Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21726 del 27/09/2019

Cassazione civile sez. II, 27/08/2019, (ud. 21/05/2019, dep. 27/08/2019), n.21726

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORRENTI Vincenzo – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18178-2015 proposto da:

EDILIZIA T. DI E.T. E C. S.N.C. IN

LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA IPPOLITO NIEVO n. 5,

presso lo studio dell’avvocato LUCA RICCOMI, rappresentata e difesa

dall’avvocato FRANCESCO SAVERIO INDELLI;

– ricorrente –

contro

D.P.N. e S.P., rappresentati e difesi

dagli avvocati GIOVANNI CHICCO e RAFFAELE PEDONE e domiciliati

presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 474/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 25/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/05/2019 dal Consigliere Dott. OLIVA Stefano.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 4.3.2005 la Edilizia T. di E.T. e C. S.n.c., attualmente in liquidazione, evocava in giudizio S.P. e D.P.N. innanzi il Tribunale di Bari, sezione distaccata di Bitonto, per ottenerne la condanna al rilascio di un appartamento sito in una palazzina edificata dalla società attrice che sarebbe stato occupato senza titolo dai convenuti.

Questi ultimi, nel costituirsi in giudizio, resistevano alla domanda eccependo di essere entrati nell’alloggio dietro consegna delle chiavi da parte della società attrice, avendolo dalla medesima acquistato con versamento del prezzo pattuito per la compravendita. In via riconvenzionale invocavano l’accertamento dell’intervenuto acquisto per usucapione del bene in loro favore.

Con sentenza n. 192/2011 il Tribunale respingeva la domanda principale accogliendo quella riconvenzionale e dichiarava l’intervenuto acquisto in favore dei convenuti, a titolo di usucapione, della proprietà dell’appartamento di cui è causa e condannando l’attrice alle spese del grado.

Interponeva appello avverso detta decisione la Edilizia T. S.n.c. e si costituivano in seconde cure S.P. e D.P.N. per resistere al gravame.

Con la sentenza oggi impugnata, n. 474/2015, la Corte di Appello di Bari confermava la decisione del primo giudice condannando Edilizia T. S.n.c. alle spese del secondo grado di giudizio.

A sostegno della propria statuizione la Corte pugliese riteneva che l’istruttoria esperita in prime cure avesse consentito di accertare che la società appellante avesse consegnato agli appellati le chiavi dell’alloggio; che il legale rappresentante della Edilizia T. S.n.c. avesse dichiarato in particolare, in sede di interrogatorio, che gli appellati erano stati immessi nella disponibilità del bene in virtù di un rapporto di locazione; che pertanto la detenzione fosse da considerare qualificata e non priva di titolo, come asserito dalla società appellante; che per contro gli originari convenuti, pur avendo dichiarato sin dalla loro prima difesa di essere entrati nella disponibilità dell’immobile avendone pagato per intero il prezzo pattuito per l’acquisto, avessero su di esso esercitato una signoria di fatto avente tale ampiezza da rendere possibile la configurazione dell’animus possidendi. La Corte riteneva inoltre che il predetto rapporto con l’immobile, risalente al 1984, quando gli appellanti vi avevano trasferito la loro residenza attivando a loro nome le utenze a servizio del bene, configurasse il possesso utile ad usucapionem, essendo trascorsi oltre vent’anni dall’inizio della relazione di fatto di cui sopra e la notificazione dell’atto di citazione introduttivo del giudizio.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione Edilizia T. di E.T. e C. S.n.c. in liquidazione affidandosi a quattro motivi.

Resistono con controricorso S.P. e D.P.N..

La parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la società ricorrente lamenta la violazione degli artt. 948,1158 e 1571 c.c. nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente ricostruito il rapporto intercorso tra le parti, trascurando di considerare che qualora la detenzione si origini da un rapporto di natura locativa il conduttore è mero detentore del bene, e non possessore, e di conseguenza la sua relazione di fatto con la cosa non può essere considerata ai fini del calcolo del periodo utile per l’usucapione.

