Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2170 del 25/01/2022

Cassazione civile sez. lav., 25/01/2022, (ud. 07/10/2021, dep. 25/01/2022), n.2170

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11181-2016 proposto da:

A.P., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato FRANCESCO MUSCI;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati SERGIO PREDEN,

LIDIA CARCAVALLO, ANTONELLA PATTERI, LUIGI CALIULO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2582/2015 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 30/11/2015 R.G.N. 2927/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/10/2021 dal Consigliere Dott. MARCHESE GABRIELLA.

 

Fatto

RILEVATO CHE:

1. la Corte di appello di Lecce ha respinto l’impugnazione di A.P. avverso la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda volta ad ottenere l’annullamento del provvedimento di riliquidazione del trattamento pensionistico, con condanna dell’INPS alla restituzione della somma trattenuta a titolo di indebito;

2. per quanto qui rileva, la Corte territoriale ha, in primo luogo, ricostruito l’iter processuale. Ha chiarito che, in pendenza del giudizio attivato ai sensi dell’art. 414 c.p.c., la parte ricorrente aveva intrapreso anche una procedura d’urgenza, ex art. 700 c.p.c. Ha, quindi, osservato, per un verso, che, in ragione della difesa articolata nel giudizio cautelare, era chiaro che l’ A. fosse venuto a conoscenza, sia pure nelle more del giudizio, delle ragioni dell’indebito previdenziale (conseguente alla ritenuta insussistenza del beneficio contributivo derivante dall’esposizione ad amianto, perché fondato su certificazione false) e che, pertanto, superfluo diveniva l’interrogatorio libero (richiesto in sede di giudizio ex art. 414 c.p.c. sulle ragioni dell’indebito e del ricalcolo del rateo pensionistico) poiché “(…) oramai comunicate alla parte anteriormente alla celebrazione dell’udienza di discussione”. Per altro verso, la Corte territoriale ha giudicato infondato il rilievo con il quale era stata “adombrata” (nel giudizio di primo grado) la compressione del diritto di difesa e della prova, giacché era stato concesso (rectius: era stato concesso infruttuosamente) il termine per la produzione di note difensive e conclusive;

3. la Corte di appello, infine, ha precisato che il Tribunale, a seguito di richiesta di anticipazione dell’udienza di discussione da parte del ricorrente -che aveva ampliato la domanda chiedendo l’applicazione della disciplina di cui alla L. n. 33 del 2009, art. 7 ter – aveva provveduto in conformità (anticipando l’udienza) e concesso il termine per note difensive, al contempo onerando la difesa della parte ricorrente alla comunicazione del provvedimento all’INPS;

4. nel merito, la Corte di appello ha poi ritenuto che non trovasse applicazione il meccanismo di salvaguardia delineato dal D.L. n. 5 del 2009, art. 7 ter, comma 14, convertito nella L. n. 33 del 2009 (id est: di non ripetibilità delle somme sia pure indebitamente corrisposte), dovendo piuttosto applicarsi la previsione del successivo comma 14 bis che sanciva la decadenza dei benefici se conseguiti “in base ad atti costituenti reato”;

5. avverso la decisione ha proposto ricorso per Cassazione A.P., sulla base di quattro motivi cui ha resistito, con controricorso, l’Inps;

6. entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RILEVATO CHE:

7. con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta la violazione dell’art. 292 c.p.c., comma 3, per avere la Corte di appello ritenuto che il riferimento al D.L. n. 5 del 2009, art. 7 ter, comma 14, nell’istanza di anticipazione, integrasse una domanda nuova e per aver disposto (in via conseguenziale) la comunicazione del provvedimento di (anticipazione) all’Inps che era parte contumace e che, dunque, non ne aveva diritto;

8. il motivo è inammissibile, per difetto di interesse;

9. deve rammentarsi il costante insegnamento della Corte per cui “la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione; ne consegue che è inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito” (ex plurimis, Cass. n. 26419 del 2020);

10. nella fattispecie, parte ricorrente assume la violazione di norme processuali ma non prospetta alcuna concreta lesione del diritto di difesa che sia derivata dalla asserita, non corretta attività giudiziaria;

