Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21697 del 26/10/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 21697 Anno 2015
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: SCALISI ANTONINO

SENTENZA

sul ricorso 8950-2010 proposto da:
COMUNE TREVI NEL LAZIO 00300630605, in persona del
Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DI VAL GARDENA 3, presso lo studio
dell’avvocato LUCIO DE ANGELIS, che lo rappresenta e
difende;
– ricorrente –

2015
1628

contro

VITA PASQUALE VTIPQL53H16B354V,

a

a

a e,

135C-g-RtulTA, VITA STEFANIA VTISFN51L66B354X, VITA MARIA
4£2_,

CARLA VTIMCR49D56B354T,Velettivamente domiciliati in

Data pubblicazione: 26/10/2015

ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA’ 13, presso lo studio
dell’avvocato PAOLO APPELLA, che li rappresenta e
difende giusta procura speciale per Notaio
Dott.Francesco Maria SIROLLI MENDARO PULIERI rep.
38721 del 11/6/2015;
SILVANO

FZASVN27B12I461R,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA VAL DI FASSA 54, presso lo
studio dell’avvocato FRANCO FELLI, che lo rappresenta
e difende unitamente all’avvocato MARIA RITA FELLI;
– con troricorrenti nonché contro

SALOMONI ANDREA, SALOMONI CARLO, CURATELA EREDITA’
GIACENTE SALOMONI ANTONIO in persona del curatore
Avv.F. DI MAURO;
– intimati –

avverso la sentenza n. 1188/2009 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 16/03/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/06/2015 dal Consigliere Dott. ANTONINO
SCALISI;
udito l’Avvocato DE ANGELIS Lucio, difensore dei
ricorrenti che ha chiesto accoglimento del ri corso;
uditi gli Avvocati APPELLA Paolo, FELLI Maria Rita,
difensori dei rispettivi resistenti che hanno chiesto
il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

FAZI

Generale Dott. CARMELO CELENTANO che ha concluso per

l’accoglimento del quarto motivo di ricorso.

e

s

,

Svolgimento del processo
Fazi Silvano, con atto di citazione del 16 novembre 1984, premesso di aver
acquistato dal sig. Salomoni Antonino, con atto pubblico del 9 marzo 1959 il
terreno sito in Trevi nel Lazio contrada Altipiani di Arcinazzo, acquistato da
Salomoni dal Comune di Trevi nel Lazio, conveniva davanti al Tribunale di

Frosinone il Comune di Trevi nel Lazio, per sentirsi dichiarare unico ed
esclusivo proprietario del terreno di cui sopra, nonché sentir dichiarare nulla e
priva di effetti giuridici la vendita posta in essere dal Comune di Trevi nel
Lazio

in favore della Cuneo Giuseppina il 14 aprile 1984 con ogni

conseguenza ivi compresa quella della cancellazione

della trascrizione e al

risarcimento del danno da liquidarsi nel carso di causa e la vittoria delle spese
..
.

_

di giustizia.
Si costituiva Cuneo Giuseppina deducendo che il contratto originariamente
stipulata da Salomoni con il comune di Trevi nel Lazio era sottoposto a

.,
condizione dell’osservanza dell’obbligo dell’acquirente di costruire

_

entro

cinque anni dalla stipula del contratto stesso un fabbricato di civile abitazione
e tale obbligo non era stato adempiuto né da Salomoni e né dal sua avente
causa Fazi. La convenuta affermava, dunque, che trascorsi

moltissimi anni

dalla diffida ad adempiere intimata a Salomoni il 8 marzo 1962 l’efficacia
del contratto del 7 dicembre 1956 e di quello del 9 marzo 1959 era cessata.
Chiedeva, pertanto, anche in via riconvenzionale, che venisse dichiarata
l’inefficacia del contratto stipulato dal comune con Salomoni e in via
\
consequenziale del contratto stipulato da Salomoni con Fazi, nonché venisse
l

dichiarata la piena efficacia del contratto che al stessa aveva stipulato con il
Comune.
a

1

,

Si costituiva, anche, il Comune di Trevi nel Lazio, ribadendo la tesi difensiva
di Giuseppina Cuneo e chiedeva che venisse chiamato in causa Salomord.
Il Tribunale di Frosinone con sentenza n. 472 d3e1

1993 dichiarava

l’inefficacia del contratto stipulata dalla Cuneo con il comune di Trevi nel
Lazio e dichiarava Fazi unico proprietario del terreno oggetto della

controversia, rigettava ogni ulteriore domanda.
Avverso questa sentenza proponeva appello Cuneo Giuseppina, deducendo tre
motivi di gravame e chiedendo la riforma integrale della sentenza del
Tribunale.
Si costituiva il comune di Trevi contestando l’appello e svolgendo appello
incidentale con il quale da un lato aderiva alla tesi difensiva della signora
_
.

