Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21698 del 26/10/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 21698 Anno 2015
Presidente: BUCCIANTE ETTORE
Relatore: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 2’9134-2010 proposto da:
MARTINELLI

ADELE

MRTDLA26B6416820,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE CASTRENSE 7, presso lo
studio dell’avvocato DOMENICO PORRONE, rappresentata e
difesa dall’avvocato RAFFAELE MAURO;
– ricorrente contro

2015
1733

PRATA

ASSUNTA

PRTSNT39H57I682A,

LUIGI

ZILLI

ZLLLGU38E021682T, elettivamente domiciliati

in

ROMA,

VIA CIVIDALE DEL FRIULI 13, presso lo studio
dell’avvocato CRISTINA DE ANGELIS, rappresentati e

Data pubblicazione: 26/10/2015

difesi dall’avvocato MARCIANO MOSCARDINO;
controri correnti –

avverso la sentenza n. 168/2009 della CORTE D’APPELLO
di CAMPOBASSO, depositata il 22/10/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

GIOVANNI LOMBARDO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE

che

ha concluso per

l’inammissibilità in sub rigetto del ricorso.

udienza del 14/07/2015 dal Consigliere Dott. LUIGI

RITENUTO IN FATTO
1. – Martinelli Adele convenne in giudizio, innanzi al Tribunale di
Isernia, Zilli Luigi e Prata Assunta, proponendo domanda di rivendica del
terreno sito nel comune di Sesto Campano, foglio 131, particella n. 297.
I convenuti resistettero alla domanda, assumendo di essere essi i
Il Tribunale adito rigettò la domanda, condannando l’attrice alla
rifusione delle spese processuali.
2. – Sii! gravame proposto dalla Martinelli, la Corte di Appello di
Campobasso, con sentenza del 22.10.2009, rigettò l’impugnazione e
confermò la pronuncia di primo grado.
3. – Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso Mai -tinelli
Adele sulla base di tre motivi.
Resistono con controricorso Zilli Luigi e Prata Assunta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. – Col primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa
applicazione dell’art. 2697 cod. civ., con riferimento alla ritenuta mancata
prova della proprietà della particella di terreno oggetto della domanda.
La censura è inammissibile.
Essa, nella sostanza, si risolve in una censura in fatto, con la quale si
contesta il convincimento del giudice formatosi sull’interpretazione del
titolo prodotto in giudizio dall’attrice, costituito dall’atto notarile del
4.1.1967 col quale la sua dante causa — Martinelli Emilia — divenne
proprietaria del fondo sito nel comune di Sesto Campano.
Sul punto, Va tuttavia ricordato che, secondo la giurisprudenza di
questa Corte in tema di ermeneutica contrattuale, l’interpretazione di un atto
negoziale è tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito,
incensurabile in sede di legittimità, se non nella ipotesi di violazione dei

proprietari della particella di terreno rivendicata.

canoni legali di ermeneutica contrattuale di cui all’art. 1362 e segg. cod.
civ. o di motivazione insufficiente o illogica, ossia non idonea a consentire
la ricostruzione dell’iter logico seguito per giungere alla decisione (Sez. L,
Sentenza n. 17168 del 09/10/2012, Rv. 624346; Sez. 2, Sentenza n. 13242
del 31/05/2010, Rv. 613151; Sez. 3, Sentenza n. 24539 del 20/11/2009, Rv.
ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o sul
vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una
interpretazione diversa (Sez. 1, Sentenza n. 22536 del 26/10/2007, Rv.
600183).
Sul punto, va altresì ribadito il principio secondo cui, per sottrarsi al
sindacato di legittimità, non è necessario che l’interpretazione data al
contratto dal giudice del merito sia l’unica interpretazione possibile o la
migliore in astratto, ma è sufficiente che sia una delle possibili e plausibili
interpretazioni; perciò, quando di una clausola contrattuale sono possibili
due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto
l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di
legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (Sez. 3, Sentenza n.
24539 del 20/11/2009, Rv. 610944; Sez. 1, Sentenza n. 4178 del
22/02/2007, Rv. 595003).
Nella specie, avuto riguardo alla censura in esame, va rilevato come
non solo” la ricorrente non ha lamentato alcuna violazione delle regole
di interpretazione degli atti negoziali, ma i giudici di merito hanno spiegato
— con argomenti esaustivi ed esenti da vizi logici e giuridici — la loro
interpretazione del titolo prodotto dall’attrice (osservando che la particella
n. 279 non risulta affatto indicata nell’atto di acquisto della dante causa
dell’attrice, mentre — al contrario — risulta inclusa nell’atto di acquisto dei
convenuti e precisando che l’attrice non ha provato che i confini del

