Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21718 del 20/10/2011

Cassazione civile sez. trib., 20/10/2011, (ud. 13/01/2011, dep. 20/10/2011), n.21718

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

M.L.;

– intimato –

sul ricorso 21622-2006 proposto da:

M.L. in qualità di erede di M.R.,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA QUINTINO SELLA 23 presso lo

studio dell’avvocato CANCRINI VINCENZO, rappresentato e difeso

dall’avvocato DEL SAVIO MARIO, giusta delega a margine;

– controricorrente e ric. Inc.le –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrenti a. ric. inc.le –

avverso la sentenza n. 42/2 005 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 31/03/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/01/2011 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito per il ricorrente l’Avvocato ALBENZIO GIUSEPPE, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale, il rigetto dell’incidentale;

udito per il resistente l’Avvocato CANCRINI VINCENZO per delega DEL

SAVIO MARIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso incidentale,

il rigetto di quello principale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale assorbito l’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. I fatti di causa.

In data 18.5.1992 veniva stipulato atto pubblico di compravendita immobiliare (registrato in data 8.6.1992 al n. 4297) tra M. L. e M.R. – alienanti – e C.C. – acquirente – relativo ad un terreno in località (OMISSIS) sottoposto a condizione sospensiva del pagamento del prezzo: a tal fine veniva rilasciato un effetto cambiario con scadenza 30.4.1993, mentre la parte alienante rinunciava alla ipoteca legale. Il contratto veniva risolto per mutuo consenso con atto pubblico in data 1.6.1992 (registrato il 22.6.1992 al n. 4577) e nella medesima data 1.6.1992 le stesse parti stipulavano un nuovo contratto di compravendita, con contenuto identico al precedente (registrato il 22.6.1992 al n. 4580) risultando modificato soltanto il soggetto acquirente ( C.C. n.q. di rapp.te legale della Commercio Alimentare di Cilento Carlo s.a.s.).

Il pagamento del prezzo pattuito per la vendita, pari a L. 120.000.000, venne eseguito in data 26.8.1995, come da registrazione in pari data dell’atto di quietanza con dichiarazione di avveramento della condizione sospensiva.

In relazione ai due atti di compravendita l’Ufficio del Registro di Caserta, rettificato il valore dell’immobile dichiarato nei predetti atti dalle parti contraenti e riqualificata la condizione apposta ai contratti di vendita come risolutiva anzichè sospensiva, emetteva avvisi di accertamento e di liquidazione della maggiore imposta di registro ed INVIM nonchè irrogava le relative sanzioni pecuniarie, atti che venivano tutti impugnati con quattro distinti ricorsi dal M. avanti la CTP di Caserta e da questa decisi con pronunce di rigetto.

Avverso le quattro sentenze di primo grado proponeva appello il M. sostenendo la illegittimità della modifica da parte dell’Ufficio della qualificazione giuridica, da sospensiva a risolutiva, della condizione apposta ai contratti di compravendita, e nel corso del giudizio deduceva, depositando memoria con documentazione allegata, la sopravvenuta definizione delle controversie aventi ad oggetto la impugnazione degli avvisi di accertamento e liquidazione ai fini registro e INVIM concernenti il secondo atto di compravendita registrato al n. 4580, ai sensi della L. n. 289 del 2002, a seguito dell’eseguito versamento, nella misura del 25%, dell’intero carico iscritto a ruolo.

Riuniti i giudizi pendenti in grado di appello, la CTR di Napoli con sentenza in data 31.3.2005:

– dichiarava cessata la materia dei contendere relativamente alle impugnazioni delle sentenze della CTP di Caserta n. 676/12/2001 (ovvero n. 676/16/2001 o 2002: il dato è riportato diversamente nella intestazione, nella parte motiva e nel dispositivo della sentenza impugnata) e n. 669/16/2001 (concernenti la seconda compravendita reg. n. 4580) in ordine alle quali era intervenuta la definizione della lite ai sensi della L. n. 289 del 2002;

– accoglieva gli appelli proposti avverso le sentenze della CTP di Caserta n. 86/16/2001 e n. 493/10/2001 (concernenti il primo atto di compravendita reg. n. 4297, poi risolto dalle parti per mutuo consenso), dichiarando compensate le spese.

Avverso tale sentenza, non notificata, hanno proposto ricorso per cassazione il Ministero della Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate deducendo con due motivi plurime violazioni di norme di diritto.

