Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21719 del 29/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 29/07/2021, (ud. 05/05/2021, dep. 29/07/2021), n.21719

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. MELE Maria Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10582-2018 proposto da:

G.G., P.A., G.A., G.M.,

elettivamente domiciliate in ROMA, VIA A. GRAMSCI 14, presso lo

studio dell’avvocato ANTONELLA G., che le rappresenta e difende

unitamente agli avvocati MAURIZIO LEONE e CRISTIAN FEDREGHETTI;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5481/2017 della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA,

depositata il 19/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/05/2021 dal Consigliere Dott.ssa BALSAMO MILENA.

 

Fatto

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA

1. G.A., G.G. e G.M., nonché P.A. impugnavano l’avviso liquidazione per imposta di registro emesso dall’Ufficio per la liquidazione dell’imposta di registro dovuta per la registrazione dell’atto di compravendita di quote indivise di immobili siti nel Comune di Cirò, rideterminando il valore venale di mercato dei cespiti in Euro 529.304,75, con conseguente liquidazione di maggiore imposta di registro, ipotecaria e catastale, sul rilievo che la rettifica si fondava su metodi di valutazione difformi da quelli indicati dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51.

La CTP di Milano accoglieva il ricorso delle contribuenti.

Proposto appello da parte dell’Agenzia delle Entrate e quello incidentale da parte delle contribuenti, la CTR della Lombardia accoglieva il gravame ritenendo la congruità dei valori posti a base dell’accertamento.

Le contribuenti propongono ricorso, fondato su tre motivi, per la cassazione della sentenza della prefata Commissione n. 5481/2017, depositata il 19.12.2017. L’Amministrazione finanziaria resiste con controricorso.

Le contribuenti hanno replicato con memorie difensive ex art. 380 c.p.c..

Diritto

ESPOSIZIONE DEI MOTIVI DI DIRITTO

2. Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata, denunciando violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, e art. 112 c.p.c. nonché del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e dell’art. 111 Cost., comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), in quanto la motivazione della sentenza impugnata si condensa in “una mera affermazione di principio priva delle comprensibili ragioni logico -giuridiche che devono sorreggerla”.

Si deduce che la sentenza omette, sia nell’esposizione del fatto che nella motivazione, qualsiasi riferimento alla perizia di parte prodotta in giudizio con la quale le contribuenti contestavano la stima dell’Agenzia, nonché all’appello incidentale proposto dalle odierne ricorrenti, alle compravendite di immobili di tipologia simile a quelli oggetto della vendita soggetta a tassazione prodotti anch’essi nel giudizio ed, infine, ogni riferimento all’ulteriore documentazione allegata, risultando in sintesi una motivazione tautologica.

Si lamenta, altresì, l’omesso scrutinio delle censure all’atto impositivo fondate sul metodo utilizzato dall’ente finanziario che per i cespiti A), D) e G), è individuato nella capitalizzazione del beneficio fondiario adottabile solo per le valutazioni delle azienda, peraltro rapportata alla redditività media degli investimenti in titoli pubblici anziché a quella degli investimenti immobiliari; per gli immobili sub B) e sub E) è fondato sul metodo empirico dell’incidenza, moltiplicando il valore degli edifici per un coefficiente percentuale che rappresenta l’incidenza statistica del costo dell’area rispetto all’edificio, senza considerare per il primo l’impossibilità di ottenere la concessione e per il secondo la presenza di una servitù di metanodotto; per gli edifici sub C) si lamenta, invece, l’omesso esame delle deduzioni difensive che ponevano in risalto lo stato di abbandono e l’inagibilità dei cespiti.

3. Con la seconda censura si lamenta la violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere il decidente ritenuto la congruità dei valori stimati, nonostante l’amministrazione finanziaria avesse adottato un criterio di stima difforme da quello principale (metodo comparativo), nonché diverso da quello relativo al reddito netto di cui gli immobili sono suscettibili, capitalizzato al tasso mediamente applicato alla data detta e nella stessa località per gli investimenti immobiliari; criterio peraltro errato, in quanto sarebbero stati utilizzati, nell’ambito del metodo accertativo, gli immobili siti in Cirò Marina anziché quelli ubicati in Cirò.

4. Con il terzo motivo si lamenta la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3), del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42; per avere i giudici regionali omesso di esaminare l’appello incidentale proposto in relazione alla carenza di poteri del soggetto che aveva sottoscritto l’atto.

5.La prima censura è meritevole di accoglimento, assorbite le altre censure.

