Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21700 del 06/09/2018

Cassazione civile sez. lav., 06/09/2018, (ud. 21/02/2018, dep. 06/09/2018), n.21700

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – rel. Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14017-2013 proposto da:

P.H., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DOMENICO

JACHINO 10, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO SBARDELLA,

rappresentato e difeso dagli avvocati ALESSANDRA DE TILLA, LUCIO

GIACOMARDO giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MASCALZONE LATINO S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA APOLLODORO 26,

presso lo studio dell’avvocato NURI VENTURELLI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ROBERTO VITAMORE giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8026/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 03/04/2013 R.G.N. 9187/2011.

Fatto

RILEVATO

Che con sentenza del 3.4.2013 la corte d’appello di Napoli ha riformato la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva accolto parzialmente la domanda di P.H. accertando la natura subordinata del rapporto intercorso con la società Mascalzone Latino SRL in base all’istruttoria esperita, non ritenendo sussistere un contratto a progetto e condannando la società al pagamento delle retribuzioni per i mesi di gennaio, giugno, luglio ed agosto 2006, oltre al pagamento del TFR maturato.

Che la corte distrettuale ha ritenuto che nel contratto il progetto o il programma di lavoro o la fase di esso altro non fosse che un particolare ed individuato segmento dell’attività aziendale in cui si inseriva la prestazione del P.. Che comunque la mancanza di un progetto specifico non comportava, in base al D.Lgs. n. 376 del 2003, art. 69, comma 1 un’automatica trasformazione in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, ma che vi è una presunzione relativa con inversione dell’onere di prova nei confronti del datore di lavoro che deve dimostrare l’autonomia.

Che la corte di merito ha ritenuto che nel caso in esame il progetto fosse sufficientemente specifico, perchè atteneva alla partecipazione ad un preciso evento che era quello della 22^ edizione dell’Americàs Cup, con finalità di vittoria della stessa, trattandosi di attività circoscritte a tale gara, con allenamenti, partecipazioni ad altre competizioni con finalità di allenamento con gli altri elementi della squadra.

Che avrebbe tuttavia errato, secondo la Corte distrettuale, il giudice di primo grado nel ricavare il profilo della subordinazione dalla lettura ed interpretazione del solo contratto a progetto. In particolare avrebbe errato la sentenza nel ritenere specifico tale progetto e subordinata l’attività diretta a conseguirlo, che invece sarebbe per la corte un’attività di natura autonoma.

Che secondo i giudici d’appello una volta individuato il progetto specifico non era necessario individuare una parte dello stesso cui era interessato P.H., posto che sarebbero comunque state indicate le attività che egli doveva svolgere-allenamenti sull’acqua, sviluppo della forma fisica attraverso gli esercizi fisici nella palestra, gare preparatorie – Che in tale periodo il P. non era stato coinvolto in altre competizioni della società Mascalzone Latino, ma unicamente nel “progetto” dell'(OMISSIS). Che inoltre non erano indicative di subordinazione le istruzioni precise che venivano date al P. dallo skipper.

Che infine le risultanze testimoniali non avevano fatto emergere la simulazione del progetto ma non avevano neanche chiaramente evidenziato la sussistenza della subordinazione, perchè la dirigenza della società non interferiva con le scelte dell’equipaggio nelle regate e competizioni. Che, quanto al recesso, il contratto a progetto prevedeva che una giusta causa di risoluzione poteva verificarsi anche quando veniva meno la relazione di fiducia tra lo skipper e un membro dell’equipaggio, con impossibilità di mantenere un rapporto di coesione tra i membri dell’equipaggio. Che tale venir meno della coesione e dell’armonia tra i membri si era verificata in ragione della richiesta del P. di assentarsi per 85 gg che aveva evidenziato come si fosse incrinata l’armonia e la coesione necessarie per realizzare il progetto.

Che avverso la sentenza ha proposto ricorso per Cassazione P.H. affidato a sei motivi, cui ha resistito Mascalzone Latino con controricorso,seguito da memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che i motivi hanno riguardato:

1) La violazione del D.Lgs. n. 276, artt. 61, 62 e 69 con riferimento agli artt. 2222 e 2967 c.c., art. 360 c.p.c., n. 3: ha errato la corte distrettuale nel ritenere sufficientemente specifica I’ indicazione del progetto, mancando invece qualsiasi elemento che lo caratterizza ed ha ancora errato nel ritenere che, una volta indicato il progetto generale, non fosse necessario individuare la parte dello stesso a cui era interessato il ricorrente, considerato che erano indicate le attività cui egli doveva partecipare. Mancherebbe inoltre del tutto l’autonomia richiesta dall’art. 61 citato. Anche la durata non sarebbe stata tale da configurare un progetto determinato, perchè si fa riferimento ad un periodo da aprile 2005 a giugno 2007, con l’eccezione di alcune obbligazioni che continuano dopo lo spirare del termine del contratto. L’art. 69, in assenza di un progetto, pone una presunzione legale che rende superfluo l’accertamento della subordinazione.