.

Cuneo e per altro proponeva tre motivi di impugnazione propria.
La Corte di Appello di Roma con sentenza n. 1311 del 1998, ritenendo
fondata l’eccezione pregiudiziale di mancanza d’integrità del contraddittorio,

,
non essendo stato evocato in giudizio Salomoni, dichiarava la nullità della
sentenza del Tribunale di Frosinone e rimetteva la causa al primo giudice
Fazi Silvano riassumeva la causa nei confronti del Comune di Trevi nel Lazio,
Cuneo Giuseppina e Salornoni Andrea e Carlo, eredi di Salomoni Antonio,
riproponendo le stesse domande avanzate originariamente.
Si costituivano sia Giuseppina Cuneo e sia il comune Trevi nel Lazio, i quali
riproponevano sostanzialmente le stesse domande ed eccezioni già svolte
nell’originario giudizio.
Nel frattempo, Fazi avendo costatato che i figli di Salomoni Antonio avevano
rinunciato all’eredità, provvedeva a chiedere la nomina di un curatore
dell’eredità giacente. Si costituiva, dunque, in giudizio il curatore dell’eredità
t.

2

ti (1

,

giacente, eccependo la propria mancanza di legittimazione passiva e, in via
subordinata, aderiva alle richieste e difese svolte da Fazi, ad eccezione della
domanda di garanzia svolta da Fazi nei confronti dell’eredità giacente
convocare in giudizio

formulata dal Comune di Trevi e da Giuseppina Cuneo e

Il Tribunale di Frosinone con sentenza n. 664 del 2004 accoglieva l’eccezione
dichiarava

l’estinzione del giudizio in considerazione della mancata individuazione ed
integrazione del contraddittorio nel termine prescritto ex art. 353 cpc.
Avverso questa sentenza proponeva appello Fazi, eccependo che il Tribunale
non poteva dichiarare estinto il processo perché l’eccezione di che trattasi era
stata formulata intempestivamente e, comunque, in caso di omessa notifica
.

della sentenza della Corte di Appello, che rimetteva la causa al primo giudice
il termine per la riassunzione era quello di un anno e 46 giorni, di cui all’art.
327 cpc., e non quello di sei 4emsi e 46 giorni.

,
Si sono costituiti Cuneo e il Comune di Trevi, chiedendo la conferma della
sentenza impugnata.
Si costituiva Salomoni Andrea, il quale eccepiva la mancanza di
legittimazione passiva perché aveva rinunciato all’eredità
Non si costituiva l’eredità giacente di Salomoni Andrea e di Salomoni Carlo.
La Corte di Appello di Roma con sentenza n. 1188 del 2009 accoglieva
l’appello e per l’effetto dichiarava l’inefficacia nei confronti di Fazi Silvano
del contratto di compravendita stipulato tra il Comune di Trevi nel Lazio e
Cuneo Giuseppina, dichiarava unico ed esclusivo proprietario del terreno
oggetto del giudizio Fazi, condannava Cuneo Giuseppina a rilasciare il terreno
sgombero e libero, accoglieva la domanda dispiegata da Cuneo nei confronti
:.

3

P/

del Comune e condannava il comune al pagamento della somma di E.
7.927,73, oltre interessi al tasso di interessi maturati dal 18 aprile 1984 alla
presente sentenza sul capitale di E. 3.176,21 di anno in anno rivalutato.
Condannava Cuneo e il Comune in solido a rimborsare al Fazi le spese di
entrambi i gradi del giudizio. Condannava il Comune e la Cuneo a rimborsare

a Salomoni Andrea le spese di entrambi i gradi del giudizio. Condannava il
Comune di Trevi nel Lazio a rimborsare a Cuneo le spese di entrambi i gradi
del giudizio. Secondo la Corte di Roma l’eccezione di estinzione del processo
per omesso rispetto del termine di cui all’art. 353 cpc., non essendo stata
proposta, come avrebbe dovuto essere, prima di ogni altra difesa, pertanto,
era inammissibile, per decadenza. Nell’ipotesi anche le eccezioni di omessa
.
.

