Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21707 del 14/10/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 21707 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 1944-2013 proposto da:
ATAC SPA 06341981006 quale incorporante di Trambus SpA in
persona dell’Amministratore Delegato e legale rappresentante protempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPEO
MAGNO 23/A, presso lo studio degli avvocati GIAMPIERO PROIA
e MAURO PETRASSI, che la rappresentano e difendono unitamente
all’avv. GIANFRANCESCO REGARD, giusta delega a margine del
ricorso;
– ricorrente contro
ZUCCARI LUIGI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
COSSERIA 2, presso lo studio dell’avvocato RICCARDO
FARANDA (Studio Legale Associato Faranda Crupi Dell’Alpi), che lo
rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;

Data pubblicazione: 14/10/2014

- controricorrente –

avverso la sentenza n. 6544/2011 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 26.9.2011, depositata il 12/01/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

udito per la ricorrente l’Avvocato Mauro Petrassi che si riporta agli
scritti.

Ric. 2013 n. 01944 sez. ML – ud. 15-07-2014
-2-

15/07/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES;

FATTO E DIRITTO
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 15 luglio
2014, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a
norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
” Con sentenza del 12 gennaio 2012 la Corte di Appello di Roma

pronuncia di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dal
lavoratore Zuccari Luigi, inteso ad ottenere la conversione del rapporto di
formazione e lavoro in rapporto di lavoro subordinato a tempo
indeterminato sin dalla sua stipulazione, la declaratoria del diritto
all’inquadramento nel 6^ livello parametro 158 del CCNL anche per il
periodo del C.F.L. e del diritto al trattamento, anche economico, previsto
dagli accordi nazionali del 11.4.1995 e del 25.7.1997, nonché dall’accordo
aziendale del 11.7.00, relativo all’emolumento mensile denominato E.R.S.
(emolumento di riordino del sistema retributivo).
Veniva evidenziato nella pronunzia del giudice del gravame, per quello che
ancora rileva, che mancava la prova dell’adempimento degli obblighi
formativi, giacché al momento dell’assunzione il lavoratore era stato subito
inserito nel ciclo produttivo aziendale il che non sarebbe potuto avvenire
se non fosse stato in grado di compiere adeguatamente le mansioni di
conducente di linea.
Quanto all’E.R.S., il tenore della norma – secondo quanto affermato dalla
Corte del merito — non autorizzava l’esclusione tra i suoi beneficiari dei
lavoratori che fossero stati ritenuti in servizio alla data dell’11.7.2000 con
sentenza successiva, quale quella che disponeva la conversione del
rapporto di formazione e lavoro, nè la interpretazione della norma fornita
con accordo sindacale del 24.3.2005 poteva essere considerata priva di
valore innovativo, prevedendosi nello stesso un nuovo requisito per

I

respingeva il gravame proposto dalla Trambus spa, nei confronti della

potere beneficiare dell’ERS, ossia che l’assunzione fosse anteriore al
2.3.2000.
La domanda riconvenzionale della Trambus per la restituzione delle
somme erogate quale straordinario oltre le 37 ore settimanali non poteva,
poi, trovare accoglimento, atteso che la declaratoria di nullità della

dell’orario di lavoro in deroga alla contrattazione nazionale ed in
violazione dell’art. 5 ter DL n. 702 del 1978 introdotto con la legge di
conversione n. 1/1979 non poteva essere pronunciata come affermato in
numerose decisioni di questa Corte, e, in ogni caso, non vi era la prova
dell’effettivo espletamento dello straordinario effettuato dopo la 37° ora
settimanale.
Per la cassazione di tale decisione propone ricorso l’ATAC affidato a tre
motivi.
Resiste con controricorso lo Zuccari.
Con il primo motivo, l’ATAC s.p.a., incorporante la Trambus spa,
denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 12 disp. gen., in relazione
al D.L. n. 726 del 1984, art. 3, convertito in L. n. 863 del 1984, assumendo
che un eventuale vizio genetico della causa del contratto di formazione
non può essere idoneo a determinarne la conversione in rapporto di
lavoro a tempo indeterminato, non afferendo il vizio all’adempimento
degli obblighi formativi. Rileva che la funzione precipua del c.f.l. è quella
di favorire la costituzione di rapporti di lavoro subordinato per i giovani e
tale finalità è prevalente su quella meramente formativa evidenziando che,
nella specie, gli allora ricorrenti erano stati assunti a tempo indeterminato
allo scadere del contratto di formazione e lavoro e ciò costituiva la
dimostrazione che il contratto aveva raggiunto lo scopo cui era
preordinato. Sottolinea che un significato interpretativo può trarsi dal
d.lgs. n. 276 del 2003 il quale, nel prevedere una nuova tipologia

