Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21722 del 06/09/2018

Cassazione civile sez. lav., 06/09/2018, (ud. 22/05/2018, dep. 06/09/2018), n.21722

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20201/015 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS) in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 134 presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI,

rappresentata e difesa dall’avvocato TOSI PAOLO, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

C.P.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 405/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 21/08/2014 R.G.N. 24/2013.

La Corte, VISTI gli atti e sentito il consigliere relatore.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza n. 405 in data 5 giugno – 21 agosto 2014 la Corte di Appello di VENEZIA accoglieva per quanto di ragione il gravame interposto da C.P. contro POSTE ITALIANE S.p.a. avverso la pronuncia n. 621/14-12-2012 del Tribunale di Treviso, che aveva rigettato la domanda dell’attore, accertando invece l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra il C. e la resistente – appellata POSTE ITALIANE, fin dal primo luglio 2007, condannando quest’ultima a corrispondere l’indennizzo L. n. 183 del 2010, ex art. 32, all’uopo liquidato in cinque mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori, compensate tuttavia tra le parti le spese processuali per entrambi i gradi del giudizio;

che avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi POSTE ITALIANE, come da atto di cui alle relate in data sette – otto – 18 agosto 2015;

che C.P. è rimasto intimato;

che, successivamente, è stato depositato da parte ricorrente verbale di conciliazione in sede sindacale, datato quattro novembre 2015, con il quale il C. e la società POSTE ITALIANE hanno completamente definito la vertenza tra loro in corso, richiamando espressamente la suddetta pronuncia d’appello n. 405/5 giugno 2014, peraltro impugnata dalla società, e stabilendo, tra l’altro, che le spese di lite restano regolate secondo quanto previsto dai relativi provvedimenti giudiziali;

visto altresì l’atto di rinuncia da parte della società ricorrente, di cui alla richiesta di notifica a mezzo posta in data 11-12 maggio 2018 (del quale tuttavia manca l’avviso di ricevimento, da cui poter desumere la prova del perfezionamento di tale notificazione), però richiamando anche la precedente conciliazione del 4 novembre 2015.

Diritto

CONSIDERATO

pertanto (cfr., tra le altre, Cass. lav. n. 16341 del 13/07/2009) che la produzione, nel corso del giudizio di cassazione, del verbale di conciliazione tra le parti dimostra che è venuto meno l’interesse del ricorrente all’impugnazione, con la conseguenza che il ricorso deve ritenersi inammissibile per sopravvenuta cessazione della la materia del contendere, dovendosi valutare la sussistenza dell’interesse ad agire, e quindi anche ad impugnare, avuto riguardo non solo al momento in cui è proposta l’azione o l’impugnazione, ma anche a quello della decisione;

che, dunque, anche nella specie deve essere pronunciata la declaratoria di cessazione della materia del contendere, dovendosi inoltre prendere atto di quanto le parti hanno già direttamente provveduto mediante apposita pattuizione in tema di spese in sede di conciliazione (v. l’art. 92 c.p.c., u.c.: “Se le parti si sono conciliate, le spese si intendono compensate, salvo che le parti stesse abbiano diversamente convenuto nel processo verbale di conciliazione”), di guisa che nessun ulteriore provvedimento va disposto, tanto più poi che in questo giudizio il C. è rimasto intimato e senza svolgere alcuna difesa in suo favore;

che, altresì, nella specie, alla stregua pure dell’anzidetta declaratoria, non è applicabile nemmeno la normativa, in tema di raddoppio del contributo unificato, solo allorquando l’impugnazione venga disattesa, perchè interamente infondata nel merito, ovvero inammissibile o improcedibile, ma non già per motivi inerenti al venir meno dell’interesse ad agire o ad impugnare.

P.Q.M.

la CORTE dichiara CESSATA la MATERIA del CONTENDERE.

Così deciso in Roma, il 22 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2018

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