.

integrazione del contraddittorio, sono state prive di fondamento.
Nel merito secondo la Corte di Roma, l’atto pubblico con il quale il Comune
di Trevi nel Lazio ha venduto il terreno a Cuneo Giuseppina

era privo di

,
efficacia perché quando tale compravendita veniva stipulata il Comune non
era più proprietario del terreno, nè lo era diventato successivamente e il titolo
di proprietà del Fazi era opponibile, anche alla Cuneo perché trascritto già il
28 marzo 1959 e, cioè, prima della trascrizione dell’atto di acquisto della
Cuneo.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dal Comune di Trevi nel Lazio
con atto di ricorso affidato a quattro motivi. Fazi Silvano e gli eredi di Cuneo
Giuseppina (Vita Maria Carla, Stefania, pasquale) hanno resistito con separati
controricorsi.

fr

In data 19 giugno 2015 l’avv. De Angelis ha depositato copia del decreto del
22 gennaio 2010 con il quale il Presidente della Repubblica ha sciolto il
.z

4

Consiglio Comunale di Trevi del Lazio e nominato quale Commissario
straordinario il dott. Giuseppe Lolli. In data 10 giugno 2015, l’avv. Appella ha
depositato nuovo mandato ad litem con forma autenticata da notaio con il
quale i sigg. Vita hanno nominato Paolo Appella quale nuovo procuratore,
dando atto che il precedente difensore avv. A. Appella, è deceduto.

In prossimità dell’udienza pubblica sia il Comune di Treni del Lazio che
Fazio Silvano hanno depositato memoria ex art. 378 cpc.
Motivi della decisione
1 .— In via preliminare va esaminata l’eccezione d’inammissibilità del ricorso
per difetto di valida procura avanzata da Fazi Silvano con il controricorso.
Secondo il controricorrente, il mandato rilasciato dal Comune di Trevi del
Lazio al suo difensore in calce al ricorso é invalido perché risultando i
,

medesimo conferito dal Sindaco pro tempore Silvio Grazioli e sottoscritto,
invece,

dal

Commissario

straordinario

con

forma

illeggibile.

conseguirebbe l’obiettiva incertezza sulla persona del conferente

Ne

che si

porrebbe come preclusiva della successiva necessaria indagine sull’esistenza
in capo al medesimo dei relativi poteri rappresentativi. Tale situazione,
sempre a dire dal ricorrente, comporterebbe l’invalidità della procura stessa e,
quindi, l’inammissibilità del ricorso proposto dal Comune di Trevi nel Lazio.
11= L’eccezione è infondata ed essenzialmente perché vi è perfetta
corrispondenza tra l’organo che ha rilasciato la procura —Commissario
Straordinario del Comune di Trevi nel Lazio- e l’organo citato in epigrafe del
ricorso (Comune di Trevi nel Lazio , in persona del Commissario

p.. 1

I

i
t

straordinario dott. Giuseppe Lolli, subentrato ex lege al Sindaco dott. Silvio

v

Grazioli, già autorizzato a proporre ricorso per cassazione con delibera della
5

,

t

,

Giunta n. 155 del 13 novembre 2009), pertanto, deve ritenersi un errore,
facilmente emendabile, l’indicazione del Sindaco, nella parte iniziale della
procura.
2.= Con il primo motivo del ricorso il Comune di Trevi nel Lazio denuncia la
violazione e falsa applicazione degli artt. 353 capoverso, 354, comma 3, 307

comma 4, 157 comma 2 cpc. Pretermissione di risultanze processuali decisive
rilevabile dalla Corte Suprema e, per scrupolo difensivo, denunziata anche
come mancanza di motivazione su fatti decisivi) digradanti la deduzione
dell’eccezione di estinzione,

non appena venne evidenziata l’effettiva

omissione dell’integrazione del contraddittorio, disposta ai sensi dell’art. 353
capoverso e 354 comma 4 cpc. (art. 360 nn. 3, 4, 5 cpc). Secondo il ricorrente,
avrebbe errato la Corte di Roma nell’aver ritenuta tardiva l’eccezione di
.

.

estinzione del giudizio perché non avrebbe tenuto conto che l’eccezione era
stata sollevata non appena si constatò che, in realtà, mancava ancora ogni
prova in ordine all’effettiva accettazione dell’eredità di Salomoni Antonio,
ovvero della qualità di eredi di Carlo e Andrea Salomone. E di più, la Corte
romana non avrebbe tenuto conto, sempre secondo il ricorrente,

che

l’eccezione di tardività dell’attività processuale svolta da una delle parti è
deducibile in ogni fase del giudizio e anche proponibile per la prima volta nel
giudizio di appello, ai sensi del testo originario dell’art. 345 cpc.
Pertanto, conclude il ricorrente, dica la Corte di cassazione: se l’iniziativa
volta a far valere la tardività dell’atto processuale inerente alla deduzione
dell’estinzione del giudizio possa essere espletata

sine die, fino alla

precisazione delle conclusioni (e possa essere, addirittura sollevata anche nel
giudizio di appello ove sia applicabile il vecchio rito) o, invece, debba essere
,

