Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2170 del 01/02/2021

Cassazione civile sez. lav., 01/02/2021, (ud. 09/09/2020, dep. 01/02/2021), n.2170

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25382/2015 proposto da:

D.C.V., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso lo studio dell’avvocato GENNARO ORLANDO, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA

PULLI, MAURO RICCI, EMANUELA CAPANNOLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3832/2015 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata

il 27/04/2015 R.G.N. 26121/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/09/2020 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 27.4.2015, il Tribunale di Napoli ha dichiarato carente d’interesse il ricorso ex art. 445-bis c.p.c., comma 6, con cui D.C.V. aveva contestato le risultanze peritali della CTU disposta in sede di accertamento tecnico preventivo, che aveva ritenuto a suo carico la totale inabilità invece che un’invalidità compresa tra il 74% e il 99%, siccome richiesto nel ricorso introduttivo della fase di istruzione preventiva;

che avverso tale pronuncia D.C.V. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura;

che l’INPS ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione dell’art. 100 c.p.c. e L. n. 118 del 1971, art. 13, per avere il Tribunale ritenuto che ella difettasse d’interesse a contestare le risultanze della CTU che aveva accertato a suo carico la totale inabilità a fronte di una domanda giudiziale volta ad accertare un grado d’invalidità compreso fra il 74% e il 99%, onde fruire dell’assegno d’invalidità;

che, con il secondo motivo, la medesima censura è riproposta sub specie di violazione e falsa applicazione degli artt. 445-bis e 112 c.p.c.;

che i motivi possono essere trattati congiuntamente, in considerazione della sovrapponibilità delle censure e sono infondati, dal momento che, nel procedimento ex art. 445-bis c.p.c., un interesse a contestare le risultanze peritali può sorgere soltanto quando esse escludano una condizione d’invalidità che abiliti la parte istante a richiedere la prestazione previdenziale o assistenziale in relazione alla quale si è svolta l’istruzione preventiva, non già quando ne accertino una maggiore, nulla impedendo alla parte di limitare la propria richiesta a quella prestazione previdenziale o assistenziale che presupponga un minor grado d’invalidità;

che, proprio per ciò, non può configurarsi in specie alcuna violazione dell’art. 112 c.p.c., essendo il procedimento ex art. 445-bis c.p.c., volto unicamente ad accertare le condizioni sanitarie dell’istante e non potendo contenere alcuna efficace declaratoria sul diritto alla prestazione, che può sopravvenire solo in esito ad accertamenti relativi agli ulteriori requisiti socio-economici (così Cass. nn. 27010 del 2018, 9755 del 2019, 17787 del 2020);

che il ricorso, pertanto, va rigettato;

che la ricorrente, soccombente, va condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, non potendo attribuirsi valore alla dichiarazione ex art. 152 att. c.p.c., contenuta a pag. 13 del ricorso, siccome sottoscritta dal solo difensore (così, tra le tante, Cass. nn. 5363 del 2012, 22952 del 2016, 24764 del 2017), nè figurando in calce al ricorso alcuna menzione della dichiarazione della parte tra i documenti depositati;

che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 9 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2021

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