Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21700 del 27/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 27/10/2016, (ud. 29/09/2016, dep. 27/10/2016), n.21700

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9383/2014 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, ((OMISSIS)),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITURO, rappresentato e difeso dagli avvocati SERGIO

PREDEN, LUIGI CALIULO, LIDIA CARCAVALLO, ANTONELLA PATTERI, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.A., ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

SOMMACAMPAGNA, 9, presso lo studio dell’avvocato CARRACINO ORESTE,

rappresentato e difeso dagli avvocati DANIELE DE LEO, ESPOSITO

BARBARA, giusta mandato a margine della comparsa di costituzione;

– resistente –

avverso la sentenza n. 4617/2013 della CORTE D’APPELLO di depositata

il 19/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/9/2016 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA MAROTTA;

udito l’Avvocato LIDIA CARCAVALLO difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1 – Il Consigliere relatore, designato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato in cancelleria la seguente relazione ex artt. 380 bis e 375 c.p.c., ritualmente comunicata alle parti:

“La Corte di appello di Lecce, decidendo sul ricorso proposto dall’I.N.P.S. nei confronti di P.A., confermava la decisione del Tribunale della stessa sede che aveva (parzialmente) riconosciuto il diritto del P. ai ratei differenziali di pensione VO per effetto della inclusione nella retribuzione pensionabile, in relazione ai periodi di contribuzione figurativa, degli emolumenti extramensili. Riteneva la Corte di appello, per quanto di interesse nel presente giudizio, che, per effetto della decadenza del D.P.R. n. 639 del 1970, ex art. 47, come modificato dal D.L. n. 98 del 2011, art. 38, si fosse determinata solo l’estinzione del diritto alle differenze sui ratei maturati oltre il triennio dal ricorso giudiziario.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione l’I.N.P.S. affidato ad un motivo.

P.A. resiste con controricorso.

Con l’unico motivo di ricorso l’I.N.P.S. denuncia violazione e falsa applicazione del D.L. n. 98 del 2011, art. 38 – che ha modificato il D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 – (art. 360 c.p.c., n. 3) per non avere la Corte territoriale ritenuto l’inammissibilità dell’azione giudiziaria proposta quando era già maturata la decadenza introdotta dalla nuova disciplina che, a suo dire, avrebbe comportato l’estinzione del diritto alla riliquidazione di tutti i ratei pregressi.

Vanno preliminarmente esaminate le eccezioni di inammissibilità del ricorso formulate dal controricorrente che sono infondate.

Risulta osservato il termine breve per l’impugnazione della sentenza, stabilito a pena di decadenza dall’art. 326 c.p.c..

Nella specie, la notificazione della sentenza, come si evince dallo stesso ricorso per cassazione, è avvenuta in data 30 gennaio 2014 mentre la notifica del ricorso per cassazione è stata effettuata in data 7/4/2014, con consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario in data 31/3/2014 (lunedì). Si ricorda che, come da questa Corte già affermato, il termine per la notificazione del ricorso per cassazione che cada di domenica è prorogato di diritto al primo giorno seguente non festivo, ai sensi dell’art. 155 c.p.c., comma 3 – cfr. Cass. 30 luglio 2009, n. 17754; Cass. 3 agosto 2015, n. 16303.

Quanto all’ulteriore rilievo di parte controricorrente, risulta che il ricorso per cassazione è stato notificato all’intimato P. anche presso l’avv. Barbara Esposito, in (OMISSIS) (si veda la relata di notifica – relativa alla richiesta del 31/3/2014 – mediante spedizione a mezzo del servizio postale in data 1/4/2014) ed in ogni caso, con la costituzione di tale difensore nel presente giudizio di cassazione, l’eventuale vizio nel procedimento notificatovi è sanato per raggiungimento dello scopo.

Ciò precisato il ricorso è manifestamente infondato.

E’ pacifico che nel caso in esame si discute di ricalcolo di un trattamento di pensione già riconosciuto.