6

,

assunta nella prima istanza o difesa successiva

all’atto (o alla conoscenza

dell’atto). Si propone la regola iuris fondata sulla previsione normativa di
carattere generale sancita dall’art. 157 comma 2 cpc.,

della necessaria

immediatezza della relativa eccezione di parte.

a) se ai fini della definizione della predetta causa si possa prescindere dalle
risultanze dei verbali delle udienze del 21 febbraio 2000 e del 30 giugno 2000
dai quali emerge che l’estinzione del giudizio venne sollevata dal Comune di
Trevi nel Lazio, non appena si constatò che l’attore si limitava a riservare al
proseguo della causa la dimostrazione della qualità effettiva di eredi (di
Carlo e di Andrea Salomoni), qualità di eredi che, per altro, era stata in
equivocamente affermata nell’atto di riassunzione 9 aprile 1999 e notificato
.

.

il 21 maggio a cura del sig. Fazi con successiva ulteriore riserva di provare la
qualità di eredi dei suddetti convenuti pur rinunzianti (atteso che nonostante la
rinunzia poteva ancora dimostrarsi la qualità di eredi dei convenuti Carlo e
Andrea Salomoni sia perché, eventualmente, in possesso dei beni del de cuius
nel caso previsto dall’art. 485 comma 2 cc. sia perché la rinunzia in ipotesi
ulteriore, era stata effettuata ai sensi dell’art. 478 cc e comportava essa stessa
l’accettazione dell’eredità), o se, invece, le risultanze stesse dovevano
considerarsi decisive pe recludere radicalmente al pretesa “tardività”.
b) se hai fini della corretta definizione della causa si possa prescindere dal
comportamenti di assoluta carenza di qualsiasi deduzione da parte dell’attore,
in ordine all’asserita tardività dell’eccezione di estinzione, formalmente
sollevata dal Comune di Trevi nel Lazio e della sig.ra Cuneo Giuseppina (tale
assoluta carenza emerge sia dal verbale dell’udienza del 24 settembre 2001,

,

7

Ed ancora:

la prima successiva al deposito in data 28 novembre 2000, delle note del 16
novembre 2000 del Comune di Trevi

che sollevavano formalmente

l’eccezione di prescrizione sia del verbale delle successive udienze del 13
dicembre 2002 e del 11 aprile 2003 e del 23 giugno 2003 ), o se, invece, tali

era in ogni caso sopravvenuta,

risultanze dovevano essere ritenute decisive per affermare che nella fattispecie
ai sensi dell’art. 157 capoverso cpc., la

sanatoria della pretesa tardività dell’eccezione di estinzione.
2.1.= Il motivo è inammissibile per mancanza di interesse, posto che il
ricorrente non ha censurato tutte le ragioni poste a fondamento della
decisione.
Va qui osservato che la Corte distrettuale non solo ha ritenuto tardiva

_
.

l’eccezione di estinzione del giudizio, ma ha escluso che sia il Comune di
Trevi nel Lazio

e sia la sig.ra Cuneo Giuseppina fossero legittimati a

proporla, perché non erano parti interessate, ed ha rilevato che l’eccezione di
che trattasi non era stata eccepita, invece, dai soggetti legittimati e, cioè, dagli
eredi di Salomoni Antonio: Carlo ed Andrea e dalla curatela dell’eredità
giacente ai quali l’atto di riassunzione era stato prontamente notificato.
Questa Corte, ha già affermato, in altra occasione, e non vi è ragione per non
confermare:
a) che l’inosservanza del termine stabilito dal giudice per la riassunzione della
causa (e si aggiunga la mancata integrazione del contraddittorio) comporta
l’estinzione del giudizio. Tale estinzione opera di diritto, ma deve essere
eccepita dalla parte, che vi abbia interesse, prima di ogni altra difesa, ai sensi
dell’art. 307 ultimo comma del codice di procedura civile, e non può essere
rilevata di ufficio dal giudice innanzi al quale il processo è stato riassunto. Ne
8

