Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21700 del 19/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 19/09/2017, (ud. 17/05/2017, dep.19/09/2017),  n. 21700

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18615-2016 proposto da:

MARINA BLU S.P.A. – C.F. 03265950406, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI GRACCHI 39, presso lo studio dell’avvocato ADRIANO GIUFFRE’,

rappresentata e difesa dall’avvocato BEATRICE BELLI;

– ricorrente –

contro

HERA S.P.A., – C.F. (OMISSIS), in persona del direttore della

Direzione Amministrazione e procuratore speciale, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CASSIODORO 1/A, presso lo studio

dell’avvocato MARCO ANNECCHINO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 190/12/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di BOLOGNA, depositata il 29/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/05/2017 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte,

costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 190/12/2016, pronunciata il 6 novembre 2015 e depositata il 29 gennaio 2016, la CTR dell’Emilia Romagna rigettò l’appello proposto da Marina Blu S.p.A. nei confronti di Hera S.p.A., avverso la sentenza della CTP di Bologna che aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla contribuente avverso ingiunzione di pagamento relativamente a fatture per TIA per l’anno 2009.

Avverso la sentenza della CTR Marina Blu S.p.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, al quale resiste con controricorso Hera S.p.A.

Con il primo motivo la ricorrente denuncia nullità della pronuncia per error in procedendo, per omissione di pronuncia, lamentando la violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con riferimento a ciascuna delle specifiche questioni con le quali, in sede di ricorso introduttivo, la contribuente aveva contestato sotto diversi profili (tutti espressamente riportati nel ricorso per cassazione in ossequio al principio di autosufficienza) la legittimità dell’atto impugnato.

Il motivo è manifestamente infondato.

Invero, con la pronuncia confermativa di quella di primo grado che aveva dichiarato inammissibile l’intero ricorso, deve intendersi, in conformità al costante indirizzo di questa Corte, che vi sia stata pronuncia implicita (cfr. Cass. sez. lav. 26 gennaio 2016, n. 1360) avendo la decisione in rito effetto assorbente rispetto a ciascuna delle questioni dedotte dalla contribuente con il ricorso introduttivo e riproposte come motivi di gravame.

La contribuente avrebbe dovuto, dunque, già in sede di appello, contestare la correttezza della declaratoria d’inammissibilità del ricorso in ragione dell’erroneità della ritenuta non autonoma impugnabilità dell’atto, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 convertendosi la nullità della pronuncia in motivo di gravame,ex art. 161 c.p.c.

Ciò la contribuente ha fatto, invece, per la prima volta in sede di legittimità, con il secondo motivo di ricorso, col quale denuncia appunto la violazione e falsa applicazione del citato D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, essendo quindi la relativa censura inammissibile per la novità della questione di diritto prospettata per la prima volta in cassazione (cfr. Cass. sez. lav. 13 ottobre 2016, n. 20678).

Ciò rende superfluo, quindi, valutare la correttezza o meno della statuizione resa sul punto dalla CTR, confermativa della pronuncia di primo grado, in controversia avente origine da impugnazione da ingiunzione di pagamento, in cui la ricorrente, pur agendo per l’annullamento dell’atto, ha di fatto formulato una vera e propria domanda di accertamento negativo dell’obbligazione tributaria, con formulazione di riconvenzionale per il rimborso di quanto indebitamente incassato per conto dell’ente impositore per l’anno 2004.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, ed agli accessori di legge, se dovuti.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2017

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