Con il secondo motivo la società ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1158 c.c. nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 perchè la Corte barese avrebbe erroneamente dichiarato, a favore dei controricorrenti, l’intervenuto acquisto della proprietà del bene per usucapione, senza considerare che la loro immissione nella disponibilità del cespite era avvenuta, per loro stessa ammissione, a seguito dell’intervenuto pagamento del prezzo di acquisto pattuito verbalmente tra le parti. Di conseguenza, la relazione di fatto con la cosa non si era costituita mediante un atto in contrasto con la volontà del proprietario del bene, onde non poteva ritenersi configurata a loro favore la presunzione di possesso di cui all’art. 1141 c.c..

Con il terzo motivo la società ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1141 e 1158 c.c., artt. 112 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, perchè la Corte pugliese avrebbe erroneamente riconosciuto in favore dei controricorrenti la presunzione di possesso di cui all’art. 1141 c.c. senza tener conto che la loro relazione di fatto con la res si era costituita ab origine come detenzione ed in assenza di un qualsiasi atto di interversione. La ricorrente lamenta inoltre che la Corte di merito avrebbe reso una motivazione affetta da irriducibile contrasto intrinseco, in quanto dapprima avrebbe affermato che il rapporto locativo allegato dalla Edilizia T. S.n.c. rendesse titolata la detenzione degli odierni controricorrenti, e poi avrebbe ritenuto comunque detto rapporto di fatto utile ad usucapionem.

Le tre censure meritano un esame congiunto perchè tra loro connesse, posto che le stesse attengono comunque al tema della natura del rapporto tra i controricorrenti e la cosa, e sono parzialmente fondate nei termini di cui infra.

Va innanzitutto affermato che non si ravvisa alcun profilo di irriducibile contrasto tra le diverse parti della motivazione resa dalla Corte di merito.

Occorre invero evidenziare che la natura titolata del rapporto di fatto costituitosi tra i controricorrenti e la res viene affermata dalla predetta Corte soltanto in relazione al rigetto della domanda principale, avendo la società ricorrente proposto azione di condanna dei convenuti al rilascio del bene dai medesimi asseritamente occupato sine titulo. In tal modo la Corte barese ha inteso evidentemente affermare che la predetta relazione de facto era iniziata in base ad una precisa relazione giuridica esistente tra le parti e quindi non poteva essere considerata sine titulo.

Per converso, la successiva ricostruzione, da parte dello stesso giudice di secondo grado, della predetta relazione di fatto con la res in termini di possesso utile ad usucapionem viene proposta in relazione alla domanda riconvenzionale dei convenuti, con la quale costoro avevano invocato appunto l’accertamento del loro intervenuto acquisto della proprietà del cespite a titolo di usucapione.

Tra le due statuizioni non v’è contrasto, atteso da un lato che esse si riferiscono a domande differenti, e dall’altro che la prima (relativa alla natura cd. titolata della relazione di fatto tra i controricorrenti e la cosa) deve in effetti essere interpretata nel senso di esclusione della configurabilità, in capo ai coniugi S. e D.P., di una disponibilità del cespite di cui è causa priva di titolo.

Passando all’esame della fattispecie concreta oggetto del giudizio, è opportuno sottolineare che è pacifico che nella specie si discute di un’ipotesi di compravendita di bene immobile realizzata con atto nullo per difetto della forma scritta, non avendo le parti mai provveduto a formalizzare in tal guisa i loro accordi relativi all’immobile di cui è causa.

I coniugi S. e D.P. hanno infatti espressamente riconosciuto nel loro controricorso (cfr. pag.9 e 10) di aver conseguito la materiale disponibilità dell’alloggio di cui è causa in base ad un contratto di compravendita, in esecuzione del quale essi avrebbero pagato per intero il prezzo verbalmente pattuito tra le parti, ottenendo dalla venditrice la consegna delle chiavi del cespite.

Si configura pertanto, per stessa ammissione della parte controricorrente, un rapporto contrattuale di compravendita, in sè nullo per difetto di forma, cui tuttavia i paciscenti hanno dato esecuzione de facto attraverso lo scambio delle chiavi del bene e del prezzo pattuito per il suo acquisto.

Va pertanto configurata, nel caso di specie, un’ipotesi di consegna dell’immobile anticipata rispetto alla formalizzazione del rogito di compravendita, non potendosi evidentemente attribuire alcun rilievo giuridico ad una pattuizione verbale priva della necessaria forma scritta prevista dalla legge come requisito ad substantiam per la compravendita dei beni immobili.

