Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21725 del 08/10/2020

Cassazione civile sez. I, 08/10/2020, (ud. 17/07/2020, dep. 08/10/2020), n.21725

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12801/2019 proposto da:

K.A.H., domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’Avvocato Luigi Mughini, giusta allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 736/2019 della CORTE DI APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 03/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/07/2020 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA.

 

Fatto

RITENUTO

che:

K.A.H., nato in (OMISSIS), propone ricorso per cassazione con due mezzi avverso la sentenza della Corte di appello di Caltanissetta che, confermando la decisione di primo grado, ha respinto la domanda di protezione internazionale in tutte le sue forme proposta del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, già denegata in sede amministrativa. Il Ministero dell’Interno ha replicato con controricorso.

Il ricorrente aveva narrato di essere fuggito dal proprio Paese per timore di essere arrestato perchè, avendo aderito al partito politico (OMISSIS) che sosteneva l’indipendenza e l’unità del Kashmir, aveva partecipato ad una manifestazione culminata in un intervento della polizia con spari e lancio di lacrimogeni; aveva riferito di essere stato successivamente informato della denuncia sporta a suo carico e dell’emissione di un mandato di arresto; di avere subito in passato torture per l’impegno politico e di temere di essere messo a mote in patria.

La Corte nissena ha ritenuto che le ragioni esposte in merito all’allontanamento dal Pakistan non erano credibili, rimarcando che le incongruenze ed inverosimiglianze, già poste in evidenza all’esito del primo grado di giudizio, non erano state chiarite dall’impugnante.

Ha, quindi, escluso, stante anche la non credibilità del suo racconto, la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, non ravvisando persecuzioni per motivi di razza, religione, opinioni politiche o appartenenza ad un gruppo sociale, e della protezione sussidiaria, non ritenendo che ricorresse, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), il rischio grave di morte o di assoggettamento a trattamenti inumani e degradanti, ed osservando che – sulla scorta dell’esame delle fonti accreditate (EASO 2017 ed EASO 2018) – doveva escludersi nella zona del Kashmir, che la sola presenza di civili nel territorio li esponesse ad un pericolo per la vita e la loro incolumità, rilevante ex art. 14, lett. c) della stessa Legge; infine, ha negato la protezione umanitaria, perchè la vicenda personale dedotta e documentata non appariva riconducibile a peculiari ragioni di vulnerabilità specifica, di guisa che l’allegata integrazione in Italia e l’attività lavorativa non risultavano decisive.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 4 e 5, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 27, comma 1 bis, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c).

Il ricorrente sostiene che la situazione socio/politica della zona dell’Azad Kashmir, in Pakistan, è caratterizzata da violenza indiscriminata e violazioni delle libertà individuali e che la decisione della Corte territoriale è errata laddove ha respinto la domanda di protezione sussidiaria ex art. 14, lett. b) e c) cit. perchè ha omesso l’esame di fatti decisivi per il giudizio, evincibili, a suo dire, dalle stesse fonti internazionali consultate.

Il motivo è fondato e va accolto.

La circostanza dedotta circa la pericolosità dello Stato di provenienza non trova smentita nella documentazione EASO richiamata, mentre non risulta effettuata – in adempimento dell’onere di cooperazione istruttoria – alcuna ricerca specifica sull’eventuale rimpatrio di un iscritto al (OMISSIS), nonostante che le ricerche sulle fonti debbano riguardare specificamente le problematiche in concreto poste dalla vicenda controversa.

2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, D.P.R. n. 394 del 1999, artt. 11 e 28 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, nonchè del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e l’omesso esame di fatti decisivi concernenti la domanda di protezione umanitaria.

L’esame del motivo è assorbito dall’accoglimento del primo.

3. In conclusione, va accolto i primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello di Caltanissetta in diversa composizione per il riesame e la statuizione sulle spese di legittimità.

PQM

– Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Caltanissetta in diversa composizione per il riesame e la statuizione sulle spese di legittimità.

Così deciso in Roma, il 17 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2020

 

 

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