[ )/1

deriva che, qualora l’estinzione non sia stata eccepita, l’irritualità della
riassunzione è priva di effetti, con tutte le conseguenze che ne discendono,
anche in tema di preclusioni (Cass. 10 ottobre 1985 N. 4939);
b) che l’eccezione di estinzione del giudizio (nella specie, per omessa
citazione di una delle parti del processo) può essere sollevata, ai sensi

dell’ultimo comma dell’art. 307 cod. proc. civ., soltanto dalla parte interessata,
nel caso di unico processo con pluralità di parti non può essere fatta valere da
una parte diversa rispetto a quella nei cui confronti l’ipotesi di estinzione si è
verificata (Cass. n. 6361 del 19/03/2007).
Pertanto, correttamente la Corte di Roma ha specificato che (…) le eccezioni
di estinzione del giudizio per omessa integrazione del contraddittorio ai sensi
dell’art. 102

cpc. e /o per mancata notifica dell’atto di riassunzione nei

termini di legge,— ammesso pure che siano state tempestive e avanzate da
soggetti legittimati a sollevarli, erano tutte prive di fondamento, perché Fazi
,
Silvano non avrebbe mai omesso di rispettare il termine concessogli ai sensi
dell’art.

102, e perché, comunque, lo stesso Fazi avrebbe notificato

tempestivamente all’eredità giacente. E’ del tutto evidente, dunque, che la
Corte di Roma ha in primis escluso che l’eccezione di estinzione del giudizio
fosse stata avanzata dai soggetti legittimati e, cioè, dagli eredi di Salomoni
Antonio: Carlo ed Andrea e, neppure dai figli dei figli e, neppure dal curatore
dell’eredità giacente ed ha, sostanzialmente, escluso che quella eccezione
avrebbe potuto essere avanzata dal Comune di Trevi nel Lazio e/o dalla sig.ra
Cuneo Giuseppina.
2.= Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa
1
applicazione degli artt.470, 472, 528 cc. anche in relazione agli artt. 52 e 53
.

9

..■■.m.

,

N.me,..■– –

IMMIM~.1.11.

disp. att. cc ., nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 353, 354, 152 e
110 cpc.,

Mancanza di motivazione e contraddittorietà in ordine

a

circostanze decisive (art. 360 nn. 3,4,5 cpc. Secondo il ricorrente,
l’integrazione, specificamente, ordinata dalla Corte di Appello nei confronti di
non era stata effettuata nel termine perentorio

correlativamente fissato ope iuris dall’art. 353, secondo comma cpc.
In ragione di ciò il ricorrente chiede alla Corte di stabilire:
a) se nel caso in cui manchi ancora l’accettazione dei chiamati all’eredità
debba negarsi la sussistenza di un’eredità giacente e debba , altresì, negarsi la
possibilità di far subito nominare un curatore dell’eredità giacente oppure se
debbono invece, affermarsi sia la sussistenza dell’eredità giacente, sia
l’immediata possibilità di nomina della stessa eredità. Si propone come regia
iurs questa seconda opzione interpretativa.
b) se possa escludersi la decadenza derivante dall’inosservanza del termine
perentorio, nel caso di mancata integrazione che sia stata determinata
unicamente dall’avere omesso i necessari accertamenti preventivi e anagrafici
presso il Registro delle successioni, oppure se debba affermarsi la decadenza
stessa, senza possibilità di rimessione in termini, proprio, in considerazione
dell’omissione degli accertamenti medesimi che erano consentiti, infatti, a
chiunque. Si propone come regala iuris tale seconda interpretazione.
e) se nel caso di originario ordine di integrazione del contraddittorio
specificamente e nominativamente sancito con la sentenza di annullamento
nei confronti di un determinato soggetto individuato in modo espresso ed
inequivoco,
contraddittorio,
.

come
possa

destinatario

della

pretermettersi

necessaria

l’integrazione

integrazione
medesima

del
nella
10

Antonio Salomoni,

riassunzione iniziale, persistendo poi nell’omettere tale integrazione per oltre
tre anni, nonostante ala sequela di ampi rinvii concessi proprio al fine di
poter integrare sia pure tardivamente il contraddittorio, oppure se l’omissione
dell’integrazione per ciascuno degli ampi rinvii (nella specie dal 21 febbraio

scioglimento della riserva del 30 giugno 2000 con ordinanza del 25 giugno

.

2001, da quest’ultima data, dall’ I gennaio 2002 addirittura fino al 13
dicembre 2002) comporti, comunque, l’inosservanza di ulteriori termini
concessi pur sempre ai fini dell’integrazione (e su richiesta del difensore del
riassumente ) con la conseguente estinzione del giudizio anche sotto questo
profilo ulteriore. Si propone come regala iuris la seconda soluzione
interpretativa.