Ha resistito il contribuente con controricorso, eccependo la inammissibilità del ricorso principale e proponendo ricorso incidentale condizionato deducendo con un unico motivo vizio di violazione di norme di diritto nonchè vizio di omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

I ricorrenti principali hanno controdedotto alla impugnazione incidentale depositando controricorso ai sensi dell’art. 371 c.p.c., comma 4 ed eccependo la inammissibilità del ricorso incidentale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Le questioni pregiudiziali e preliminari.

1.1 La eccezione inammissibilità del ricorso principale per decorrenza del termine perentorio è infondata.

La sentenza è stata depositata il 31.3.2005 e non è stata notificata.

la notifica del ricorso è stata eseguita ai sensi dell’art. 149 c.p.c., come risulta dalla relata di notifica sottoscritta dall’Ufficiale giudiziario che attesta di aver spedito l’atto a mezzo del servizio postale in data 17.5.2006 (coincidente con la data di spedizione riportata sull’avviso di ricevimento della raccomandata AR). Il ricorso, con annotazione a margine “si notifichi entro 16/5/06 ult. Giorno” risulta accettato, dietro esazione dei diritti postali, dall’Ufficio Notifiche in data 16.5.2006, come emerge dal timbro di liquidazione “tasse erariali in abbonamento bollo” recante il n. 15784 cronologico ricorsi” e sigla – illeggibile – apposto sull’atto e che, in assenza di specifica contestazione della riferibilità della sigla all’organo della notificazione ovvero della impugnazione di falso del timbro-protocollo, la prova della tempestiva consegna dell’atto all’Ufficiale giudiziario bene può ricavarsi dalla data indicata dal timbro apposto sul ricorso (cfr.

Corte cass. 3^ sez. 28.7.2005 n. 15797 – secondo cui la prova certa della data di consegna dell’atto “può essere desunta anche al timbro apposto sull’atto da notificare, recante il numero del registro cronologico e la data, con la specifica delle spese, ancorchè non sottoscritta dall’ufficiale giudiziario, dovendosi presumere, che il timbro sia conforme all’annotazione su detto registro che a fede fino a querela di falso… “-; id. SU 20.6.2007 n. 14294; id. sez. lav.

1.9.2008 n. 22003).

Ne consegue che le parti ricorrenti hanno assolto nel termine perentorio di cui all’art. 327 c.p.c., comma 1 (cui rinviano il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 2, art. 51, comma 1 e art. 38, comma 3), con la consegna dell’atto all’Ufficiale giudiziario, tutte le attività necessarie ad attivare le competenze amministrative dell’organo della notifica, non potendo imputarsi al ricorrente i tempi occorrenti all’espletamento di attività non riconducibili alla sua sfera di controllo (cfr. Corte cost. sent. 2.11.2002 n. 477).

1.2 Va preliminarmente dichiarata “ex officio” l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, per difetto di legittimazione attiva, non avendo assunto l’Amministrazione statale la posizione di parte processuale nei giudizi riuniti in appello avanti la CTR della Campania nei quali risulta costituita come parte appellata soltanto l’Ufficio di Casetta della Agenzia delle Entrate, in data successiva all’1.1.2001 (subentro delle Agenzie fiscali a titolo di successione particolare ex lege nella gestione dei rapporti giuridici tributari pendenti in cui era parte l’Amministrazione statale), con conseguente implicita estromissione della Amministrazione statale ex art. 111 c.p.c., comma 3 (cfr. Corte cass. SS.UU. 14.2.2006 n. 3116 e 3118).

Non avendo il ricorso proposto dal Ministero comportato ulteriore aggravio di attività difensiva per il resistente si ravvisano giusti motivi per compensare tra te parti le spese di lite.