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610944); con l’ulteriore conseguenza dell’inammissibilità del motivo di

fondo della sua dante causa si estendessero fino a comp .rendere la particella
di terreno rivendicata); né gli argomenti dei giudici di merito disconoscono
che l’attrice è erede di Martinelli Emilia, qualità di erede tuttavia che — in
e.

assenza della prova che la de cuius fosse proprietaria della particella di
terreno rivendicata — è comunque inidonea a supportare l’accoglimento
della domanda.
2. – Col secondo e col terzo motivo di ricorso, che possono
esaminarsi unitariamente, si deduce la violazione e falsa applicazione degli
artt. 184-184 bis cod. proc. civ., 74-87 disp. att. cod. proc. civ., 113 cod.
proc. pen. Si deduce che, essendo andate smarrite le note istruttorie
depositate dal procuratore dell’attrice in cancelleria e contenenti istanza di
ammissione di prova per testi e produzioni documentali, il giudice di primo
grado avrebbe errato a non ammettere la prova testimoniale circa l’avvenuto
deposito delle dette note ai fini della dimostrazione dello smarrimento di
esse e dell’ottenimento della rimessione in termini. Si lamenta ancora che il
giudice di merito avrebbe omesso di ricercare le note andate smarrite e non
avrebbe tenuto conto che le note istruttorie ex art. 184 andavano depositate
in cancelleria e non inserite nel fascicolo di parte, dal che l’irrilevanza della
mancata annotazione di esse nell’indice di detto fascicolo.
Le censure non possono trovare accoglimento.
Innanzitutto, va rilevata l’inammissibilità della censura relativa alla
mancata ammissione della prova testimoniale per violazione del principio
di autosufficienza del ricorso.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide,
per soddisfare il requisito imposto dall’articolo 366 comma primo n. 3 cod.
proc. civ., il ricorso per cassazione deve contenere l’esposizione chiara ed
esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla
quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di

fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le
deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo
svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le
argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza
impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del
asseritamente erronea — compiuta dal giudice di merito. Il principio di
autosufficienza del ricorso impone che esso contenga tutti gli elementi
necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa
cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e
la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della
sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del
processo, ivi compresa la sentenza stessa (Sez. 2, Sentenza n. 7825 del
04/04/2006, Rv. 590121; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 1926 del 03/02/2015, Rv.
634266).
Nella specie, il ricorrente non ha assolto tale onere, non avendo
riportato nel ricorso le modalità e i termini nei quali chiese l’ammissione
della prova per testi, non ponendo così questa Corte nelle condizioni di
verificare la fondatezza della censura relativa alla mancata ammissione
della prova.
Va poi rilevato che la Corte territoriale ha spiegato — con
motivazione esente da errori logici e giuridici — che la prova testimoniale
dello smarrimento era inammissibile per la sua genericità (mancata
indicazione del testimone e del capitolo di prova); che il giudice di primo
grado aveva disposto la ricerca della memoria, la quale non fu rinvenuta né
prodotta nuovamente dalla parte all’udienza; che, in ogni caso, la parte non
ebbe ad avanzare istanza di rimessione in termini.

giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella —

Quanto alla mancata annotazione delle note istruttorie ex art. 184
nell’indice del fascicolo di parte, va rilevato che — in ogni caso — sarebbe
stato onere della parte, nel depositare le note in cancelleria, conservare e
produrre l’attestazione della medesima cancelleria circa l’avvenuto deposito
delle stesse; onere che la parte non ha adempiuto.
esattamente la Corte territoriale ha ritenuto inapplicabile l’invocata
disposizione dell’art. 113 cod. proc. pen., relativa alla “ricostituzione di
atti”, applicabile per analogia al rito civile.
3. – Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente
condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle
spese processuali, liquidate come in dispositivo.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese
processuali, che liquida in C 2.700,00 (duemilasettecento), di cui C 200,00
per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda
Sezione Civile, addì 14 luglio 2015.

In assenza della prova dell’avvenuto deposito delle note de quibus,

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