Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21701 del 19/09/2017
Cassazione civile, sez. VI, 19/09/2017, (ud. 13/03/2017, dep.19/09/2017), n. 21701
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –
Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
N.S., elettivamente domiciliata in Roma via Marianna
Dionigi 57, rappresentata e difesa dall’avv. Anna Bevilacqua, giusta
delega speciale in calce al ricorso che dichiara di voler ricevere
le comunicazioni relative al processo al fax n. 06/3612348 e alla
p.e.c. annabevilacqua-ordineavvocatiroma.org;
(ammessa G.P. Delib. 25 febbraio 2016 cons. ord. avv. ROMA);
– ricorrente –
nei confronti di:
S.S., elettivamente domiciliato in Roma, viale Capitan
Consalvo 23, presso l’avv. Vittoria Giuva che lo rappresenta e
difende, giusta procura speciale in calce al controricorso, e
dichiara di voler ricevere le comunicazioni relative al processo al
fax n. 06/56037499 e alla p.e.c. v.giuva-legalmail.it;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 7165/2015 della Corte di appello di Roma,
emessa il 15 luglio 2015 e depositata il 31 dicembre 2015, n. R.G.
4561/2014.
Fatto
RILEVATO
che:
1. Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 7154/14, ha pronunciato lo scioglimento del matrimonio contratto in Roma il 28 novembre 1998 tra N.S. e S.S.. Ha respinto la domanda di assegno divorzile.
2. La Corte di appello di Roma, con sentenza n. 7165/2015, ha confermato la decisione di primo grado e condannato la S. al pagamento delle spese processuali.
3. Ricorre per cassazione N.S. affidandosi a tre motivi di impugnazione.
4. Si difende con controricorso S.S..
Diritto
RITENUTO
che:
5. Il ricorso è inammissibile non avendo la ricorrente dedotto specificamente le proprie censure di violazione di legge e di omessa valutazione di fatti decisivi. Manca infatti, nel primo motivo di ricorso, la stessa indicazione delle norme pretesamente violate dalla decisione della Corte di appello e la deduzione delle ragioni per cui la decisione avrebbe utilizzato una interpretazione non conforme al dato normativo come interpretato dalla giurisprudenza (cfr. Cass. civ. 3 sezione n. 16038 del 26 giugno 2013 e Cass. civ. sezione lavoro n. 287 del 12 gennaio 2016, secondo cui nel ricorso per cassazione il vizio della violazione e falsa applicazione della legge di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, giusta il disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, deve essere, a pena d’inammissibilità, dedotto non solo con l’indicazione delle norme di diritto asseritamente violate ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione e Cass. civ. sez. lavoro n. 195 dell’11 gennaio 2016secondo cui in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa;
l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione).
6. Allo stesso modo è carente, nel secondo motivo del ricorso, la chiara indicazione del o dei fatti controversi e decisivi che sarebbero stati non esaminati dai giudici dell’appello secondo le indicazioni della giurisprudenza di questa Corte (Cass. civ. S.U. n. 8053 del 7 aprile 2014 e Cass. civ. sez. 3 n. 11892 del 10 giugno 2016 secondo cui il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio -, nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4, – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante).
7. Infine il terzo motivo è manifestamente infondato avendo la Corte di appello applicato il principio della soccombenza in materia di regolamento delle spese processuali.
8. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente alle spese del giudizio di cassazione.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in Euro 2.600 di cui 100 per spese. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 13 marzo 2017.
Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2017