2. La motivazione della sentenza impugnata.

Decidendo previa riunione dei procedimenti in grado di appello sulle impugnazioni proposte dal M. avverso le decisioni n. 86/16/2002, n. 669/16/2002, n. 493/10/2002, n. 676/12/2002 emesse dalla CTP di Casetta, la sentenza 31.3.2005 n. 42 della CTR di Napoli così motiva: “prendendo atto che le contestazioni…risultano definite a seguito del pagamento nella misura del 25% dell’intero carico iscritto a ruolo alfine di godere del beneficio di cui alla L. n. 289 del 2002 come da documentazione allegata”, dichiara cessata la materia del contendere in ordine ai giudizi (iscritti in grado di appello ai nn. 11825/2002 e 11827/2002 RG.) aventi ad oggetto, rispettivamente, la impugnazione della sentenza della CTP di Caserta n. 669/16/2001 (con la quale veniva rigettato il ricorso avverso l’avviso di liquidazione della imposta suppletiva ai fini INVIM e di registro – avendo l’Ufficio rettificato con avviso di accertamento il presupposto di imposta mediante riqualificazione giuridica della condizione apposta al contratto come risolutiva anzichè sospensiva – inerente la seconda compravendita immobiliare stipulata in data 1.6.92 e registrata al n. 4580 in data 22.6.1992), e la impugnazione della sentenza del CTP di Caserta n. 676/12/2001 (ovvero n. 676/16/2001 con la quale era stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso l’avviso di accertamento del maggior valore concernente il medesimo atto di compravendita) ha ritenuto fondati i ricorsi in appello (iscritti ai nn. 11823/02 ed 11826/02) proposti avverso la sentenza della CTP di Caserta n. 86/16/2001 (che aveva rigetto il ricorso proposto avverso l’avviso di accertamento del maggior valore ai fini INVIM e della imposta di registro – avendo l’Ufficio rettificato con avviso di accertamento il presupposto di imposta mediante riqualificazione giuridica della condizione apposta al contratto come risolutiva anzichè sospensiva -, relativo alla prima compravendita stipulata il 18.5.1992 e registrata al n. 4297 in data 8.6.1992, successivamente risolta per mutuo dissenso) ed avverso la sentenza della medesima CTP n. 493/10/2001 (che aveva rigettato il ricorso proposto avverso l’avviso di liquidazione della imposta suppletiva ed irrogazione della sanzione pecuniaria emesso in relazione al medesimo atto di compravendita), ritenendo che l’atto di trasferimento fosse sottoposto a condizione sospensiva “in quanto il pagamento rappresenta un fatto futuro ed incerto” e “la espressa rinunzia alla ipoteca conferma l’assenza di un immediato trasferimento del bene, legato al pagamento dell’intero prezzo”.

3. Il ricorso principale.

La sentenza della CTR di Napoli 31.3.2005 è stata impugnata con ricorso per cassazione affidato a due motivi, entrambi rubricati come vizio di violazione e falsa applicazione di norma di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), rilevando:

– quanto al capo relativo alla dichiarazione di cessazione della materia del contendere, la violazione della L. n. 289 del 2002, art. 16 che subordina la pronuncia di estinzione della lite alla previa verifica da parte dell’Ufficio della regolarità della domanda del contribuente di ammissione ai benefici della legge, nonchè alla comunicazione dell’Ufficio dell’avvenuto intero pagamento della imposta dovuta, condizioni insussistenti nel caso di specie – quanto alla statuizione di merito, la violazione dell’art. 1498 c.c. e segg., degli artt. 1325, 1353, 1355, 1376 c.c. e del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 27 avendo il giudice del gravame fatta erronea applicazione delle norme che disciplinano gli elementi accidentali del contratto, confondendo la prestazione principale con l’evento dedotto in condizione; attribuendo erroneamente alla “clausola che prevede l’annotazione a margine della trascrizione della quietanza di pagamento” gli effetti sospensivi della efficacia traslativa, che neppure potevano desumersi dalla rinuncia della parte alienante alla ipoteca legale.

4. La difesa dell’intimato: il controricorso ed il ricorso incidentale.

Ha resistito M.L. con controricorso e ricorso incidentale condizionato.

Il resistente ha aderito alla ricostruzione dei fatti compiuta dal Giudice di merito precisando che nel corso del giudizio, emanata la L. n. 289 del 2002, aveva inteso avvalersi dei benefici di cui all’art. 12 della legge, e non alla sanatoria prevista dall’art. 16, alla quale erroneamente veniva fatto riferimento nel ricorso principale, e per la quale soltanto ai fini della estinzione del giudizio era richiesta la previa attestazione di regolarità dell’Ufficio finanziario: correttamente pertanto la CTR della Campania aveva pronunciato la cessazione della materia del contendere in relazione ai due giudizi indicati.

Ha inoltre censurato la sentenza della CTR, con l’unico motivo cui ha affidato il ricorso incidentale condizionato, per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 20, 27 e 28 e degli artt. 1371, 1321 e 2655 c.c. nonchè per omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, avendo omesso i giudici di appello di pronunciare sul motivo di appello concernente gli effetti estintivi “ex tunc” che dovevano riconoscersi all’atto di mutuo dissenso, con conseguente risoluzione dell’originario contratto di compravendita registrato al n. 4297 che doveva intendersi come non mai concluso e quindi non assoggettabile a tributo.