6. La motivazione si condensa in poche righe” verificati tutti gli atti, ritenendo che i valori posti a base dell’accertamento dell’ufficio fiscale siano congrui poiché derivanti da una stima e valutazione rispondenti al criterio valutativo dell’art. 51 TUIR, comma 2, il quale prevede che in presenza di atti che hanno oggetto immobili il valore da prendere a base sui cui vengono calcolate le imposte sono quelli dati dei valori comuni commerciali”.

Occorre premettere che, dopo la modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv. in L. n. 134 del 2012 – applicabile alla sentenza impugnata in quanto pubblicata successivamente alla data 11.9.2012 di entrata in vigore della norma modificativa-, non trova più accesso al sindacato di legittimità della Corte il vizio di mera insufficienza od incompletezza logica dell’impianto motivazionale per inesatta valutazione delle risultanze probatorie, qualora dalla sentenza sia evincibile una “regula juris” che non risulti totalmente avulsa dalla relazione logica tra “premessa (in fatto)-conseguenza (in diritto)” che deve giustificare il “decisum”.

Rimane quindi estranea al vizio di legittimità “riformato”, tanto la censura di “contraddittorietà” della motivazione, quanto la censura che, anteriormente alla modifica della norma processuale, veicolava il vizio di “insufficienza” dello svolgimento argomentativo. La nuova formulazione del vizio di legittimità, introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134 che ha sostituito dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ha infatti limitato la impugnazione delle sentenze in grado di appello o in unico grado per vizio di motivazione alla sola ipotesi di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, con la conseguenza che, al di fuori dell’indicata omissione, il controllo del vizio di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, ed individuato “in negativo” dalla consolidata giurisprudenza della Corte – formatasi in materia di ricorso straordinario – in relazione alle note ipotesi di mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale; motivazione apparente; manifesta ed irriducibile contraddittorietà; motivazione perplessa od incomprensibile, che si convertono nella violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), e che determinano la nullità della sentenza per carenza assoluta del prescritto requisito di validità(cfr. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; id. Sez. U, Sentenza n. 19881 del 22/09/2014; id. Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016; n. 23940/2017; n. 22598/2018).

Consegue che, se per un verso deve ritenersi oramai esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, è pur vero che, per altro verso, il provvedimento il cui apparato argomentativo si colloca al di sotto della predetta soglia “minima costituzionale” è censurabile per omessa osservanza dell’obbligo di motivazione affermato dall’art. 111 Cost., comma 6, e dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, concretando tale omissione una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (v. Sez. 3, Sentenza n. 7402 del 23/03/2017, Rv. 643692).

Ebbene, nella descritta situazione manca qualsiasi indicazione della ragione giuridica o fattuale che ha determinato l’accoglimento del gravame (14762/2019; Cass. n. 7402/2017), sicché la sentenza, là dove ha adottato la suesposta generica tecnica motivazionale, risulta pure sostanzialmente inesistente; non bastando né l’allusione del tutto astratta “ai valori commerciali comuni” né il riferimento generico alla congruità delle stime.

In particolare, la CTR ha omesso di esaminare gli elementi probatori offerti dalle contribuenti che risultano oggetto di specifica allegazione (cfr. pag. 6 e ss del ricorso, docc. 4,9,12,13 riprodotti nel presente giudizio oltre quelli localizzati nel giudizio di merito); nonostante la loro produzione, il decidente ha completamente trascurato di esaminarli, omettendo di indicare le fonti probatorie dalle quali origina il suo convincimento e di svolgere il dovuto apprezzamento in ordine alla inidoneità degli elementi probatori offerti a superare i criteri astratti posti a base della rettifica. Con ciò confermando l’apoditticità della motivazione che non ha dato conto né delle evidenze documentali presenti in atti (tra cui la perizia di parte e gli atti di compravendita allegati), né del possibile utilizzo delle presunzioni che potevano indurre a superare o meno la valutazione indicata dall’ufficio. Dimenticando i giudici territoriali che “in tema di valutazione delle prove ed in particò lare di quelle documentali, il giudice di merito è tenuto a dare conto, in modo comprensibile e coerente rispetto alle evidenze processuali, del percorso logico compiuto al fine di accogliere o rigettare la domanda proposta, dovendosi ritenere viziata per apparenza la motivazione meramente assertiva o riferita solo complessivamente alle produzioni in atti.” (Cass. SS.UU. n. 22232 del 2016; n. 26538 del 2017; Cass. n. N. 9105 del 2017; Cass. n. 16247/2018).

5. La sentenza, pertanto, deve essere cassata in relazione alla prima censura proposta, assorbita la seconda, con rinvio alla CTR della Lombardia che, in diversa composizione, dovrà riesaminare la controversia.

Il giudice del rinvio provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte:

Accoglie il primo motivo ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione.

Il giudice del rinvio provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della sezione tributaria, tenutasi da remoto, il 5 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2021

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