In relazione a tale ricalcolo la Corte territoriale ha ritenuto di dover applicare la nuova disciplina di cui al D.L. n. 98 del 2011, art. 38 (che ha modificato del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47) ritenendo che la stessa avesse inciso sul principio affermato da questa Corte a sezioni unite della sentenza n. 12720 del 29/5/2009 (la quale aveva statuito che: “La decadenza di cui al D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 – come interpretato dal D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 6, convertito, con modificazioni, nella L. 1 giugno 1991, n. 166 – non può trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in sè considerata, ma solo l’adeguamento di detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene nei casi in cui l’Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione decennale”). Ha, però, ritenuto che, pur considerata la nuova normativa, la decadenza dovesse comunque ritenersi “mobile”, attesa l’imprescrittibilità del ricorso in sè considerato.

I rilievi del ricorrente riguardano tale passaggio motivazionale ed in particolare sono incentrati sulla considerazione che una decadenza “mobile” non sarebbe ipotizzabile a fronte della disposizione di cui al citato art. 38, il quale, lungi dal prevedere un decorso del termine triennale di decadenza differenziato in relazione alla progressiva insorgenza del diritto ad ogni singolo rateo, ha stabilito che il termine di decadenza inizia a decorrere “senza alternative” dal riconoscimento parziale della prestazione.

Questa Corte ha già affermato che in tema di decadenza delle azioni giudiziarie volte ad ottenere la riliquidazione di una prestazione pensionistica parzialmente riconosciuta, la novella del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 38, comma 1, lett. d), conv. in L. 15 luglio 2011, n. 111, che prevede l’applicazione del termine decadenziale di cui al D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47, anche alle azioni aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito – detta una disciplina innovativa che, anche a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 69 del 2014, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del predetto D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 4, non trova applicazione ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni, per i quali vale il generale principio dell’inapplicabilità del termine decadenziale – cfr. Cass. 21 gennaio n. 2015, n. 1071; si vedano anche Cass. 19 giugno 2013, n. 15375; Cass. 8 maggio 2012, n. 6959 -.

Nella specie, trattandosi di un ricorso depositato in data 17/12/2010, non era applicabile la normativa invocata dall’Istituto ricorrente ma la disciplina previgente nell’interpretazione data dalla citata decisione di questa Corte a SS.UU. n. 12720/2009 (nella quale era stato anche precisato che: “il D.L. n. 103 del 1991, art. 6, può trovare applicazione non nelle fattispecie in cui si richieda – come nel caso di specie – il ricalcolo di una prestazione pensionistica, già in precedenza riconosciuta e di cui si domanda la rideterminazione, ma nella diversa ipotesi di mancato o omesso riconoscimento proprio del diritto a detta prestazione, avendo il legislatore con la norma scrutinata inteso evidenziare come a fronte di un diritto non soggetto a prescrizione nè suscettibile di essere vanificato attraverso l’istituto della decadenza come avviene per il diritto ad ottenere la pensione in presenza dei presupposti richiesti per legge – i singoli ratei invece sono sottoposti ad una diversa disciplina per essere assoggettati a propri termini di decadenza sì da potere essere rivendicati con una decorrenza mobile in relazione al tempo della domanda giudiziaria”).

In mancanza di ricorso incidentale del P. (come, peraltro, già di appello incidentale avverso la pronuncia di primo grado che già aveva applicato la decadenza, ancorchè considerandola “mobile”, e così ritenuto estinti i maggiori ratei pensionistici antecedenti il triennio decorrente a ritroso dal deposito del ricorso giudiziario), la sentenza impugnata deve essere mantenuta ferma, previa correzione della motivazione, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c., nei termini sopra indicati; il tutto con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5″.

2 – Non sono state depositate memorie ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

3 – Questa Corte ritiene che le osservazioni in fatto e le considerazioni e conclusioni in diritto svolte dal relatore siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla giurisprudenza di legittimità in materia e che ricorra con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375 c.p.c., n. 5, per la definizione camerale del processo.

4 – In conclusione il ricorso va rigettato.

5 – Il solo recente consolidarsi dell’orientamento di legittimità sopra richiamato e la stessa necessità di un intervento chiarificatore della Corte costituzione giustificano la compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.

6 – La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17. Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poichè l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione – del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua disposizione (così Cass. Sez. un. n. 22035/2014).

PQM

Corte rigetta il ricorso; compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2016

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