Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21694 del 14/10/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 21694 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: GIUSTI ALBERTO

ha pronunciato la seguente

equa riparazione

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TOZZI Carlo, rappresentato e difeso, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Mauro Taglioni, con domicilio eletto nello studio di quest’ultimo in Roma, via Francesco Caracciolo, n. 10;

– ricorrente contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Mini-

stro pro tempore;

– intimato avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia in data 26
marzo 2013.

4,f a//

Data pubblicazione: 14/10/2014

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22 settembre 2014 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;
udito l’Avv. Mauro Taglioni;

curatore Generale dott. Pierfelice Pratis, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.
Ritenuto che la Corte d’appello di Perugia, con decreto in

data 26 marzo 2013, ha respinto il ricorso in opposizione ai
sensi dell’art. 5-ter della legge 24 marzo 2001, n. 89, avverso il decreto del consigliere delegato della stessa Corte
d’appello che aveva dichiarato inammissibile, per tardività,
la domanda di equa riparazione, applicando la sanzione di euxo
1.000, e ha condannato l’opponente a rifondere le spese al Ministero, liquidate in euro 465, e a pagare alla cassa delle
ammende l’ulteriore somma di euro 2.000;
che la Corte d’appello ha rilevato che la sentenza conclusiva del processo amministrativo dinanzi al TAR è stata pubblicata il 7 febbraio 2011, sicché la stessa è passata in giudicato il 22 settembre 2011, essendo applicabile il termine
semestrale per l’appello introdotto dal codice del processo
amministrativo;
che – ha proseguito la Corte d’appello – il ricorso per equa riparazione, essendo stato presentato il 31 ottobre 2012,
è tardivo, essendo il relativo deposito avvenuto oltre il ter-

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udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Pro-

mine di sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza, di
cui all’art. 4 della legge n. 89 del 2001;
che per la cassazione del decreto della Corte d’appello il
Tozzi ha proposto ricorso, con atto notificato il 15 novembre

che l’intimato Ministero non ha svolto attività difensiva
in questa sede.
Considerato che con il primo motivo il ricorrente denuncia
violazione dell’art. 2 dell’Allegato 3 del d.lgs. n. 104 del
2010, censurando che la Corte d’appello – omettendo di interpretare la norma del codice del processo amministrativo alla
luce della legge delega (legge n. 69 del 2009) – non abbia ritenuto applicabile, ai fini di determinare il passaggio in
giudicato della sentenza del giudice amministrativo, il termine lungo annuale, anziché semestrale, essendo il processo presupposto in corso al momento di entrata in vigore della legge
delega del 2009;
che, ad avviso del ricorrente, la contraria interpretazione
contenuta nel decreto Impugnato determinerebbe una rottura
dell’unitarietà della giurisdizione, in contrasto con il diritto dell’Unione europea e con il rispetto dei diritti fondamentali consacrati nella Convenzione europea;
che, con il secondo mezzo, posto in via logicamente subordinata, il ricorrente eccepisce l’illegittimità costituzionale
dell’art. 2 dell’allegato 3 del d.lgs. n. 104 del 2010, ove

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2013, sulla base di tre motivi;

interpretato nel senso di rendere applicabile la riduzione a
sei mesi del termine per proporre appello ai giudizi amministrativi in corso alla data di entrata in vigore del processo
amministrativo, per contrasto con gli artt. 76, 24, 3 e 117

della CEDU;
che i due motivi – da esaminare congiuntamente, stante la
loro connessione – sono infondati;
che l’art. 92 del codice del processo amministrativo, approvato con il d.lgs. n. 104 del 2010, prevede che, in difetto
della notificazione della sentenza, l’appello si propone entro
sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, mentre
l’ultrattività della disciplina previgente (e quindi del termine annuale per proporre impugnazione), disposta dall’art. 2
dell’allegato 3 al medesimo codice, vale «per i termini che
sono in corso alla data di entrata in vigore del codice»;
che, in questo quadro normativo, l’ultrattività della disciplina previgente è prevista, non per i processi in corso in
primo grado alla data di entrata in vigore del codice del processo amministrativo, ma, appunto, per «per i termini che sono
in corso alla data di entrata in vigore del codice» per essere
già stata pubblicata la sentenza di primo grado e pendente il
termine per proporre impugnazione: di conseguenza, alle sentenze pubblicate dopo l’entrata in vigore del codice del processo amministrativo si applica la nuova disciplina dei terrai-

