Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21723 del 06/09/2018

Cassazione civile sez. lav., 06/09/2018, (ud. 22/05/2018, dep. 06/09/2018), n.21723

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28032-2016 proposto da:

F.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 88, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO SANTONI, che

la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

AGENZIA PER LO SVILUPPO DEL SISTEMA TERRITORIALE DELLA VALLE DEL

SARNO S.P.A., già AGRO INVEST S.P.A., in persona

dell’amministratore unico e legale rappresentante pro tempore

domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la Cancelleria della

Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato VINCENZO

SENATORE giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 765/2016 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 26/09/2016 R.G.N. 339/2016.

Fatto

RILEVATO

CHE:

con sentenza depositata il 26.5.2016 la Corte di Appello di Salerno, in riforma della sentenza del Tribunale della medesima sede, ha respinto la domanda di F.D. di accertamento dello svolgimento di un rapporto di lavoro subordinato con l’Agenzia per lo sviluppo del sistema territoriale della Valle del Sarno s.p.a. in luogo della natura autonoma attribuita alla consulenza giornalistica concordata dalle parti avverso tale sentenza la lavoratrice ha proposto ricorso affidato a un motivo illustrato da memoria;

la società ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

la ricorrente deduce, con l’unico motivo, violazione e falsa applicazione degli artt. 2094 e 2222 c.c. in ordine alla natura subordinata del rapporto di lavoro (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), avendo la Corte territoriale attribuito valore determinante al nomen iuris del contratto intervenuto tra le parti nonchè fatto malgoverno degli elementi istruttori raccolti, tutti convergenti nel confermare la sussistenza del vincolo di subordinazione mediante ricorso a criteri distintivi sussidiari con particolare riguardo all’inserimento nell’ambito della organizzazione datoriale;

il motivo è inammissibile, richiedendo – anche ad onta dei richiami normativi in esso contenuti – una rivisitazione del materiale istruttorio affinchè se ne fornisca una valutazione diversa da quella accolta dalla sentenza impugnata, operazione non consentita in sede di legittimità neppure sotto forma di denuncia di vizio di motivazione (censura non proposta);

in ordine all’accertamento della controversa natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra le parti, ai fini della qualificazione di tale rapporto come autonomo ovvero subordinato, è sindacabile, nel giudizio di Cassazione, essenzialmente la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre la valutazione delle risultanze processuali in base alle quali il giudice di merito ha ricondotto il rapporto controverso all’uno od all’altro istituto contrattuale implica un accertamento ed un apprezzamento di fatto che, come tali, non possono essere censurati in sede di legittimità se sostenuti da motivazioni ed argomenti esaurienti ed immuni da vizi logici e giuridici (tra le molte, con riferimento all’accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro giornalistico, Cass. 21 ottobre 2000, -, n. 13945, Cass. 7 ottobre 2013 n.22785, Cass. 21 ottobre 2015 n. 21424, cui adde, in generale, Cass. 17 aprile 2009 n.9256, Cass. 4 maggio 2011 n.9808);

nello specifico, la Corte territoriale, ha indicato i criteri generali ed astratti che delineano la natura subordinata di un rapporto di lavoro (richiamando numerose statuizioni di questa Corte), criteri sui quali la ricorrente concorda, ed ha poi proceduto a valutare tutti i singoli elementi di fatto che connotavano il rapporto di lavoro della ricorrente al fine di verificare la sussistenza di un potere direttivo e disciplinare tipico del vincolo di subordinazione, pervenendo ad escluderne la configurabilità;

all’esito di una accurata ricognizione delle risultanze istruttorie, di natura sia documentale che testimoniale, sorretta da puntuale motivazione, esente da vizi logici e corretta sul piano giuridico, la Corte territoriale non ha ritenuto fondata la prospettazione della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato fra le parti, sia tenendo presente (pur non essendo determinante) il nomen iuris del contratto (di consulenza autonoma) stipulato fra le parti sia valutando il quadro probatorio “tutt’altro che univoco” relativo alla sottoposizione della F. al potere organizzativo, direttivo e disciplinare (da ritenersi insussistente, pag. 14 della sentenza impugnata) e all’osservanza di un preciso orario di lavoro (emergendo un mero coordinamento con le attività svolte dalla società, non smentito nè dall’uso di un badge elettronico nè dalla sottoposizione a visite mediche) sia, infine, rinvenendo elementi specifici volti ad escludere il vincolo di subordinazione (la mera comunicazione del piano ferie, l’eccezionalità ed occasionalità dell’episodio dell’adibizione al servizio centralino e protocollo, l’assenza di esclusività del rapporto di lavoro, pagg. 20-23);

in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile e le spese di lite sono regolate secondo il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.;

sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 22 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2018

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