Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21690 del 29/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 29/07/2021, (ud. 03/03/2021, dep. 29/07/2021), n.21690

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25635/2015 R.G. proposto da:

DI & B S.r.l., in persona del suo legale rappresentante p.t.,

elettivamente domiciliata in Como, presso lo studio dell’Avv.

Massimo Ambrosetti, che la rappresentata e difende;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del suo Direttore p.t.,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi n. 12, ope legis

domicilia;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2386/2015 della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, depositata il 29 maggio 2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 3

marzo 2021, dal Consigliere Dott. Paolitto Liberato.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. – con sentenza n. 2386/2015, depositata il 29 maggio 2015, la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva annullato un avviso di rettifica e liquidazione recante rideterminazione del valore di avviamento del ramo di azienda (una struttura alberghiera) ceduto alla contribuente con contratto registrato in data 3 febbraio 2011;

– il giudice del gravame ha ritenuto che detto valore era stato desunto dall’Ufficio da parametri (desunti dalle tabelle Fimaa) “che ben si riferiscono ai valori di mercato sul territorio in riferimento alla tipologia di attività compravenduta”, parametri che, peraltro, erano stati sottoposti a riscontro dietro verifica della “tipologia della struttura facente parte del ramo d’azienda ceduta”, dei “ricavi dichiarati dalla società nel biennio antecedente la cessione” nonché degli “studi di settore presentati dallo stesso contribuente nell’anno 2010”;

2. – DI & B S.r.l. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi;

– l’Agenzia delle Entrate si è tardivamente costituita al fine di partecipare alla discussione del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. – col primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge in relazione al D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52, nonché alla L. n. 212 del 2000, art. 7, assumendo, in sintesi, che, a fronte dei criteri di valutazione impiegati dall’Agenzia e connotati da astrattezza in quanto disgiunti dall’esame dei dati contabili aziendali, dall’adozione del metodo valutativo basato sul D.P.R. n. 460 del 1996, art. 2, qual offerto al giudizio da essa esponente, conseguiva un risultato economico del valore di avviamento (per Euro 233.348,00) sostanzialmente sovrapponibile a quello oggetto di dichiarazione (per Euro 214.000,00), e ben più basso di quello rideterminato in avviso di rettifica (in Euro 1.446.700,00);

– il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, espone la denuncia di omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, con riferimento, ancora una volta, al cennato computo del valore di avviamento qual conseguente all’applicazione del metodo di valutazione previsto dal D.P.R. n. 460 del 1996, art. 2, comma 4;

– col terzo motivo la ricorrente denuncia violazione di legge con riferimento al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1, oltreché alla L. n. 212 del 2000, art. 7, deducendo, in sintesi, la nullità dell’avviso di rettifica e liquidazione che risultava sottoscritto dal reggente dell’Ufficio privo di qualifica, e poteri, dirigenziali, in difetto di delega che, oltretutto, nemmeno risultava allegata all’atto e comprovatamente motivata;

2. – in via pregiudiziale va rilevato che la ricorrente ha depositato memoria con la quale ha dichiarato di rinunciare al ricorso, e richiesto dichiararsi l’estinzione del giudizio, in ragione della definizione agevolata del carico iscritto a ruolo ai sensi del D.L. n. 148 del 2017, art. 1, conv. in L. n. 172 del 2017, ed in relazione al D.L. n. 193 del 2016, art. 6, conv. in L. n. 225 del 2016;

– dalla documentazione allegata a detta memoria emerge, in effetti, che la ricorrente è stata ammessa alla procedura di definizione agevolata in questione come da comunicazione dell’agente di riscossione concernente l’importo dovuto ai fini della definizione ed il piano di rateizzazione;

3. – la definizione agevolata dei crediti tributari iscritti a ruolo, in una al rispetto delle relative condizioni (di adempimento), è idonea a determinare l’estinzione del giudizio per sopravvenuta cessazione della materia del contendere (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46; v., altresì, Cass., 30 novembre 2018, n. 31021; Cass., 7 dicembre 2017, n. 29394);

– si e’, in particolare, rilevato che in tema di adesione del contribuente alla definizione agevolata D.L. n. 193 del 2016 ex art. 6, cit., poiché la dichiarazione di adesione reca l’impegno del contribuente a rinunciare ai giudizi pendenti sui relativi carichi, il ricorrente che deposita nel giudizio di legittimità la domanda di ammissione alla procedura manifesta un’inequivoca rinuncia al ricorso onde va dichiarata l’estinzione del giudizio (Cass., 6 agosto 2019, n. 20967; Cass., 7 dicembre 2017, n. 29394);

4. – le spese del giudizio estinto rimangono a carico delle parti che le hanno anticipate (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, comma 3, cit.), non trovando applicazione, nella fattispecie, la stessa regola generale, in tema di rinuncia al ricorso, prevista dall’art. 391 c.p.c., comma 2, poiché la condanna alle spese del contribuente contrasterebbe con la ratio della definizione agevolata (cfr., ex plurimis, Cass., 13 marzo 2019, n. 7107; Cass., 7 novembre 2018, n. 28311; Cass., 27 aprile 2018, n. 10198);

– non ricorrono i presupposti processuali dell’ulteriore versamento del contributo unificato (ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), trattandosi di misura la cui natura eccezionale, perché lato sensu sanzionatoria, impedisce ogni estensione interpretativa oltre i casi tipici del rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione (Cass., 12 novembre 2015, n. 23175 cui adde Cass., 28 maggio 2020, n. 10140; Cass., 18 luglio 2018, n. 19071).

P.Q.M.

La Corte:

– dichiara estinto il giudizio;

– compensa, tra le parti, le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio tenuta da remoto, il 3 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2021

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