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contrattazione aziendale per avere la stessa previsto una riduzione

contrattuale – il contratto di inserimento (art. 54 e segg.) in sostituzione del
c.f.l. -, prescinde completamente dalla previsione di un progetto
formativo.
Con il secondo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione
dell’art. 1321 c.c., art. 1362 c.c., e segg., in relazione all’accordo collettivo

dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Procede ad una ricostruzione storica della
normativa economica del settore privatizzato, che prevedeva la esclusione
per i lavoratori assunti con c.f.1., anche per i 15 mesi successivi, di istituti
retributivi previsti dalla contrattazione aziendale e la differenziazione della
posizione dei lavoratori già assunti a tempo indeterminato che godevano
delle voci aziendali soppresse con la revisione della struttura retributiva,
ciò che aveva determinato la spettanza a questi ultimi soltanto del nuovo
elemento (E.R.S.) nel quale erano confluite le voci soppresse, per
mantenere il livello retributivo complessivo dei lavoratori che di fatto ne
godevano.
Sostiene che, se la qualificazione giudiziale può implicare l’applicazione di
tutte le disposizioni di legge dettate per i lavoratori a tempo indeterminato,
essa non comporta automaticamente il diritto all’applicazione dell’ERS,
perché questo è un istituto di origine e disciplina esclusivamente
contrattuale.
Con il terzo motivo, la società si duole della violazione e falsa applicazione
del c.c.n.l. 23.7.1976, stipulato tra Federtrasporti, ANAC FENIT e le
00.SS. FILT CGIL, FIT-CISL e UIL Trasporti e dell’accordo collettivo
nazionale del 12 luglio 1985 stipulato tra FILT CGIL, FIT-CISL e UIL
Trasporti e Federtrasporti, l’ANAC, la FENIT e l’INTERSIND, nonché
della violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 2126 c.c.,
comma 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3), assumendo il vizio della
sentenza anche in relazione al rigetto della domanda riconvenzionale della

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aziendale 11 luglio 2000 ed al verbale di accordo 24 marzo 2005, ai sensi

società. Rileva che l’orario di 39 ore settimanali stabilito dalla
contrattazione collettiva nazionale era stato ridotto in virtù di previsione
di contrattazione aziendale ritenuta nulla dalla Corte di Cassazione con
sentenza 12661/2004.
Il primo motivo è infondato alla stregua della giurisprudenza conforme di

l’inadempimento degli obblighi di formazione determina la
trasformazione, fin dall’inizio, del rapporto in rapporto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato, qualora l’inadempimento abbia
un’obiettiva rilevanza, concretizzandosi nella totale mancanza di
formazione, teorica e pratica, ovvero in una attività formativa carente o
inadeguata rispetto agli obiettivi indicati nel progetto di formazione e
quindi trasfusi nel contratto. In questa seconda ipotesi il giudice deve
valutare in base ai principi generali la gravità dell’inadempimento,
giungendo alla declaratoria di trasformazione del rapporto (tra le
tantissime Cass. 20598/2012, Cass. 1 febbraio 2006 n. 2247, Cass. 7
agosto 2004 n. 15308; Cass. 4 ottobre 2004 n. 19846 e, più specificamente,
Cass. 9 marzo 2009 n. 5644, relativa all’ipotesi in cui il lavoratore, già al
momento della sua assunzione con c.f.1., possegga la professionalità che,
secondo gli accordi intervenuti, dovrebbe costituire lo scopo del
programma formativo avendo espletato in precedenza analoga attività
lavorativa).
La sentenza impugnata che, sul rilevo che non era stata fornita la prova
dell’adempimento agli obblighi formativi, ha dichiarato la trasformazione
del rapporto di lavoro è, pertanto, corretta in diritto.
Non può dirsi, peraltro, che non sia stata tenuta in debito conto la ratio
legis e cioè il sistema in cui la norma di cui al citato art. 3 si colloca.
Invero, lo scopo del contratto di formazione e lavoro è quello di
favorire un ingresso guidato dei giovani nel mondo del lavoro, attraverso