5. La valutazione della Corte sulla fondatezza dei motivi.

5.1. I motivi dedotti con il ricorso principale.

5.1.1. Il primo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.

Premesso che la L. 27 dicembre 2002, n. 289 disciplina nel Titolo 2^, Capo 2^, distinte modalità di concordato dei rapporti tributari, e che, in particolare per quanto interessa la presenta causa, la “definizione dei carichi di ruolo pregressi” ex art. 12 della legge (mediante la quale i contribuenti, in relazione ai carichi iscritti nei ruoli consegnati al concessionario per la riscossione entro il 31.12.2000, possono estinguere il debito senza corrispondere di interessi di mora con il pagamento di una somma pari al 25% dell’importo iscritto a ruolo) costituisce un procedimento del tutto autonomo dalla “chiusura delle liti fiscali pendenti” prevista, invece, dall’art. 16 legge (che consente una definizione agevolata dei giudizi, a domanda del contribuente e con il pagamento delle somme ivi determinate, condizionata alla comunicazione dell’Ufficio della regolarità di detta domanda e dell’avvenuto integrale pagamento di quanto dovuto) con la conseguenza che in tema di condono fiscale, le somme versate dal contribuente, ai sensi della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 12 ad estinzione del debito inerente a carichi di ruolo pregressi, non possono essere in alcun modo tenute in conto nella determinazione dell’importo da versare per ottenere la definizione agevolata della lite fiscale pendente, ai sensi della legge cit., art. 16, trattandosi di procedure di definizione connotate da un’indiscutibile autonomia, cui corrisponde una diversa disciplina sostanziale e processuale, e tra le quali non è quindi ipotizzabile alcuna interferenza (cfr. Corte cass. 5^ sez. 20.4.2006 n. 9328), rileva il Collegio che il motivo in esame difetta della compiuta “esposizione dei fatti richiesta dall’art. 366 c.p.c., n. 3): viene dato, infatti, per scontato che il contribuente abbia richiesto la definizione del contenzioso ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16 e che il giudice abbia (falsamente) applicato tale norma, senza tuttavìa fornire alcuna indicazione degli elementi testuali contenuti nella sentenza dai quali emergerebbe il vizio dedotto (errata applicazione della norma di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 16 ad una fattispecie concreta non corrispondente, in tutto od in parte, allo schema normativo astratto: vizio c.d.

sussuntivo), tenuto conto peraltro che la lettura della motivazione della sentenza impugnata (“le contestazioni…risultano definite a seguito del pagamento nella misura del 25% dell’intero carico iscritto a ruolo …come da documentazione allegata) deporrebbe per una palese smentita della tesi sostenuta dalla ricorrente principale, coincidendo gli elementi circostanziali indicati con gli adempimenti specificamente richiesti dal concordato disciplinato dalla L. n. 289 del 2002, art. 12 (cfr. Corte cass. 5^ sez. 8.7.2005 n. 14440 – citata al resistente -; id. 5^ sez. 3.2.006 n. 2410; id. 5^ sez. 23.6.2006 n. 14666).

Alla genericità ed incompletezza del motivo segue la sanzione della inammissibilità come ripetutamente affermato da questa Corte: ed infatti quando nel ricorso per cassazione è denunziata violazione e falsa applicazione di norme di diritto, il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve essere dedotto non solo mediante la puntuale indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina;

diversamente il motivo è inammissibile, in quanto non consente alla Corte di Cassazione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (cfr. Corte cass. 3^ sez. 16.1.2007 n. 828; id. 3^ sez. 7.5.2007 n. 10295).

E’ appena il caso di aggiungere che, se poi, la ricorrente avesse invece voluto contestare, se pure erroneamente indicando in rubrica l’art. 360 c.p.c., comma 12, n. 3), l’errore commesso dal Giudice nella ricostruzione della fattispecie concreta, risolventesi in una insufficiente, contraddittoria od omessa motivazione della sentenza (vangano cioè in discussione il fatto concreto e la rappresentazione dello stesso fornita dagli elementi probatori vedi Corte cass. 3^ sez. 18.3.1995 n. 3205 che esclude la possibilità di giustapposizioni tra i due vizi di legittimità), avrebbe dovuto indicare e trascrivere l’integrale contenuto dei documenti prodotti in giudizio ed asseritamente valutati in modo incongruo dal Giudice di merito, in difetto di tale adempimento rimanendo precluso l’accesso del ricorso al sindacato di legittimità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4).

