Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21727 del 27/09/2019

Cassazione civile sez. II, 27/08/2019, (ud. 21/05/2019, dep. 27/08/2019), n.21727

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORRENTI Vincenzo – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Anna Maria – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18413-2015 proposto da:

T.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MARIANNA

DIONIGI 43, presso lo studio dell’avvocato FRANCO PILIA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARCO PILIA;

– ricorrente –

contro

C.B., rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE MARIO

MEREU;

– controricorrente –

e contro

M.A., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 34/2015 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 15/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/05/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

T.P. ha proposto ricorso articolato in quattro motivi avverso la sentenza n. 34/2015 della Corte d’Appello di Cagliari, depositata il 15 gennaio 2015.

Resiste con controricorso C.B., erede di C.A..

Tutti gli altri intimati non hanno svolto attività difensive.

Il ricorrente ha depositato memoria in data 16 maggio 2019, senza perciò osservare il termine di non oltre dieci giorni prima dell’adunanza in camera di consiglio prescritto dall’art. 380 bis.1 c.p.c.

Il Tribunale di Lanusei, con sentenza del 28 giugno 2012, accolse la domanda proposta da C.A. con citazione del 2 agosto 2007 e dichiarò l’attrice proprietaria per intervenuta usucapione dei fondi ubicati in Comune di (OMISSIS), in catasto al (OMISSIS). Formulò appello T.P. con atto del 9 febbraio 2013, e si costituì C.B., erede di C.A., deducendo che la propria dante causa era deceduta il (OMISSIS) e che altri eredi erano il fratello C.M., nonchè gli eredi della sorella C.Z.. La Corte d’Appello di Cagliari, assegnato termine per la notifica dell’appello ai contraddittori necessari, nella sentenza del 15 gennaio 2015 rilevò che l’atto di gravame risultava notificato agli eredi di P.A., ma non invece agli eredi di C.A.. Stante la natura perentoria del termine ex art. 331 c.p.c., la Corte d’Appello dichiarò l’estinzione del giudizio e la inammissibilità dell’impugnazione.

Il primo motivo del ricorso di T.P. denuncia la violazione o falsa applicazione degli art. 669 octies c.p.c., u.c. e art. 703 c.p.c., sussistendo una preclusione pro iudicato per la mancata prosecuzione del giudizio a seguito del rigetto della domanda possessoria di cui all’ordinanza del 5 aprile 2007.

Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 331 c.p.c., avendo il ricorrente “regolarmente provveduto all’integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di P.A.”, come richiesto nella prima udienza davanti alla Corte d’Appello. La censura deduce che C.B., nel costituirsi con comparsa del 18 giugno 2013 quale erede di C.A., non aveva specificato l’nomi degli altri presunti eredi nè comprovato in via documentale la necessità di integrare il contraddittorio. Si aggiunge che all’udienza del 20 settembre 2013 la Corte d’Appello avesse genericamente disposto di rinviare al 14 febbraio 2014 “con termine di giorni trenta per il rinnovo della notifica agli eredi”.

Il terzo motivo di ricorso deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1350 c.c., n. 1 e art. 2643 c.c., quanto alla scrittura privata su cui verteva la sentenza del Tribunale di Lanusei.

Il quarto motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 77 disp. att. c.p.c. quanto al ritiro del fascicolo di parte.

Sono da superare le eccezioni pregiudiziali della controricorrente: l’osservanza del disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, non può che riferirsi ai soli motivi di ricorso che concernono la valutazione da parte del giudice di merito di atti processuali o di documenti; l’esposizione sommaria dei fatti di causa, prevista all’art. 366 c.p.c., n. 3 suppone la narrazione dei fatti sostanziali oggetto della controversia e di quelli processuali relativi al giudizio di primo e di secondo grado, ma la mancata indicazione dei motivi su cui era fondato l’appello può produrre l’inammissibilità del ricorso sol se essa impedisca la comprensione delle censure proposte in sede di legittimità; ai fini, poi, della specialità della procura, richiesta dall’art. 365 c.p.c., non rileva che la relativa formula faccia specifico riferimento al giudizio di legittimità, in quanto essa, giacchè apposta in calce al ricorso, viene a costituire un “corpus” inscindibile con lo stesso, e perciò non consente dubbi sulla volontà della parte di proporre quel mezzo d’impugnazione.