Da quanto prevede consegue che in tale contesto può essere utilmente richiamato il principio, affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con riferimento alla diversa fattispecie della promessa di vendita con effetti anticipati, secondo cui quando tra le parti viene convenuta la consegna del bene immobile prima della stipula del relativo rogito di compravendita non si verifica un’anticipazione degli effetti traslativi di quest’ultimo, ma la disponibilità del bene conseguita dall’acquirente si fonda su un contratto di comodato funzionalmente collegato con la compravendita, produttivo di meri effetti obbligatori. La relazione con la res del soggetto anticipatamente immesso nella sua disponibilità, pertanto, non costituisce possesso ma semplice detenzione qualificata, salva la dimostrazione -a cura della parte interessata – dell’esistenza di un atto di interversio possessionis utile a far decorrere, in favore del soggetto che la materiale disponibilità dell’immobile, il decorso del termine utile per la sua usucapione (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 7930 del 27/03/2008, Rv.602815; nei medesimi termini, cfr. anche Cass. Sez.2, Sentenza n. 5211 del 16/03/2016, Rv.639209, Cass. Sez.2, Sentenza n. 9896 del 26/04/2010, Rv.612577 e Cass. Sez.2, Sentenza n. 1296 del 25/01/2010, Rv.611222).

La sentenza impugnata non affronta in modo adeguato il tema della natura del rapporto costituito in capo ai coniugi S. e D.P., limitandosi ad affermare che esso costituirebbe possesso utile ad usucapionem in quanto i predetti soggetti avrebbero trasferito la loro residenza nell’immobile ed attivato a loro nome le relative utenze da oltre vent’anni. In realtà ambedue detti elementi non appaiono decisivi, alla luce del tema fondamentale, appunto non considerato dalla Corte di Appello, concernente la possibilità di configurare una situazione di possesso in conseguenza di un contratto di compravendita immobiliare, ancorchè nullo per carenza della forma ad substantiam prescritta dalla legge, cui le parti abbiano dato de facto esecuzione anticipatamente rispetto all’utile formalizzazione del consenso traslativo nella forma idonea prevista dall’art. 1350 c.c..

E’ opportuno richiamare, in tema di effetti derivanti dal contratto nullo, la giurisprudenza di questa Corte sulla donazione di bene altrui, secondo la quale detto negozio, pur dovendosi ritenere nullo per effetto della previsione di cui all’art. 771 c.c. che prevede il divieto della donazione dei beni futuri (dovendosi in tale novero far rientrare tutti i beni non ancora entrati nel patrimonio del donante) va tuttavia ritenuto idoneo ai fini dell’usucapione decennale prevista dall’art. 1159 c.c., in presenza degli altri elementi -rappresentati dalla buona fede del donatario e trascrizione dell’atto- previsti ai fini dell’applicabilità dell’istituto da ultimo richiamato (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10356 del 05/05/2009, Rv.608011; Cass. Sez.6-2 Ordinanza n. 12782 del 23/05/2013, Rv.626423).

Secondo tale giurisprudenza, l’operatività dell’usucapione abbreviata anche in presenza di titolo nullo è giustificata dal fatto che il requisito relativo all’esistenza di un titolo che legittimi l’acquisto della proprietà o di altro diritto reale di godimento, che sia stato debitamente trascritto, dev’essere inteso nel senso che esso, tenuto conto della sostanza e della forma del negozio, deve essere suscettibile in astratto, e non in concreto, di determinare il trasferimento del diritto reale, ossia tale che l’acquisto del diritto si sarebbe senz’altro verificato se l’alienante ne fosse stato titolare.

Si configura pertanto uno scollamento tra il momento dell’accertamento della validità del negozio astrattamente idoneo ad assicurare l’effetto traslativo della proprietà, per il quale la legge prevede determinati requisiti formali che, ove non osservati, ne comportano indefettibilmente la nullità, e quello relativo alla valutazione degli effetti che la regolamentazione negoziale, ancorchè viziata, ha comunque prodotto sia tra le parti, che tra queste ultime ed i terzi, in funzione e come conseguenza della libera scelta delle medesime di dare comunque esecuzione al negozio traslativo della proprietà.