5.1.2. Il secondo motivo – relativamente alla censura prospettata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – deve essere rigettato in quanto la ricorrente, attraverso l’apparente denuncia del vizio di violazione di norme di diritto sostanziale, intende richiedere alla Corte un inammissibile riesame delle valutazioni in fatto (ricerca ed individuazione della volontà dei contraenti) riservate in via esclusiva al Giudice di merito (cfr. Corte cass. 3^ sez. 17.3.2005 n. 5788; id. 3^ sez. 16.11.2005 n. 23077).

Deve infatti condividersi il principio espresso da questa Corte secondo cui “l’interpretazione del contratto, dal punto di vista strutturale, si collega anche alla sua qualificazione e la relativa complessa operazione ermeneutica si articola in tre distinte fasi: a) la prima consiste nella ricerca della comune volontà dei contraenti;

b) la seconda risiede nella individuazione del modello della fattispecie legale; c) l’ultima è riconducibile al giudizio di rilevanza giuridica qualificante gli elementi di fatto concretamente accertati Le ultime due fasi, che sono le sole che si risolvono nell’applicazione di norme di diritto, possono essere liberamente censurate in sede di legittimità, mentre la prima – che configura un tipo di accertamento che è riservato al giudice di merito, poichè si traduce in un’indagine di fatto a lui affidata in via esclusiva – è normalmente incensurabile nella suddetta sede, salvo che nelle ipotesi di motivazione inadeguata o di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, così come previsti nell’art. 1362 c.c. e segg.” (cfr. Corte cass. 3^ sez. 7.12.2005 n. 27000. Giurisprudenza consolidata: id. sez. lav. 12.11.2004 n. 21555; id. 2^ sez. 16.9.2004 n. 18670; id. 1^ sez. 2.5.2006 n. 10131; id. sez. lav. 7.10.2008 n. 24733; id. sez. lav. 4.5.2009 n. 10232).

Orbene la mera indicazione in rubrica della norma (art. 1362 c.c.) relativa al criterio ermeneutico della comune intenzione delle parti, è del tutto insufficiente ad assolvere ai requisiti di cui all’art. 366 c.p.c. in quanto l’enunciazione come motivo di ricorso per cassazione della violazione delle norme sostanziali di interpretazione, di cui all’art. 1362 c.c., comma 1, e all’art. 1363 cod. civ., per violazione del canone di ermeneutica della comune intenzione delle parti e di quello della interpretazione complessiva delle clausole, comporta che il ricorrente indichi, rispettivamente, gli elementi di fatto che, al di là delle letteralità della dichiarazione negoziale, non sarebbero stati considerati dal giudice di merito e avrebbero, invece, dovuto al di là di essa rivelare la comune intenzione delle parti, e quelle parti del regolamento contrattuale che non sarebbero state considerate da quel giudice, sì da rivelare che questi non ha proceduto all’interpretazione complessiva (cfr. Corte cass. 3^ sez. 7.12.2004 n. 22979).

Nella specie la ricorrente, oltre ad omettere la trascrizione del contenuto delle disposizioni contrattuali interessate dalla censura (clausola condizionale) delle quali contesta la erronea interpretazione da parte del Giudice di appello, impedendo a questa di Corte di verificare la congruità e pertinenza del vizio denunciato, incentra interamente la argomentazione a supporto del motivo prospettando una propria interpretazione del contenuto contrattuale (affermando – apoditticamente – che nella specie doveva ravvisarsi una condizione meramente potestativa, e dunque nulla, senza peraltro neppure indicare gli elementi negoziali che, nella fattispecie concreta, conducevano a tale conclusione differenziando tale clausola dalla apposizione di una altrimenti valida, condizione potestativa semplice: e limitandosi a negare che dal comportamento delle parti) che se, da un lato, omette di evidenziare l’errore in cui sarebbe incorso il Giudice di merito nella applicazione del criterio ermeneutico asseritamente violato, dall’altro, e ciò è sufficiente ad impedire l’accesso al sindacato di legittimità anche della seconda censura (vizio motivazionale) prospettata con il secondo motivo di ricorso per cassazione, si risolve nella mera contrapposizione di una soggettiva ricostruzione dei fatti di causa operata dalla parte a quella compiuta dal Giudice di merito ex sè idonea a fondare la decisione. Costituisce affermazione costante dio questa Corte che nella denuncia dei vizi c.d. motivazionali ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) il requisito di specificità posto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4) richiede precisa indicazione di carenze o di lacune nelle argomentazioni sulle quali si basano la decisione o il capo di essa censurato, ovvero la specificazione delle illogicità, consistenti nell’attribuire agli elementi di giudizio considerati un significato fuori dal senso comune, od ancora la mancanza di coerenza fra e varie ragioni esposte, quindi l’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti e l’insanabile contrasto degli stessi. Onde è che risulta inidoneo allo scopo di far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice di merito alla opinione che i essi abbia la parte e , in particolare, il prospettare un soggettivo preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità della valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell’iter formativo di tale convincimento. Diversamente si risolverebbe il motivo di ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, in un “inammissibile istanza di revisione delle valutazioni effettuate, ed in base ad esse, delle conclusioni raggiunte dal giudice di merito ” (cfr. Corte cass. sez. lav. 23.5.2007 n. 12052;