11. con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta la violazione dell’art. 111 Cost., comma 2, per non avere la Corte di appello autorizzato le prove richieste, ai sensi dell’art. 437 c.p.c., indispensabili in ragione del concreto sviluppo dell’iter processuale;

12. assume il ricorrente che il giudizio ex art. 414 c.p.c. era stato promosso perché erano “ignote” le ragioni dell’indebito; coerentemente, la parte ricorrente aveva richiesto l’interrogatorio formale del legale rappresentante dell’Istituto, quale unico mezzo istruttorio utile a comprendere la motivazione dell’indebito. Intervenuto, nel corso del giudizio, il provvedimento chiarificatore dell’istituto, la Corte di appello avrebbe dovuto attivare i poteri officiosi (onde verificare i presupposti del diritto a trattenere le somme) e non limitarsi all’affermazione di insufficiente dimostrazione dell’esposizione qualificata all’amianto;

13. anche il secondo motivo si arresta ad un rilievo di inammissibilità;

14. a tacer d’altro, le censure non indicano gli elementi fattuali, oggetto dei mezzi di prova che si assumono richiesti e non autorizzati. L’onere di specificità del ricorso, ricavabile dall’art. 366 c.p.c. e che sussiste anche allorquando il ricorrente lamenti che il giudice del gravame non abbia esercitato il suo potere-dovere istruttorio ex artt. 421 e 437 c.p.c., si estende, infatti, all’indicazione delle circostanze di fatto oggetto delle istanze istruttorie, al fine del controllo di decisività ed effettività della denunciata violazione (in argomento, v. Cass. n. 9076 del 2006; in motiv., ex plurimis, Cass. n.13473 del 2017);

15. con il terzo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta la violazione e la falsa applicazione del D.L. n. 5 del 2009, art. 7 ter, comma 14, poiché il ricorrente, imputato del reato di truffa e falso ai danni dell’INAIL, era stato assolto con sentenza passata in cosa giudicata; l’assoluzione comprovava il difetto di dolo da cui derivava, in applicazione del regime di sanatoria di cui al citato D.L. n. 5 del 2009, art. 7, l’irripetibilità delle somme da parte dell’Istituto previdenziale;

16. anche il terzo motivo è inammissibile;

17. le censure non si confrontano con il decisum;

18. la Corte di appello ha giudicato inconferente il richiamo al D.L. n. 5 del 2009, art. 7 ter, comma 14 (che postula, ai fini della ripetibilità, il dolo dell’interessato). Per i giudici, la fattispecie concreta andava sussunta nella previsione del successivo comma 14 bis, perché il beneficio era stato conseguito in “base ad atti costituenti reato”;

19. la sentenza impugnata non ha, dunque, affermato il dolo del ricorrente e, pertanto, quest’ultimo avrebbe dovuto modulare diversamente le censure in modo, eventualmente, da incrinare il fondamento giustificativo delle argomentazioni dei giudici;

20. come sviluppati, i rilievi sono privi di qualsiasi riferibilità alla decisione impugnata; la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che “la proposizione di censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata comporta l’inammissibilità del ricorso per mancanza di motivi che possono rientrare nel paradigma normativo di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4” (ex plurimis, Cass. n. 20652 del 2009; n. 17125 del 2007; in motivazione, Cass. n. 9384 del 2017);

21. inammissibile e’, infine, il quarto motivo con cui -ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5- parte ricorrente deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio;

22. le censure investono il ragionamento decisorio in ordine alla mancata esposizione all’amianto. Esse si collocano del tutto al di fuori del perimetro del vigente art. 360 c.p.c., n. 5, ratione temporis applicabile, come costantemente interpretato da questa Corte (v. principi di Cass., sez. un., nn. 8053 e 8054 del 2014, ribaditi dalle stesse sezioni unite v. n. 19881 del 2014, n. 25008 del 2014, n. 417 del 2015 e successive conformi anche delle sezioni semplici);

23. conclusivamente, sulla base delle esposte argomentazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile;

24. le spese seguono la soccombenza e si liquidano, in favore dell’INPS, come da dispositivo;

25. sussistono, altresì, i presupposti processuali per il pagamento del doppio contributo, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore dell’INPS, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 7 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2022

 

 

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