E’ evidente che il secondo motivo di ricorso costituisce l’unica censura che sia effettivamente riferibile alla ratio decidendi della sentenza impugnata, essendo gli altri motivi rivolti contro la sentenza di primo grado, la quale non è oggetto del presente giudizio di cassazione.

Il secondo motivo di ricorso è comunque infondato.

La Corte d’Appello di Cagliari ha dichiarato inammissibile l’impugnazione per mancata notificazione del gravame agli eredi di C.A., attrice per usucapione, deceduta dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado e prima della notifica dell’appello.

Gli eredi di C.A., parte nel giudizio di primo grado, erano, dunque, in situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali, con conseguente configurazione, in fase di gravame, di un’ipotesi di causa inscindibile ai sensi dell’art. 331 c.p.c. Ne deriva, ancora, la perentorietà del termine assegnato all’udienza del 20 settembre 2013 per l’integrazione del contraddittorio, sicchè il mancato rispetto di esso doveva rilevarsi d’ufficio, indipendentemente dalle eccezioni o difese della controparte, nè era sanabile mediante proroga, neppure sull’accordo delle parti. L’appello doveva quindi essere dichiarato inammissibile, non avendo nessuna delle parti provveduto a notificare agli eredi di C.A. nel termine fissato, giacchè il difetto di integrità del contraddittorio impedisce all’impugnazione di conseguire il proprio scopo (Cass. Sez. 2, 25/03/2005, n. 6469; Cass. Sez. 1, 07/03/2006, n. 4861; Cass. Sez. 1, 12/09/2008, n. 23543; Cass. Sez. 2, 21/05/2012, n. 7998).

Pertanto, ove, come nel caso in esame, l’appello sia notificato presso il procuratore della parte costituita in primo grado e deceduta successivamente, e si costituisca in sede di gravame uno soltanto degli eredi della parte deceduta, stante la situazione di litisconsorzio necessario di ordine processuale in cui vengono a trovarsi gli eredi, il giudice d’appello deve ordinare, anche d’ufficio ed a pena di nullità, l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri coeredi, restando la parte che eccepisca la non integrità del contraddittorio onerata di indicare le persone che debbono partecipare al giudizio quali litisconsorti, oltre che di provare i presupposti di fatto che giustificano l’integrazione stessa, senza, peraltro, che sussista, a suo carico, anche l’onere di dimostrare la esistenza in vita di tali soggetti, la loro residenza, domicilio o dimora abituale (Cass. Sez. 3, 14/05/1999, n. 4762; Cass. Sez. L, 09/06/1990, n. 5605, Cass. Sez. 3, 18/10/2001, n. 12740; Cass. Sez. 2, 12/06/2006, n. 13571).

La Corte d’Appello di Cagliari, nella sentenza impugnata, ha affermato esplicitamente che C.B., nell’eccepire la non integrità del contraddittorio, avesse indicato in maniera espressa che gli altri eredi della defunta C.A. erano il fratello C.M. e gli eredi della sorella C.Z., nè il T. ha addotto una propria impossibilità di osservare il termine fissato all’udienza del 20 settembre 2013 per causa a lui non imputabile. Non rientra comunque nell’oggetto del sindacato di legittimità la denuncia della errata percezione, da parte del giudice di merito, dell’esistenza di un fatto (quale l’indicazione, appunto, dei litisconsorti) che emerge espressamente dagli atti con carattere di assoluta immediatezza e di semplice concreta rilevabilità, e che non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza si sia pronunciata.

Rigettato il secondo motivo, relativo alla declaratoria di inammissibilità dell’appello, restano assorbite le restanti censure. Conseguono il rigetto del ricorso e la regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di cassazione in favore della controricorrente nell’ammontare liquidato in dispositivo, non dovendosi provvedere al riguardo per gli altri intimati che non hanno svolto attività difensive.

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 agosto 2019

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