_
_

Il ricorrente conclude, altresì, proponendo il seguente quesito motivazionale:
se potesse nella specie correttamente negarsi (pag. 17 della sentenza) e,
comunque, pretermettersi la finalità esclusiva dei ripetuti rinvii sanciti nei
verbali di udienza del 21 febbraio 2000 e del 30 giugno 2000 nell’ordinanza
del 25 giugno 2001, nonché, ancora, nel verbale di udienza dell’ 1 febbraio
2002 (fino al 13 dicembre 2002) oppure, se debbano, invece, ritenersi decisive
tali risultanze, per il verificarsi, in ogni caso, dell’estinzione del giudizio.
3.1.= Il motivo rimane assorbito dal motivo precedente, posto che, quale che
fosse la ragione dell’estinzione del giudizio o per mancata integrazione del
contraddittorio o per tardiva notifica dell’atto di riassunzione, comunque, la
relativa eccezione di estinzione, come si è già avuto modo di dire, avrebbe
dovuto essere sollevata dagli eredi di Salomoni Antonio e non, invece, dal
b7

Comune di Trevi nel Lazio o dalla sig.ra Cuneo Giuseppina, perché questi

11
,

2000a130 giugno 2000 dal 30 giugno 2000 al 30 ottobre 2000 nonché dopo lo

ultimi non

erano le parti interessate, posto che agli stessi l’atto di

riassunzione era stato notificato tempestivamente, dovendo considerare che la
sentenza della Corte di appello n. 1311/1998, che aveva rinviato la causa al
Tribunale, per omessa vocatio in ius di Salomoni Antonio, era stata emessa il

di Trevi e alla sig.ra Giuseppina Cuneo, il 9 aprile 1999 e, dunque, entro i
termini di cui all’art. 327 cpc.
Come ha avuto modo di affermare questa Corte in altra occasione, che qui si
condivide e si conferma: il termine semestrale per la riassunzione del giudizio,
in caso di sentenza di appello che disponga la rimessione al primo giudice per
l’integrazione del contraddittorio nei confronti di un litisconsorte necessario,
decorre dalla notificazione (e non anche dalla mera comunicazione) della
_

sentenza predetta e, in mancanza di tale notifica, dalla scadenza del termine
generale previsto dall’art. 327 cod. proc. civ. (un anno dalla pubblicazione
della sentenza), non essendo seriamente ipotizzabile che la riassunzione “de
qua” possa avvenire senza prefissati limiti temporali (Cass. n. 17026 del
12/11/2003).
4.= Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt 1458 comma 1 e comma 2 cc. 1454 comma 3 cc., 1456
comma 2 cc, 1362 comma 1 e 1363 cc. Insufficiente e contraddittoria
motivazione sulla risoluzione ope iuris del primo contratto di compravendita
(art. 360 n. 3 e 5 cpc.). Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale avrebbe
erroneamente pretermesso l’efficacia retroattiva della risoluzione del primo
contratto di compravendita che costituiva la base ed il presupposto giuridico
del secondo contratto. Lamenta, altresì, il ricorrente che la Corte distrettuale

12

21 aprile 1998, e Fazi Silvano ha notificato l’atto di riassunzione, al Comune

abbia negato l’esistenza di una diffida ad adempiere negando, poi, anche la
sussistenza di una clausola risolutiva espressa per altro con la pretermissione
di ulteriori risultanze decisive. Piuttosto, la lettera dell% marzo 1962
conteneva tutti gli elementi della diffida ad adempiere di cui all’art. 1454 cc.,
espressamente e

formalmente citata e si configurava come perfettamente idonea a raggiungere
lo scopo prefigurato dalla legge.
Pertanto ,conclude il ricorrente, dica la Corte di cassazione:
a) se la risoluzione ope iuris di cui all’art. 1454, comma tre, codice civile, e
.1456, comma 2 cc.,

operi o meno ex tunc

con efficacia retroattiva . Si

propone l’opzione interpretativa della radicale retroattività.
b) se la caducazione ex tune del primo contratto di compravendita determini
.

,.

o meno ex necesse la caducazione del successivo contratto, che era fondato
sull’efficacia del primo e, quindi, non era stato autonomamente concluso
dall’originario dante causa, essendo stato concluso, invece, da ben altro autore
(o venditore e cioè, dall’avente causa, del quale retroattivamente venuto meno
ogni diritto, a seguito della risoluzione

ope iuris

(di cui al quesito

precedente). Si propone come regola di diritto l’opzione interpretativa della
consequenziale caducazione, anche del contratto successivo e dipendente.
Ed ancora:
a) se sia decisivo ai fini dell’affermazione concernente la sussistenza di una
diffida ad adempiere il contenuto dell’intimazione scritta di cui alla
raccomandata ar. dell’8 marzo 1962 qualificata dalla precisa indicazione
dell’adempienza di per sè grave all’obbligo di costruire sul terreno entro un
preciso termine , dall’assegnazione di un preciso termine ulteriore per

