Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 217 del 09/01/2014
Civile Sent. Sez. 5 Num. 217 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CAPPABIANCA AURELIO
SENTENZA
sul ricorso 24851-2008 proposto da:
SCHITTINO GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA CRESCENZIO 91, presso lo studio dell’avvocato
LUCISANO CLAUDIO, che lo rappresenta e difende giusta
delega in calce;
– ricorrente contro
2013
2982
AGENZIA DELLE ENTRATE SEDE CENTRALE in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende
ope legis;
Data pubblicazione: 09/01/2014
– controricorrente
–
avverso la sentenza n. 30/2007 della COMM.TRIB.REG.
di TORINO, depositata il 13/07/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 29/10/2013 dal Presidente e Relatore
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
Dott. AURELIO CAPPABIANCA;
R.G. 24.851/08
Svolgimento del processo
Giuseppe Schittino propose ricorso avverso avvisi
di accertamento irpef ed ilor per gli anni 1977, 1978 e
1979.
Pendendo il giudizio davanti alla Commissione
tributaria centrale, il contribuente propose, davanti
alla Commissione tributaria provinciale, ricorso
avverso il diniego opposto dall’Agenzia all’istanza di
condono, nelle more avanzata ai sensi dell’art. 16. 1.
289/2002.
L’adita
commissione
provinciale
dichiarò
inammissibile il ricorso, in quanto non proposto, come
prescritto dall’art. 16, comma 8, 1. 289/2002, davanti
all’organo giurisdizionale presso cui pendeva la lite
oggetto dell’istanza di condono, e la commissione
regionale respinse l’appello successivamente promosso
dallo Schittino.
Il contribuente ha, quindi, proposto ricorso per
cassazione in unico motivo.
L’Agenzia ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
Con l’unico motivo di ricorso, il contribuente
deduce
“Violazione
e Falsa applicazione dell’art. 16,
comma 8, legge 27 dicembre 2002, n. 289; violazione e
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R.G. 24.851/08
mancata applicazione dell’art. 19, comma l
lett.
h,
decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546; denunzia
a sensi dell’art. 62, Decreto Legislativo 31 dicembre
1992, n. 546, ed art. 360, n. 3, c.p.c.” e formula il
seguente quesito di diritto:
“Dica questa Corte se,
l’impugnativa del diniego della lite di cui all’art. 16
della legge 289 del 2002, debba (od anche possa)
essere svolta presso il giudice di primo grado dal
momento che oggetto dell’impugnativa risulta essere il
solo diniego, e non anche la sentenza di secondo
grado”.
In disparte i profili di inammissibilità del
ricorso per inidoneità del “quesito di diritto” (che,
all’evidenza, non risponde ai requisiti enucleati dalla
giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. s.u. 3519/08,
4311/08, 4309/08), l’esplicata doglianza si rivela
infondata e va, conseguentemente, comunque disattesa.
Invero così come del resto consolidatamente
confermato dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr.
Cass. 24910/08, 6205/06, 5092/05) e riconosciuto anche
da quella della Corte costituzionale (cfr. C. cost.
107/07) – l’art. 16, comma 8, 1. 289/2002 individua in
modo univoco
nell'”organo giurisdizionale presso 11
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pendente la lite presso il giudice di terzo grado,
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Al
RG. 24.851/08
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quale pende la lite” il giudice funzionalmente (ed
esclusivamente)
competente
a
decidere
sull’impugnazione del diniego di definizione
agevolata della controversia.
Alla stregua delle considerazioni che precedono,
Per la soccombenza il ricorrente va condannato alla
refusione delle spese del giudizio, liquidate, in
dispositivo, in applicazione dei criteri stabiliti dal
d.m. 140/2012.
P.Q.M.
La Corte: rigetta il ricorso; condanna il ricorrente
alla refusione delle spese del giudizio, liquidate in
complessivi C 1.300,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29
ottobre 2013.
s’impone il rigetto del ricorso.