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questa Corte secondo cui, in tema di contratto di formazione e lavoro,

un rapporto che dia loro anche gli strumenti per apprendere una
determinata professionalità ed è consentito al datore di lavoro l’uso di una
circoscritta discrezionalità nel realizzare il programma di formazione, che
si traduce nella possibilità di alternare la fase teorica con la fase pratica
tenendo conto delle esigenze dell’impresa, ma tale discrezionalità non può

contratto, atteso che entrambe sono coessenziali, con la conseguenza che
il periodo di prova in tanto è rilevante per giudicare delle attitudini del
lavoratore in formazione in quanto nello stesso, sia pure con cadenze
diverse rispetto a quelle previste dal programma, siano presenti entrambe
le predette fasi coessenziali al raggiungimento dello scopo di un
inserimento qualificato nel mondo del lavoro (Cass. 8 gennaio 2003, n.
82).
Né può indurre a diverse conclusioni il richiamo al contratto
d’inserimento – di cui alla legge D.Lgs. n. 276 del 2003 – riguardando la
presente fattispecie un contratto del tutto diverso al quale il richiamato
D.Lgs. ha assegnato

ratione ternporis

una differente funzione economico-

sociale.
Con la seconda censura la società ricorrente, denunciando violazione
degli arti. 1321, 1362 c.c., e segg., in relazione all’accordo aziendale 11
luglio 2000 ed al verbale di accordo 24 marzo 2005, prospetta che la Corte
del merito ha erroneamente ritenuto, quanto alla spettanza dell’ERS
(elemento di riordino del sistema retribuivo), che l’accordo
d’interpretazione autentica del 24 marzo 2005 – in base al quale veniva
esclusa la corresponsione di detto ERS a coloro i quali, come l’attuale
controricorrente, al momento della stipula del precedente accordo del
2000 non erano lavoratori subordinati a tempo indeterminato – aveva
natura innovativa.
La censura non è condivisibile.

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mai spingersi fino ad espungere una delle due fasi dalla esecuzione del

Il decisurn sul punto della sentenza impugnata si fonda essenzialmente sulla
considerazione che, in conseguenza della trasformazione del rapporto a
tempo indeterminato con efficacia ex tunc, il lavoratore era, all’epoca
dell’accordo, a tutti gli effetti giuridici ed economici dipendente a tempo
indeterminato e come tale rientrante nel “personale in forza a tempo

accordo, spettava la corresponsione del c.d. ERS.
Assume, invece, la società che al lavoratore non spetterebbe il richiamato
ERS poiché con successivo accordo del 2005 le parti, interpretando in via
autentica la precedente intesa del 2000, hanno escluso dalla
corresponsione dell’ERS coloro i quali non erano formalmente dipendenti
a tempo indeterminato all’epoca della stipula dell’accordo del 2000. Tanto,
secondo la società, proprio al fine di escludere dal campo di applicazione
dell’accordo del 2000 coloro – gli assunti con contratto di formazione
lavoro -, i quali si erano visti riconoscere ex post la qualificazione giuridica
del proprio rapporto di lavoro come a tempo indeterminato.
Orbene, si rileva che la stessa prospettazione della società conferma
l’esattezza dell’affermazione della Corte di Appello secondo la quale
l’accordo del 2005 non ha natura interpretativa, bensì innovativa.
Invero, affinché un negozio giuridico successivo possa ritenersi
interpretativo di un precedente negozio giuridico è necessario, al di là delle
espressioni qualificazione utilizzate dalle parti, che la volontà esplicitata
nell’ultimo negozio sia desumibile anche dal precedente, viceversa la
nuova intesa è innovativa e non interpretativa.
Avuto riguardo al caso di specie, non ritiene il Collegio che la volontà di
limitare la corresponsione dell’ERS solo ai lavoratori che al marzo del
2000 fossero formalmente dipendenti a tempo indeterminato con
esclusione di coloro i quali fossero tali per effetto di successivo
riconoscimento giudiziale, sia desumibile dall’accordo del 2000, non