id. 1 sez. 7.3.2007 n. 5274; id. 3^ sez. 5.3.2007 n. 5066; id. sez. lav. 23.12.2009 n. 27162).

6. Il ricorso incidentale.

Il ricorso incidentale – pur se condizionato all’accoglimento del ricorso principale – deve essere ex officio dichiarato inammissibile in virtù del consolidato orientamento di giurisprudenziale questa Corte per cui “presupposto della dichiarazione di assorbimento del ricorso incidentale condizionato conseguente al rigetto del ricorso principale è l’ammissibilità del ricorso incidentale medesimo. Di vero, la dichiarazione di assorbimento del ricorso incidentale condizionato, che consegue all’accertamento dell’infondatezza del ricorso principale (condizionante), comporta pur sempre un apprezzamento del merito dell’impugnazione condizionata, il quale, a sua volta, implica l’ammissibilità di questa e la subordinazione dell’interesse ad impugnare del ricorrente incidentale alla riconosciuta fondatezza del ricorso principale. Se il ricorso incidentale è invece a priori inammissibile, la subordinazione dell’interesse ad impugnare all’accoglimento, anche parziale, del ricorso principale non vale ad impedire alla Corte di Cassazione l’esercizio del suo potere-dovere di accertarne e dichiararne l’inammissibilità, indipendentemente da qualunque eccezione sollevata dalle parti.” (cfr. Corte cass. 2^ sez. 26.6.2001 n. 8732;

id. 2^ sez. 22.8.2003 n. 12344; id. 5^ sez. 2.4.2004 n. 6542; vedi Corte cass. 2^ sez. 28.2.2007 n. 4787; id. 2^ sez. 9.6.2010 n. 13882).

Nella specie il contribuente è risultato pienamente vittorioso nel merito avendo la CTR accolto gli appelli proposti dal M., difettando, pertanto, la situazione di interesse (soccombenza, totale o parziale) che sola legittima la parte alla impugnazione. Ne consegue che deve dichiararsi inammissibile il ricorso incidentale condizionato con il quale la parte vittoriosa nel giudizio di merito sollevi questioni che siano rimaste assorbite, avendo il giudice di merito attinto la “ratio decidendi” da altre questioni di carattere decisivo, in quanto tali questioni, in caso di accoglimento del ricorso principale, possono essere riproposte davanti al giudice di rinvio (cfr. Corte cass. 1^ sez. 18.10.2006 n. 22346; id. 2^ sez. 28.2.2007 n. 4787; id. 1^ sez. 15.2.2008 n. 3796; id. 3^ sez. 26.4.2010 n. 9907).

7. La decisione sui ricorsi e sulle spese di lite.

Inammissibile il ricorso proposto dal Ministero della Economia e delle Finanze, con integrale compensazione delle spese di lite tra le parti, deve essere rigettato il ricorso principale proposto dalla Agenzia delle Entrate, e dichiarato inammissibile per difetto di interesse il ricorso incidentale condizionato proposto dal contribuente. La reciproca soccombenza giustifica la integrale compensazione delle spese del presente giudizio tra la Agenzia delle Entrate e M.L..

P.Q.M.

La Suprema Corte di cassazione, riuniti i ricorsi principale ed incidentale ai sensi dell’art. 335 c.p.c.:

– dichiara inammissibile il ricorso proposto dal Ministero della Economia e Finanze, dichiarando interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio;

– rigetta il ricorso principale proposto dalla Agenzia delle Entrate;

– dichiara inammissibile il ricorso incidentale condizionato;

– dichiara interamente compensate tra l’Agenzia delle Entrate e M.L. le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 13 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2011

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