Nel caso dell’usucapione abbreviata l’elemento della trascrizione, non previsto nella diversa ipotesi dell’usucapione ordinaria, costituisce la manifestazione esteriore dell’atto di interversio possessionis che invece si richiede ai fini dell’inizio della decorrenza dei termini di cui all’art. 1158 c.c.. I due atti, invero, integrano comportamenti idonei a rendere nota, sia nei rapporti interni tra le parti che nei rapporti tra queste ultime ed i terzi, l’intenzione del soggetto che abbia la materiale disponibilità della res, per averla conseguita in base ad un titolo astrattamente idoneo, ancorchè in concreto nullo, di esercitare su di essa una signoria di fatto iure proprietatis.

Ne discende che quando questa Corte ha affermato (con la richiamate pronunce n. 10356/2009 e n. 12782/2013) l’idoneità della donazione nulla a costituire, se debitamente trascritta, titolo idoneo ai fini dell’usucapione abbreviata, ha sancito implicitamente il principio secondo cui, in presenza di titolo affetto da nullità, per potersi configurare una situazione di possesso in capo al soggetto che acquisti in base ad esso una relazione di fatto con la res non è sufficiente la materiale detenzione della stessa, ma occorre un atto ulteriore idoneo a manifestare all’esterno la volontà del predetto soggetto di comportarsi come unico proprietario del bene. Atto che, nel caso di cui all’art. 1159 c.c., è rappresentato dalla trascrizione dell’atto nei registri immobiliari -elemento espressamente richiesto dalla norma ai fini della configurabilità dell’istituto-mentre nel diverso caso di cui all’art. 1158 c.c. è costituito da un atto materiale idoneo ad esprimere la volontà di realizzare una vera e propria interversio possessionis.

Poichè a tal fine non possono essere ritenuti decisivi, come già detto, i semplici elementi del trasferimento della residenza nell’immobile e dell’attivazione delle relative utenze, valorizzati dalla Corte territoriale, in quanto essi potrebbero -in linea di ipotesi- anche derivare da un mero rapporto di detenzione titolata del bene immobile di cui si discute, la Corte territoriale -cui per effetto dell’accoglimento dei primi tre motivi neì sensi di cui in motivazione la causa dev’essere rinviata- dovrà procedere ad un nuovo apprezzamento del rapporto negoziale in concreto posto in essere tra le parti, al fine di determinare se a fronte di esso, pur in presenza dell’evidente causa di nullità della compravendita di bene immobile realizzata dalle parti in forma verbale, si possa configurare, anche per effetto di un eventuale atto di interversio possessionis posto in essere dagli odierni controricorrenti, il possesso utile ad usucapionem, ed eventualmente l’acquisto a titolo originario, in capo aì medesimi, del diritto di proprietà a tale titolo.

Va in conclusione affermato il seguente principio di diritto: “Nell’ipotesi di compravendita di bene immobile nulla perchè realizzata in forma verbale, cui le parti abbiano comunque dato esecuzione mediante la consegna della res ed il pagamento integrale del relativo corrispettivo, il giudice di merito può affermare l’esistenza, in capo al soggetto che in virtù del predetto titolo si trovi in rapporto di fatto con il cespite, di un possesso utile ad usucapionem soltanto laddove in concreto si configuri un atto idoneo a realizzare l’interversione del possesso, che non può essere rappresentato da comportamenti -quali il trasferimento della residenza nell’immobile o l’attivazione delle relative utenze a proprio nome- che di per sè non presuppongono il possesso, ma un mero rapporto di detenzione qualificata con la res”.

L’accoglimento nei limiti di quanto esposto dei primi tre motivi comporta l’assorbimento del quarto, con il quale la società ricorrente contesta il governo delle spese operato dal giudice di appello.

Le spese del presente giudizio di Cassazione saranno regolate dal giudice del rinvio.

P.Q.M.

La Corte accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il primo, secondo e terzo motivo di ricorso, e dichiara assorbito il quarto. Cassa la decisione impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di Cassazione, ad altra sezione della Corte di Appello di Bari.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile, il 21 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 agosto 2019

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