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indeterminato alla data della stipula dell’accordo” al quale, secondo detto

essendovi alcuna clausola contrattuale che legittima una siffatta
ricostruzione della volontà delle parti. Nè la società ricorrente la indica,
limitandosi a tal fine a prospettare le ragioni storiche che indussero le parti
alla previsione dell’ERS.
Tanto, tuttavia, non è sufficiente, atteso che la volontà esplicitata

nell’accordo del 2000, dell’ambito di applicazione del contratto – dove si fa
riferimento al “personale in forza a tempo indeterminato alla data di
stipula del presente accordo”- ne’ in altre clausole collettive. La ratio posta
a base dell’accordo del 2005, come prospettata dalla stessa società
ricorrente è, all’evidenza, del tutto estranea all’accordo del 2000 ed è
funzionale all’esigenza di far fronte ad una situazione venutasi a creare
dopo l’accordo del 2000.
Tutto ciò a prescindere dalla possibilità per le parti sociali, in sede di
contrattazione collettiva del settore privato, di procedere ad
un’interpretazione di clausole contenute in precedente contratto, essendo
tale meccanismo espressamente previsto con riguardo al settore del lavoro
pubblico privatizzato in tema di procedura di accertamento della validità,
efficacia ed interpretazione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti
dall’ARAN, di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 64, ed operando, in tema
di contrattazione collettiva privata, il principio della normale successione
dei contratti.
Con la terza critica la società, allegando violazione del CCNL 23 luglio
1976, dell’accordo collettivo 12 luglio del 1985 e dell’art. 2126 c.c., comma
2, assume che stante la nullità, ex sentenza n. 12661 del 2004 di questa
Corte, della contrattazione aziendale (accordo 18 luglio 1983) – la quale
aveva previsto una riduzione dell’orario di lavoro da 39 ore settimanali a
37 ore – erroneamente la Corte del merito, ha ritenuto, facendo
applicazione dell’art. 2126 c.c., e l’irripetibilità, di quanto era stato

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nell’intesa del 2005 non trova alcun riscontro ne’ nella specifica previsione,

corrisposto al per lavoro straordinario per le ore lavorate tra la 37^ e la
39^, e l’infondatezza della declaratoria dell’obbligo di prestare per il futuro
attività lavorativa per 39 ore.
La critica è infondata.
Nel motivo di ricorso infatti si fa riferimento alla contrattazione collettiva

relazione alle ore di lavoro straordinario effettivamente svolto dal
controricorrente dalla 37 0 alla 39° ora e dei compensi sinallagmaticamente
corrisposti.
La genericità della censura non consente quindi l’accoglimento della
domanda di restituzione.
Per tutto quanto sopra considerato, si propone il rigetto del
ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., n. 5.”
Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di
consiglio.
Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380 bis c.p.c.. In
particolare, in quella della ricorrente vengono ribadite le ragioni già esposte
in ricorso e che non valgono a scalfire, ad avviso del Collegio, il
contenuto e le conclusioni della riportata relazione che, peraltro, è
conforme a numerosi precedenti di questa Corte ed è pienamente
condivisa.
Pertanto il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono
poste a carico della ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo con
attribuzione in favore dell’avv. Riccardo Faranda per dichiarato anticipo
fattone.

P.Q.M.

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ed alla giurisprudenza di legittimità, ma nulla di preciso è stato allegato in

La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente alle spese del presente
giudizio liquidate in euro 100,00 per esborsi ed in euro 3.000,00 per
compensi professionali, oltre accessori come per legge e rimborso spese
forfetario nella misura del 15% con attribuzione in favore dell’avv.
Riccardo Faranda.

Presidente

Così deciso in Roma, il 15 luglio 2014

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