13

anche in quella lettera la disposizione non viene

effettuare

immancabilmente

la

concreta

edificazione,

dall’espressa

dichiarazione che in caso di inosservanza del nuovo termine il contratto si
sarebbe considerato risolto.
b) se la clausola risolutiva di cui all’art. 1456 cc debba desumersi ai sensi

anche, dalle correlative autoriz7a7ione amministrative, nonché dall’inerenza
dell’adempimento pattuito

al presupposto ed alla finalità

essenziale del

contratto, come è riconosciuto del resto dalla stessa sentenza impugnata.
Sembra palese il rilievo decisivo delle singole risultanze dedotte al riguardo
dal Comune, anche in ordine all’applicazione dell’art. 1456 cc.
4.1.= Anche questo motivo è inammissibile per più di una ragione:
a) perché manca del carattere dell’autosufficienza, dato che il ricorrente
.

.

richiama una clausola del contratto di compravendita intervenuto tra il
Comune di Trevi e Salomoni, che si pretende sia un clausola risolutiva
espressa, e ad un tempo la lettera dell’8 marzo del 1962 con la quale si
asserisce il Comune avrebbe diffidato Salomoni ad adempiere gli impegni
assunti con il contratto, ma il ricorrente non provvede, e lo avrebbe dovuto
fare, a riportare il contenuto e della clausola contrattuale e della lettera de qua.
Epperò, è ius receptum riconosciuto anche da questa Corte di cassazione che,
quando il ricorrente censuri l’erronea interpretazione di clausole contrattuali
da parte del giudice di merito, per il principio di autosufficienza del ricorso,
ha l’onere di trascriverle integralmente perché al giudice di legittimità è
precluso l’esame degli atti per verificare la rilevanza e la fondatezza della
censura.
b) perché non censura l’effettiva ratio della decisione e/o comunque tutte le

.

14

dell’art. 1362 ce., dal complessivo contenuto di tutte le parti del contratto ed,

t

ragioni poste dalla Corte distrettuale a fondamento della decisione. In
particolare, il ricorrente muove da un presupposto che non trova riscontro,
anzi viene smentito dalla stessa sentenza impugnata e, cioè che il contratto
del 7 dicembre 1956 (intercorso tra il Comune di Trevi nel Lazio e Salomoni
contenesse

una

clausola

risolutiva

espressa

rappresentata

Antonio)

dall’impegno di Salomoni di edificare dei fabbricati nel terreno che aveva
acquisto dal Comune, entro il termine di cinque anni dall’acquisto. Piuttosto,
la Corte distrettuale ha avuto modo di specificare che: il tenore letterale del
contratto di compravendita stipulato tra il Comune di Trevi

nel Lazio e

Salomoni Antonio è inequivocabile : il negozio non contiene condizioni
risolutive, né termini essenziali neppure clausole risolutive espresse. Esso si
limita a creare (costituire il titolo di) un’obbligazione personale
.

.

a carico di

Salomoni Antonio quello di edificare sul terreno nel termine di cinque anni
un edificio per civile abitazioni. Ed, invero, la clausola (la n. 3 del contratto)

.,
di cui si dice, in nessuna parte dell’atto veniva in qualche modo collegata alle
altre pattuizioni, così da condizionare gli effetti di queste ultime. E di più, al
contratto sono allegate due delibere (….) che,

volendo valorizzarle al

massimo possono al più consentire di affermare che

l’obbligo di costruire

assunto dal Salomoni faceva parte del sinallagma contrattuale
Comune decise di vendere,

in quanto il

esclusivamente, allo scopo di popolare

lottizzata e venduta. Andare oltre, significherebbe stravolgere

l’area

il significato

letterale del contratto.
E di tutta evidenza che l’interpretazione offerta dalla Corte distrettuale sia
della clausola contrattuale e sia delle delibere richiamate, è, comunque,
.
.

un’interpretazione possibile e logicamente perseguibile che, in quanto priva di
15

P

vizi logici e/o giuridici, non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità.
Come questa Corte ha affermato in più occasioni l’interpretazione della
volontà delle parti in relazione al contenuto di un contratto o di una qualsiasi
clausola contrattuale importa indagini e valutazioni di fatto affidate al potere

discrezionale del giudice di merito, non sindacabili in sede di legittimità ove
non risultino, come nel caso in esame, violati i canoni normativi di
ermeneutica contrattuale e non sussista un vizio nell’attività svolta dal giudice
di merito, tale da influire sulla logicità, congruità e completezza della
motivazione.
c) Il ricorrente, altresì, non ha tenuto conto , né ha censurato l’ulteriore
ragione che la Corte ha posto a fondamento della sua decisione e cioè, la
constatazione che la lettera asseritarnente di diffida dell’8 marzo 1962 del
Comune di Trevi nel Lazio era inefficace rispetto al patrimonio giuridico di
.

