Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2173 del 30/01/2020

Cassazione civile sez. trib., 30/01/2020, (ud. 21/11/2019, dep. 30/01/2020), n.2173

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29123-2017 proposto da:

DEDA SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIETRO DE CRISTOFARO

40, presso lo studio dell’avvocato LONGARONI UMBERTO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2345/2017 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 02/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/11/2019 dal Consigliere Dott. CAPRIOLI MAURA.

Fatto

Considerato che:

Con sentenza n. 11254/2015 la CTP di Roma respingeva il ricorso proposto da Deda s.r.l. avverso due avvisi di accertamento con i quali l’AGENZIA DELLE ENTRATE aveva proceduto alla rideterminazione del classamento ed alla conseguente attribuzione della nuova rendita catastale ad unità immobiliari adibite a beni immobili ubicate in Roma.

La CTR del Lazio, con sentenza n. 2345 del 2017, rigettava l’appello proposto dalla predetta contribuente, sia in ordine all’eccepito difetto di motivazione degli avvisi di accertamento, sia con riguardo al merito della pretesa, ritenendo fondati gli avvisi stessi;

Avverso detta sentenza la Deda s.r.l ha proposto ricorso per cassazione deducendo tre specifici motivi di gravame ed ha depositato memoria illustrativa.

L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

Diritto

Ritenuto che:

Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e della L. n. 241 del 1990, art. 3.

Lamenta, in particolare, che la rendita catastale oggetto di impugnazione sarebbe stata attribuita sulla base di criptiche e contraddittorie motivazioni, senza che fosse stato allegato alcunchè per rendere comprensibili i criteri in essa richiamati.

Con un secondo motivo la ricorrente deduce la non corretta applicazione delle norme in materia di valutazione della rendita catastale (R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, art. 10), nonchè l’omessa pronuncia sull’interpretazione della circolare 6 del 2012.

La società Deda s.r.l. si duole che l’Ufficio prima, ed il Giudice dopo, non abbiano tenuto nel debito conto i criteri valutativi della rendita in relazione agli immobili definiti ” non ordinari” in quanto aventi destinazione ” speciale o particolare”, secondo i dettami della legge in materia, per i quali la rendita catastale deve essere determinata ai sensi e per gli effetti del R.D.L. n. 652 del 1939, art. 10 con stima diretta per ogni singola unità; principio, questo, confermato dal combinato disposto del D.P.R. n. 1142 del 1949, artt. 8 e 30, che obbligano l’Ufficio a determinare la rendita con stima ” diretta”.

Lamenta, altresì, la mancata disposizione della consulenza tecnica e censura l’elemento utilizzato ai fini comparativi e la valutazione espressa circa lo stato degli immobili.

Con il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 49, in ordine alla corretta misurazione dei locali per la quantificazione algebrica delle rendite catastali, dolendosi che l’Ufficio avrebbe calcolato la superficie lorda dei locali senza effettuare alcuna misurazione in loco.

Il primo motivo è infondato.

Occorre premettere che la fattispecie in esame riguarda due rettifiche di classamento proposti dalla ricorrente con la dichiarazione DOCFA.

L’atto di classamento costituisce l’esito di un procedimento regolato dal DM nr 701 del 1994 che prevede la partecipazione del contribuente.

Orbene, secondo il consolidato orientamento della Corte, l’obbligo della motivazione dell’avviso di classamento deve ritenersi soddisfatto anche mediante la mera indicazione dei dati oggettivi acclarati dall’Ufficio finanziario e della classe conseguentemente attribuita all’immobile qualora, come nella specie, gli elementi di fatto indicati dal contribuente e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e quella attribuita sia dipesa da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni classati (Cass. 5404/2012; Cass. 13999/2012; Cass. 83445/2017; Cass. n. 31809 del 2018; n. 12777 del 2018; n. 12497 del 2016; Cass. 2019 nr 10309).

La CTR, con il richiamo a tale principio, ha correttamente escluso la carenza di motivazione, valorizzando il fatto che gli accertamenti traevano origine dalla dichiarazione Docfa che recava come causale la variazione della destinazione da box auto a categoria speciale autorimessa – da C6 a D8 – e quindi da una situazione fattuale conosciuta dalla contribuente.

Relativamente al secondo motivo si osserva che la ricorrente denuncia sotto forma di violazione di legge valutazioni di merito sottratti al giudizio di legittimità.

La CTR ha fornito una adeguata risposta ai rilievi sollevati dalla parte relativamente all’unità presa come elemento di comparazione, sul preteso stato di degrado dell’immobile, sulla mancata effettuazione del sopralluogo.