2) La violazione ed errata applicazione artt. 2094 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: avrebbe errato la corte di merito laddove ha escluso che, come invece ritenuto dal primo giudice, l’esistenza della subordinazione potesse discendere direttamente dalle clausole del contratto, atteso che queste prevedevano impegno quotidiano per l’intera giornata dalle 7 alle 18, a partecipare agli allenamenti, a sottostare ad un calendario preciso deciso da altri. Quindi vi sarebbe stato per il ricorrente, l’assenza di un progetto e una prestazione etero- determinata.

3) La violazione dell’art. 2099 c.c. e art. 36 Cost. con riferimento con riferimento al D.Lgs. 276, art. 63 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Avrebbe errato la corte nel ritenere che andasse annullata la pronuncia di condanna al pagamento delle differenze retributive in virtù della ritenuta esclusione della natura subordinata, atteso che ottenere una retribuzione proporzionata e sufficiente ai sensi dell’art. 36 Cost. è un diritto di ogni lavoratore, indipendentemente dalla natura subordinata o autonoma del rapporto.

4) La violazione e/o falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, artt. 2 e 3 oltre che della L. n. 300 del 1070, artt. 7 e 8 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Ove accertata la subordinazione, vi sarebbe stato un licenziamento orale, quindi non soggetto a decadenza dell’impugnazione, non effettuata nel termine previsto per legge. Non poteva infatti ritenersi idonea a configurare una comunicazione di licenziamento la mail ricevuta dal P. con cui la società recedeva dal contratto.

5) La violazione della L. n. 91 del 1981, artt. 2 e 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, che si applica agli sportivi professionisti che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito del CONI e che prevede che “la prestazione a titolo oneroso dell’atleta costituisce oggetto di un contratto di lavoro subordinato dell’atleta”, dunque un presunzione legale di subordinazione.

6) Violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la Corte escluso che fosse onere della società fornire la prova della giusta causa di licenziamento, comunque incombendo al datore di lavoro provare l’esistenza di una condotta del lavoratore che, facendo venire meno l’elemento fiduciario, non consente la prosecuzione neanche provvisoria del rapporto.

Che i primi due motivi, che essendo connessi possono valutarsi congiuntamente avendo entrambi diretti a censurare in realtà l’esclusione della natura subordinata del rapporto, sono meritano accoglimento, perchè in parte inammissibili ed in parte infondati.

Che tuttavia, come anche rilevato dalla società nel controricorso, ribadito nella memoria ex art. 378 c.p.c. e come si ricava dalla stessa sentenza d’appello qui impugnata, il P. pur parzialmente vittorioso in primo grado, non ha proposto appello incidentale avverso la sentenza del Tribunale che ha ritenuto la validità del progetto in termini di individuazione dello stesso nel contratto sottoscritto tra le parti il 7.5.2005, avendo il primo giudice accertato la natura subordinata del rapporto dalle modalità con cui era stata regolata la prestazione di lavoro del P., anche in base alle clausole inserite nel contratto medesimo.

Che pertanto tale statuizione, divenuta irrevocabile in quanto non oggetto di appello incidentale, comporta l’impossibilità di riesaminare la legittimità del progetto come individuato nel contratto.

Che alla legittimità del progetto, stante I’ accertata specificità, consegue l’inapplicabilità della normativa di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 69, comma 1 in termini di accertamento della subordinazione quale effetto sanzionatorio della mancanza del progetto, trattandosi di presunzione assoluta che non comporta neanche un’inversione dell’onere di prova della natura autonoma del rapporto, secondo il più recente orientamento espresso da questa corte (cfr cass. n. 17127 del 17/08/2016, cas, n. n. 12820 del 21/06/2016). Ed infatti le ipotesi contemplate nei rispettivi art. 69, commi 1 e 2 poggiano su distinte “causae petendi” e introducono diversi temi di indagine.