_.

.
Fari Silvano, ai sensi dell’art. 1458 cc. In particolare la Corte distrettuale ha

chiarito che la lettera prodotta dal Comune reca la data dell’8 marzo 1962 (di
gran lunga successiva alla scadenza del periodo dei cinque anni) ed è
indirizzata a Salomoni il quale all’epoca non era più proprietario del terreno
per averlo venduto in data 9 marzo 1959 con atto trascritto in data 28 marzo
1959. Ne consegue che, anche a voler interpretare il contenuto della lettera
I

come una diffida ad adempiere, non si potrebbe che affermare l’assoluta
inefficacia della stessa rispetto al patrimonio giuridico di Fai Silvano, il cui
acquisto era ormai ampiamente tutelato dal comma secondo dell’art. 1458 cc
E, comunque, l’esclusione che la lettera di cui si dice fosse un atto di diffida
adempire è il risultato di un’interpretazione effettuata dalla Corte di Appello

.

che proprio, perché priva di visi logici o giuridici non è soggetta al sindacato
16

fr

0
nel giudizio di legittimità. Deve sottolinearsi che, come da questa Corte già
affermato per non soggiacere al sindacato di legittimità, l’interpretazione data
dal giudice al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la
migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni; sicché

quando di una clausola contrattuale o di altro atto (nel nostro casa di una
lettera) sono possibili due o più interpretazioni (plausibili) non è consentito
alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di
merito dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (v.
Cass., 25/10/2006, n. 22899; Cass., 2/5/2006, n. 10131).
5.= Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa
applicazione degli artt. 354 e 167 cpc. (art. 360 nn. 3 e 4 cpc). Secondo il
ricorrente, la Corte distrettuale avrebbe accolto la domanda riconvenzionale
di
3

Cuneo

Giuseppina,

nonostante,

la

tardività

specificatamente

e

a

tempestivamente eccepita dal comune di Trevi nel Lazio e formula il seguente
quesito di diritto: se nel caso di giudizio svoltosi in primo grado ed in appello,
senza la vocatio in ius di una parte necessaria e riassunto, ai sensi degli artt.
354 e 353 cpc., la domanda riconverizionale

non proposta nel giudizio

iniziale di primo grado, possa essere formulata per la prima volta in sede di
costituzione nel giudizio riassunto ( dopo circa 16 anni), o non debba, invece,
ritenersi radicalmente improponibile ed inammissibile. Si propone come
regola iuris

l’affermazione dell’inarnmissibilità ed improponibilità della

riconvenzionale.
5.1.= Il motivo è infondato.
Come ha già affermato questa Corte in altre occasioni: l’atto di riassunzione

può contenere una nuova domanda in aggiunta a quella originaria, valendo in

17

fr,

t

p

tal caso Patto di riassunzione come atto di introduzione di un giudizio ex
novo. Se tale facoltà è concessa all’attore, a maggior ragione essa può essere
esercitata – come nella specie – dal convenuto, quantomeno per la parità di
diritti che deve essere riconosciuta alle parti. Pertanto,

corretta è

l’affermazione della Corte distrettuale secondo cui: evidente era l’evizione
subita dalla Cuneo e, quindi, andava accolta la domanda di quest’ultima
spiegata contro il Comune
5.1.a) Va, altresì chiarito che nel caso concreto

l’azione di evizione era

ammissibile e proponibile, nonostante, come rileva il ricorrente, fossero
passati circa 16 anni dal contratto di compravendita, perché non si era ancora
verificata la relativa prescrizione, posto che la prescrizione dell’azione di
evizione decorre, non dalla data di conclusione del contratto, ma dal momento
in cui il diritto del terzo sul bene è incontestabilmente accertato. Tale
.

incontestabilità può coincidere con il passaggio in giudicato della sentenza
ovvero con il perfezionamento della transazione che pone fine alla lite tra
colui che agisce in garanzia ed il terzo rivendicante.
In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente, in ragione del principio di
soccombenza ex art. 91 cpc. condannato al pagamento delle spese di giustizia
a vantaggio di Fazi Silvano e della sig. Cuneo, che verranno liquidate con il
dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di
giustizia del presente giudizio di cassazione che liquida in E. 2.700 di cui E.
200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori, come per legge, per

.

ciascun controricorrente (considerando come un solo controricorrente gli eredi
18

bil

di Cuneo Giuseppina).
Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della

Corte di Cassazione il 23 giugno 2015.

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