Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21732 del 08/10/2020

Cassazione civile sez. lav., 08/10/2020, (ud. 19/09/2019, dep. 08/10/2020), n.21732

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17460/2015 proposto da:

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TORINO 95,

presso lo studio dell’avvocato MARIAROSA CALABRETTA, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIUSEPPE PORRO;

– ricorrente –

contro

BRENNTAG S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 67, presso lo studio

dell’avvocato FRANCESCA INFASCELLI, rappresentata e difesa

dall’avvocato STEFANO BARTALOTTA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 947/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 30/12/2014 r.g.n. 1769/2011.

 

Fatto

RILEVATO

che la Corte di Appello di Milano, con sentenza pubblicata in data 30.12.2014, ha rigettato il gravame interposto da S.G., nei confronti della S.p.A. Brenntag, avverso la pronunzia del Tribunale della stessa sede n. 2577/2011, depositata il 18.5.2011, con la quale era stato respinto il ricorso del lavoratore diretto ad ottenere l’accertamento del proprio diritto a percepire la somma di Euro 35.000,00, oltre interessi, a titolo di incentivo all’esodo o, in subordine, quella di Euro 22.500,00, oltre interessi, a titolo di sostegno economico previsto dall’art. 5 dell’Accordo sindacale del 3.3.2008;

che la Corte territoriale, per quanto ancora di rilievo,in questa sede, ha osservato che “non è stata messa in discussione nell’atto di appello l’inapplicabilità diretta alla fattispecie dell’accordo sindacale 3 marzo 2008… che, come ritenuto dal Tribunale,… ai punti 4 e 5 richiede, ai fini del riconoscimento del diritto al sostegno economico azionato dal S., la collocazione in mobilità entro la data del 31 gennaio 2009, accettata dall’interessato, essendo pacifico che, al contrario, l’appellante si è dimesso in data 28 novembre 2008 con decorrenza dal 31 dicembre 2008, e, perciò, prima della chiusura della procedura medesima. Di conseguenza, la controversia verte sulla sussistenza – allegata dal lavoratore e negata dal datore di lavoro – di un accordo individuale per la corresponsione del sostegno economico e sull’entità di tale preteso incentivo”;

che per la cassazione della sentenza ricorre il S. articolando quattro motivi;

che la S.p.A. Brenntag resiste con controricorso;

che sono state comunicate memorie, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nell’interesse della società;

che il P.G. non ha formulato richieste.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il ricorso, si censura: 1) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la “violazione dell’art. 116 c.p.c. e delle norme di diritto in materia di valutazione delle prove”, per avere i giudici di merito “disatteso l’obbligo di valutare le prove processuali secondo principi di razionalità e logicità, laddove” hanno valutato “la deposizione del teste T. (con la precisazione che il primo Giudice non ha sottoposto ai testi i capitoli specifici pure dedotti in ricorso, ma ha preferito “interrogarli liberamente” sui fatti di causa)” e non hanno considerato che “il T. agiva da procuratore della società con l’incarico specifico di realizzarne la ristrutturazione anche mediante la gestione degli “esuberi”” e che “sussisteva la garanzia irrevocabile del T. (e quindi della società mandante) al pagamento in favore del S. dell’incentivo concordato o quanto meno dell’incentivo previsto per gli altri dipendenti della Brenntag (in base a quanto stabilito dall’art. 5 dell’Accordo sindacale)”; 2) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2 e dell’art. 111 Cost., comma 6 e si precisa che “le argomentazioni svolte nel motivo che precede danno corpo in via concorrente o alternativa al presente motivo”, assumendosi che sarebbe “solo apparente e comunque elusiva degli indefettibili connotati della razionalità, della logicità e della coerenza (desumibili dai principi posti dall’art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c.) una motivazione (come quella che si rinviene nella sentenza impugnata) fondata su una premessa (la qualifica di “consulente” del T.) che non appartiene agli atti processuali”, ed altresì che “l’inesistenza del fatto posto a base della motivazione rende inevitabilmente inconsistente (cioè meramente apparente) la motivazione su di esso fondata”; 3) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto in materia di rappresentanza delle imprese commerciali ed in particolare dell’art. 2209 e si deduce che la sentenza impugnata violi “la legge nel momento in cui nega al Dott. T. poteri decisionali impegnativi per la società in materia di gestione degli “esuberi”, compresa quindi l’attribuzione dei relativi incentivi economici”, poichè “l’aver fatto derivare dalla qualifica di “consulente”… la inesistenza del potere di vincolare;all’esterno la società si risolve nel disconoscimento (e quindi nella violazione) delle norme di legge che disciplinano la rappresentanza delle imprese commerciali, in quanto gli artt. 2203 c.c. e segg., configurano, invero, un sistema di rappresentanza che è al di fuori, o meglio, si aggiunge a quello statutario, per così dire ordinario e generale”; 4) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte di merito omesso di esaminare il fatto che il S., proponendo la domanda subordinata “implicitamente ha rivendicato l’applicabilità a sè dell’Accordo sindacale del marzo 2008 (nella denegata ipotesi in cui non esistesse con la Società – come invece esisteva – un accordo di maggiore entità economica)”;