In particolare il giudice di appello dà conto del fatto che vi sia stata stima diretta mediante la considerazione di vari parametri estimativi specifici e mirati sui due immobili in questione, e non genericamente sulla categoria di appartenenza. Quanto al sopralluogo, non era necessario giacchè come è stato ripetutamente affermato “In tema di classamento, l’attribuzione di rendita alle unità immobiliari costituite da opifici e più in generale ai fabbricati a destinazione speciale e particolare di cui alla L. n. 1231 del 1936, art. 28, deve avvenire, come previsto anche dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 37, ai fini della determinazione del reddito medio ordinario, mediante “stima diretta”, senza che ciò presupponga, peraltro, l’effettuazione di un previo sopralluogo, che non costituisce nè un diritto del contribuente nè una condizione di legittimità del correlato avviso attributivo di rendita, integrando soltanto uno strumento conoscitivo del quale l’Amministrazione finanziaria può, ove necessario, avvalersi, ferma la possibilità di compiere le relative valutazioni in forza delle risultanze documentali a disposizione” (Cass.n. 12743 del 23/05/2018; così nn. 6633/19 e 8529/19).

Quanto agli altri aspetti di stima (degrado; ubicazione; idoneità comparativa delle altre UIU), sono stati considerati dalla ctr e, in quanto elementi fattuali, non sono rivedibili in sede di legittimità.

Sul punto giova ricordare che “con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione” (vedi da ultimo Cass. n. 9097 e n. 29404 del 2017; Cass. 2019 nr 7797).

Quanto poi alla prospettata violazione del R.D.L. n. 652 del 1939, art. 10, in considerazione della destinazione speciale dei beni sicchè la rendita catastale deve essere determinata ai sensi del D.P.R. n. 1142 del 1949, con stima diretta e quindi con riferimento ai “prezzi correnti per la vendita di unità immobiliari analoghe” va osservato che tale criterio è stato rispettato dall’Amministrazione finanziaria che ha fatto riferimento al valore di mercato di altre unità esistenti nella zona.

Da ultimo la ricorrente censura le modalità di computo delle superfici criticando la valutazione espressa dalla CTR in termini di correttezza della misurazione in quanto ritenuta conforme ai parametri normativi (D.P.R. n. 1142 del 1949, artt. 49 e 56).

Questo motivo è fondato.

Sul punto occorre muovere dal dato di riferimento normativo.

L’art. 49 richiamato prevede testualmente che la “Misura della consistenza a metro quadrato. Per la misura della consistenza delle unità immobiliari con destinazione ordinaria ad uso negozi, botteghe, magazzini, locali di deposito, laboratori per arti e mestieri, stalle, scuderie, autorimesse, palestre, tettoie e simili, si assume come elemento ordinario il metro quadrato. La consistenza si computa sommando le superfici libere dei locali facenti parte dell’unità immobiliare”.

In proposito questa Corte ha chiarito che “In tema di reddito dei fabbricati, la rendita catastale di un’autorimessa va determinata tenendo conto soltanto della parte della superficie di essa effettivamente utilizzabile con funzione di ricovero di autovetture (con esclusione, pertanto, degli spazi di accesso e manovra), atteso che il D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, art. 49, nello stabilire che la consistenza delle unità immobiliari aventi – fra l’altro – la detta destinazione ad autorimessa “si computa sommando le superfici libere dei locali facenti parte dell’unità immobiliare”, va interpretato in coordinamento con il R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, art. 5 (convertito nella L. 11 agosto 1939, n. 1249), secondo il quale la valenza catastale di un immobile urbano consiste nella sua utilità a produrre un reddito proprio. (Sez. 5, Sentenza n. 956 del 21/01/2004).

Ciò posto, alla luce di tale condivisibile motivazione, la superficie deve essere computata al lordo, ma con esclusione degli spazi di accesso e manovra inidonei al ricovero mezzi e, dunque, alla produzione di reddito.

La ctr, in contrasto con il principio sopra enunciato, ha invece escluso che dalle superfici libere dovessero essere scomputati quelle non materialmente utilizzate per il ricovero degli autoveicoli, dal momento che anche gli spazi di manovra o di lavaggio dei veicoli dovevano ritenersi finalizzati alla produzione di reddito.

Il terzo motivo va pertanto accolto e rigettati i primi due; la decisione impugnata va cassata e rinviata alla CTR del Lazio, in diversa composizione, per rideterminazione della superficie secondo i criteri sopra indicati, oltre che per la regolamentazione delle spese anche di questa fase.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso e rigetta il primo e secondo; cassa la decisione impugnata e rinvia, in relazione al motivo accolto, alla CTR Lazio in diversa composizione, anche per le spese di questa f se di legittimità.

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2020

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