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Cost., quest’ultimo in riferimento agli artt. 6, par. l, e 13,

ni per le impugnazioni (v. Cons. Stato, sez. III, 27 ottobre
2011, n. 5793);
che, pertanto, correttamente la Corte d’appello ha ritenuto
applicabile il termine semestrale per individuare la data del

clusiva del processo amministrativo presupposto, essendo questa stata pubblicata il 7 febbraio 2011, successivamente alla
data di entrata in vigore (il 16 settembre 2010) del codice
del processo amministrativo;
che, così individuata nel 22 settembre 2011 (e non nel 24
marzo 2012, come sarebbe se fosse stato applicabile il termine
annuale) la data in cui la decisione che conclude il procedimento è divenuta definitiva, coincidente con il momento di decorrenza del termine semestrale per proporre la domanda di equa riparazione, ai

sensi

dell’art. 4 della legge n. 89 del

2001, si sottrae alle censure del ricorrente la statuizione
con cui la Corte di Perugia ha ritenuto Improponibile la domanda di equa riparazione, essendo stato il relativo ricorso
depositato il 31 ottobre 2012;
che, così interpretata la disciplina del codice del processo amministrativo, essa manifestamente non si pone in contrasto con i parametri costituzionali evocati dal ricorrente: posto che rientrava nei principi e cn4ovi direttivi ai quali
doveva attenersi il Governo nell’adottare il decreto legislativo per il riassetto del processo avanti ai tribunali ammini-

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passaggio in giudicato della sentenza del TAR del Lazio con-

strativi regionali e al Consiglio di Stato, riordinare il sistema delle impugnazioni, assicurando la snellezza del processo, anche al fine di assicurarne la ragionevole durata;
che, inoltre, l’applicabilità della riduzione del termine

l’entrata in vigore del processo amministrativo non crea alcuna decadenza a sorpresa, e costituisce misura volta a garantire l’effettiva della tutela, concorrendo a consentire una più
rapida definizione del processo e, quindi, della risposta di
giustizia;
che, con il terzo mezzo, si lamenta violazione dell’art. 5quater della legge n. 89 del 2001, per essere stata disposta
la condanna del ricorrente al pagamento della cassa delle ammende, sia nella fase monitoria del giudizio per equa riparazione, sia nella fase di opposizione;
che il motivo è fondato solo in parte;
che, ai sensi dell’art.

5-Tiater,

della legge n. 89 del

2001, introdotto dall’art. 55 del decreto-legge 22 giugno
2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, il giudice può condannare il ricorrente al
pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma di
denaro (non inferiore ad euro 1.000 e non superiore ad euro
10.000), non solo quando la domanda di equa riparazione è dichiarata manifestamente infondata, ma anche quando il ricorso
che la veicola è inammissibile: ben può, pertanto, il giudice

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(da annuale a semestrale) alle sentenze pubblicate dopo

del merito applicare la detta sanzione processuale allorché la
domanda di indennizzo sia dichiarata improponibile perché presentata oltre il termine di sei mesi dal momento in cui la decisione che conclude il procedimento é divenuta definitiva,

individuazione del momento di decorrenza del termine semestrale, dalla piana applicazione di una disposizione legislativa
contenuta nel codice del processo amministrativo – ragione di
inammissibilità della domanda;
che, invece, il motivo coglie nel segno là dove si censura
che il giudice del merito abbia applicato un’ulteriore sanzione (per l’importo di euro 2.000) quando ha respinto
l’opposizione ex art.

5-ter della legge n. 89 del 2001 e, per

l’effetto, confermato il decreto reso dal magistrato della
corte d’appello designato dal presidente della corte, che già
conteneva la condanna del ricorrente al pagamento in favore
della cassa delle ammende (per l’importo di euro 1.000);
che, infatti, l’art. 5-quater della legge n. 89 del 2001 norma di stretta interpretazione, in quanto introduce una sanzione processuale di tipo pecuniario – prevede che la condanna
del ricorrente al pagamento di una somma di denaro può essere
pronunciata dal giudice, nel caso in cui la domanda di equa
riparazione venga ritenuta inammissibile o manifestamente infondata, «con il decreto di cui all’articolo 3, comma 4» (ossia con il decreto della prima, e potenzialmente unica, fase

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essendo la tardività – nella specie scaturente, quanto alla

monitoria, che si svolge in assenza di contraddittorio e la
cui definizione è rimessa al presidente della corte d’appello,
o ad un magistrato della corte da lui a tal fine designato)
«ovvero con il provvedimento che definisce il giudizio di op-

irrogare una sola sanzione, al termine dell’una o dell’altra
fase, ma non di duplicare la condanna, all’esito della fase
processuale che si svolge in contraddittorio a seguito di opposizione dell’interessato, quando il decreto emesso al termine della prima fase già rechi l’applicazione della sanzione
processuale;
che il decreto impugnato è cessato limitatamente alla censura accolta;
che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto,
la causa può essere decisa nel merito con l’esclusione della
condanna di Carlo Tozzi al pagamento dell’ulteriore somma di
euro 2.000 a favore della cassa delle ammende, ferme le altre
statuizioni;
che raccoglimento solo parziale e su un aspetto accessorio del ricorso giustifica l’integrale compensazione tra le
parti delle spese del presente giudizio di cessazione.
PER QUESTI MOTIVI

La Corte rigetta il primo ed il secondo motivo ed accoglie, in parte, il terzo;

cassa il decreto impugnato limitata-

mente alla censura accolta e, decidendo nel merito, esclude la

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posizione»: ne consegue che la legge ammette la possibilità di

condanna dà Carlo Tozzi al pagamento dell’ulteriore somma di
euxo 2.000 a favore della cassa delle ammende, ferme le altre
statuizioni del decreto medesimo;

dichiara compensate tra le

parti le spese processuali.

Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 22

set-

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II

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