che il primo motivo è inammissibile, in quanto palesemente diretto ad ottenere un nuovo esame delle risultanze processuali, non consentito in questa sede (cfr., ex plurimis, Cass., S.U., n. 24148/2013; Cass. n. 14541/2014), poichè “il compito di valutare le prove e di controllarne l’attendibilità e la concludenza spetta, in via esclusiva, al giudice di merito”; per la qual cosa “la deduzione con il ricorso per cassazione della omessa, errata o insufficiente valutazione delle prove, o della mancata ammissione delle stesse, non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì solo. la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito” (cfr., ex multis, Cass., S.U., n. 24148/2013; Cass. n. 14541/2014 citt.; Cass. n. 2056/2011); e, nella fattispecie, la Corte distrettuale è pervenuta alla decisione impugnata attraverso un iter motivazionale corretto dal punto di vista logico-giuridico, anche in ordine alla valutazione delle dichiarazioni dei testi addotti dalle parti, e del tutto condivisibile;

che il secondo mezzo di impugnazione, in ordine al quale, come esplicitato in narrativa, si precisa che “Le argomentazioni svolte nel “motivo” che precede danno corpo in via concorrente o alternativa al secondo motivo” – e che, nella sostanza, censura “vizi di motivazione per travisamento dei fatti”, nonchè una “motivazione apparente e contraddittoria”, asseritamente posta a fondamento della decisione impugnata – non può essere accolto, a causa della non conferenza del parametro normativo che si assume violato. Ed invero, nel caso in esame, il motivo di ricorso che denuncia, in concreto, il vizio motivazionale non indica il fatto storico (cfr. Cass. n. 21152/2014), con carattere di decisività, che sarebbe stato oggetto di discussione tra le parti e che la Corte di Appello avrebbe omesso di esaminare; nè, tanto meno, fa riferimento, alla stregua della pronunzia delle Sezioni Unite n. 8053 del 2014, ad un vizio della sentenza “così radicale da comportare”, in linea con “quanto previsto dall’art. 132 c.p.c., n. 4, la nullità della pronunzia per mancanza di motivazione”, non potendosi configurare, nella fattispecie, un caso di motivazione apparente o di mancanza di motivazione, da cui conseguirebbe la non idoneità della sentenza a consentire il controllo delle ragioni poste a fondamento della stessa, dato che la Corte di merito è pervenuta alla decisione oggetto del giudizio di legittimità con argomentazioni analitiche, del tutto condivisibili e scevre da vizi logico-giuridici (cfr., ex multis; Cass. n. 2220/2019);

che il terzo motivo non è fondato, poichè – come correttamente sottolineato dai giudici di merito, il S. non ha fornito alcuna prova che al T. – al quale non era stata conferita formale procura speciale – fosse stato, comunque, attribuito il potere di compiere per l’imprenditore gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2209 c.c.. Al riguardo, va ribadito, infatti, quanto, in più occasioni, affermato dalla giurisprudenza di legittimità (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. I, n. 3625/2016; Cass. 1299/1999), relativamente al principio dell’apparenza del diritto, il quale poggia su quello più generale della tutela dell’affidamento incolpevole, secondo gli approdi ermeneutici, ormai consolidati, di questa Corte, e richiede la prova, posta a carico di chi pretende di fare valere la situazione apparente, delle seguenti circostanze: una situazione di fatto difforme da quella di diritto; un comportamento colposo del rappresentato, oggettivamente idoneo ad ingenerare nel terzo il ragionevole convincimento che il potere di rappresentanza sia stato effettivamente e validamente conferito al rappresentante apparente; la buona fede del terzo, “da escludere allorquando quest’ultimo versi, a sua volta, in colpa, tale che l’errore avrebbe potuto essere evitato mediante l’impiego della normale prudenza nella condotta degli affari” (Cass., Sez. I, n. 3625/2016, cit.): circostanze, tutte, in ordine alla sussistenza delle quali non sono stati addotti dal ricorrente elementi probatori a sostegno, idonei a scalfire il condivisibile procedimento di sussunzione operato dalla Corte territoriale, basata su una ricostruzione fattuale che ha motivatamente condotto ad escludere il potere del T. di “impegnare la società datrice con un accordo individuale per la corresponsione del sostegno economico preteso dal lavoratore”; che il quarto motivo non è meritevole di accoglimento, in quanto diretto a sollecitare un nuovo esame del merito, non consentito in questa sede. Peraltro, i giudici di seconda istanza hanno correttamente sottolineato che costituisce dato incontestato (e neppure “messo in discussione” nell’atto di gravame) la inapplicabilità diretta alla fattispecie dell’Accordo sindacale del 3.3.2008, in quanto in tale Accordo si subordinava la fruizione degli incentivi alla collocazione in mobilità entro la data del 31.1.2009, mentre il ricorrente, secondo quanto emerso incontestatamente in fase delibatoria, si è dimesso il 28.11.2008, con decorrenza dal 31.12.2008 e, dunque, prima della chiusura della procedura di cui si tratta; inoltre, i giudici di merito hanno osservato che il medesimo Accordo non avrebbe potuto essere applicato neppure “indirettamente, in virtù del “patto” pretesamente concluso con il T.”, in difetto dei poteri di quest’ultimo di obbligare la società;

che per tutto quanto in precedenza esposto, il ricorso va respinto;

che le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;

che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come specificato in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 19 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2020

 

 

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