Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21723 del 20/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 20/09/2017, (ud. 21/12/2016, dep.20/09/2017),  n. 21723

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10079-2010 proposto da:

G.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA G.

MERCALLI 46, presso lo studio dell’avvocato DINO COSTANZA,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA CARMELA PERNICE giusta

delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 78/2009 della COMM.TRIB.REG. della Lombardia

depositata il 16/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/12/2016 dal Consigliere Dott. MARIA ENZA LA TORRE;

udito per il ricorrente l’Avvocato COSTANZA per delega dell’Avvocato

PERNICE che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato BACHETTI che si riporta agli

atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS UMBERTO che ha concluso per l’inammissibilità ricorso in

subordine rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

G.A., svolgente attività di doppiatore, ricorre per la cassazione della sentenza della C.T.R. della Lombardia, n. 78/49/09 dep. il 16 ottobre 2009, che su impugnazione di avviso di accertamento per IVA, Irpef e Irap anno 2002, emesso in base ai parametri di cui alla L. n. 549 del 1995 (art. 3, comma 184) e del D.P.C.M. 29 gennaio 1996, confermando la decisione di primo grado, ha rigettato l’appello del G., ritenendo inapplicabile lo studio di settore (SK28U), da questi invocato, confermando la legittimità dell’accertamento effettuato in base ai c.d. parametri. Ciò in quanto non sarebbe stato assolto l’onere della prova contraria gravante sul contribuente, nè in fase di contraddittorio preventivo nè in giudizio.

L’Agenzia delle entrate si costituisce con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Col primo motivo del ricorso il ricorrente deduce violazione di legge (L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 181 e 187 e successivo D.P.C.M. 29 gennaio 1996 come mod. dal D.P.C.M. 27 marzo 1997, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d)), costituendo lo strumento parametrico mero supporto all’attività accertatrice e non autonomo strumento di quantificazione dei ricavi.

2. Il motivo è infondato.

Va sul tema data continuità alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale fase, infatti, quest’ultimo ha la facoltà di contestare l’applicazione dei parametri provando le circostanze concrete che giustificano lo scostamento della propria posizione reddituale, con ciò costringendo l’ufficio – ove non ritenga attendibili le allegazioni di parte – ad integrare la motivazione dell’atto impositivo indicando le ragioni del suo convincimento. Tuttavia, ogni qual volta il contraddittorio sia stato regolarmente attivato ed il contribuente ometta di parteciparvi ovvero si astenga da qualsivoglia attività di allegazione, l’ufficio non è tenuto ad offrire alcuna ulteriore dimostrazione della pretesa esercitata in ragione del semplice disallineamento del reddito dichiarato rispetto ai menzionati parametri (Cass. n. 17646/2014), potendo in tal caso motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli “standards”, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito (Cass. n. 11633/2013; n. 9484/2017).

3. Col secondo motivo si deduce violazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 bis conv. in L. n. 427 del 1993, sostenendo che i giudici di appello hanno applicato uno studio di settore incongruente, ritenendo erroneamente inapplicabile lo studio di settore più idoneo in relazione all’attività svolta (SK28U).

4. Questo motivo è fondato.

4.1.Sull’onere della prova nell’accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore, cui nemmeno l’Ufficio è dispensato, in ragione della peculiarità dell’azione di accertamento adottata, le S.U. (n. 26635 del 2009) hanno statuito che esso è così ripartito: a) all’ente impositore fa carico la dimostrazione dell’applicabilità dello standard prescelto al caso concreto oggetto dell’accertamento; b) al contribuente, che può utilizzare a suo vantaggio anche presunzioni semplici, fa carico la prova della sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possano essere applicati gli standard o della specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo cui l’accertamento si riferisce.

4.2.Nel caso di specie la C.T.R. non ha correttamente applicato il principio indicato, non valutando la congruità del parametro adottato dall’Ufficio ed escludendo l’applicabilità dello studio di settore adducendo che si tratta di “modello di calcolo basato su parametri non conformi a quelli previsti”.

4.3.Ciò è in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte, che non opera distinzioni sulla disciplina applicabile agli accertamenti basati su parametri e studi di settore, considerando anzi gli studi di settore un sistema più affidabile rispetto ai parametri (Cass. n. 25199/2008). L’accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri e degli studi di settore costituisce infatti un sistema unitario, frutto di un progressivo affinamento degli strumenti di rilevazione della normale redditività per categorie omogenee di contribuenti, per cui si giustifica l’applicazione retroattiva dello strumento più recente, che prevale rispetto a quello precedente, in quanto più raffinato e più affidabile (Cass. n. 23554 del 18/11/2015).

5. Il ricorso va pertanto accolto con riferimento al secondo motivo del ricorso, rigettato il primo, e la sentenza va cassata con riferimento al motivo accolto, con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, anche per le spese del presente giudizio.

PQM

 

Accoglie il secondo motivo del ricorso; rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Lombardia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2017

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