’ultimo registro, essa deve essere tempestivamente comunicata all’Amministrazione mediante apposito atto scritto (Cass., 10 agosto 2007, n. 17630; Cass., 11 gennaio 2006, n. 388; Cass., 23 settembre 3003, n. 14110; Cass., 3 novembre 2000, n. 14361, in cui per altro si afferma il principio, pure correttamente invocato dalla ricorrente, secondo cui, a fronte dell’eccezione di decadenza sollevata dal committente convenuto, l’onere della prova di avere tempestivamente iscritto riserve nel registro di contabilità (o nel verbale di sospensione dei lavori) grava sull’appaltatore che intenda avanzare pretese per compensi ed indennizzi aggiuntivi rispetto al corrispettivo originariamente pattuito nel contratto).

7.5 – E’ appena il caso di aggiungere che le modalità di proposizione delle riserve previste dalle Condizioni generali all’art. 44 (entro 15 giorni e con lettera raccomandata) escludono la fondatezza dell’assunto fondato sulla mancata predisposizione della contabilità, per altro contrastante, in linea generale, con la giurisprudenza di questa Corte (Cass., 8 ottobre 2014, n. 21205; Cass., 24 maggio 2012, n. 8242), mentre irrilevante appare il riferimento (per altro contestato dalla ricorrente) alla mancata o tardiva risposta da parte di FS alle riserve.

8 – L’accoglimento dei predetti motivi, nei termini sopra precisati, comporta l’assorbimento delle ulteriori censure, attinenti alla quantificazione del pregiudizio, e comportano la cassazione, in parte qua, dell’impugnata decisione, con rinvio alla Corte di appello di Bologna che, in diversa composizione, applicherà i principi sopra richiamati, provvedendo, altresì, in merito al regolamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie per quanto di ragione i primi cinque motivi del ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione prima Civile, il 22 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2016

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