Che quanto alla natura autonoma o subordinata della prestazione di lavoro, ai fini del relativo accertamento deve attribuirsi maggiore rilevanza alle concrete modalità di svolgimento del rapporto, da cui è ricavabile l’effettiva volontà delle parti (iniziale o sopravvenuta), piuttosto che al “nomen iuris” adottato, e ciò anche nel caso di contratto di lavoro a progetto normativamente delineato come forma particolare di lavoro autonomo ai sensi del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 8, art. 61. (Così Cass. n. 22289/2014).

Che nel caso in esame la corte distrettuale, valutando diversamente gli elementi caratterizzanti la prestazione di lavoro del P., rispetto alla decisione del primo giudice, ha ritenuto che le modalità di svolgimento dell’attività oggetto del contratto – con riferimento alla partecipazione alle gare ed alle prove delle stesse attraverso esercizi fisici in palestra, gare preparatorie, sedute su allineamento sull’acqua, tutte attività coordinate dallo skipper che effettuava le convocazione alle prove ed alle gare, controllava e richiedeva le presenze del P. come degli altri componenti del team – non potevano assumere il carattere della subordinazione, sia perchè relative soltanto alla sola competizione dell’Americans Cup, non alle altre competizioni relative alla società, sia perchè non era emerso dalle testimonianze raccolte una simulazione del progetto, ma essendo invece emersa l’assenza di orni interferenza della dirigenza della società con le scelte dei membri dell’equipaggio nelle regate e competizioni.

Che la ricorrente in realtà non lamenta un’ errata applicazione delle norme di legge, ma censura anche attraverso una diversa lettura degli elementi di fatto, desunti anche dalle testimonianze raccolte in primo grado, rispetto a quella effettuata dalla corte di merito. Tale operazione tuttavia, che sfocia in una richiesta di nuova valutazione nel merito, è è inammissbile in questo sede di legittimità.

Che è infondato il terzo motivo di gravame, atteso che la causa petendi della domanda di pagamento delle differenze retributive, formulata nei giudizi di merito, si fondava sulla natura subordinata del rapporto e dunque di istituti retributivi, legali e contrattuali, strettamente collegati alla diversa figura contrattuale di lavoratore subordinato.

Che il quinto motivo si profila inammissibile per mancata specificità, atteso che trattasi di questione non esaminata dalla corte di merito nella sentenza impugnata, che viene proposta in questa sede senza alcuna indicazione di dove e come sia stato oggetto di proposizione in sede appello, sia pure in termini di appello incidentale condizionato.

Che quanto al quarto ed al sesto motivo di ricorso, che hanno ad oggetto il licenziamento e comunque il recesso posto in essere dalla società, ritenuto assortito il quarto motivo, il cui esame presuppone l’accertamento della natura subordinata del rapporto, deve egualmente ritenersi inammissibile e comunque infondato il sesto motivo, nella misura in cui anche laddove si censura la sentenza per aver ritenuto l’esistenza di una giusta causa di recesso le, peraltro concise, censure del ricorrente finiscono per essere prive di specificità, perchè riconducono pur sempre il concetto di giusta causa a quello proprio di un rapporto di natura subordinata.

Che l’istituto del recesso per giusta causa, previsto dall’art. 2119 c.c., comma 1, in relazione al contratto di lavoro subordinato, è applicabile anche ad contratto di collaborazione coordinata quale il contratto a progetto, dovendosi tuttavia tener conto, per la valutazione della gravità della condotta, che in quest’ultimo ambito il rapporto di fiducia – in corrispondenza della maggiore autonomia di gestione dell’attività per luoghi, tempi, modalità e mezzi, in funzione del conseguimento delle finalità aziendali – assume maggiore intensità rispetto al rapporto di lavoro subordinato. Ne consegue che, ai fini della legittimità del recesso, è sufficiente un fatto di minore consistenza, secondo una valutazione rimessa al giudice di merito insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente e correttamente motivata (cfr. Cass. n. 1178/2014), come nel casi in esame, in cui la corte di merito ha coerentemente spiegato, anche con puntuale riferimento a risultanze testimoniali e documentali, le ragioni del recesso, dovuto in particolar modo alla richiesta del P. di assentarsi in ragione di suoi diversi impegni sportivi, per un periodo oltremodo lungo, tale da compromettere il risultato finale della regata.

Che il ricorso deve pertanto essere respinto, con condanna del ricorrente, soccombente, alla rifusione delle spese del grado, liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio che liquida in Euro 4000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 21 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2018

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