Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21689 del 08/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 08/10/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 08/10/2020), n.21689

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28878/2012 R.G. proposto da:

Z.N., nato a (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv.

Gentile Umberto, con domicilio eletto presso l’Avv. Prof. Carbone

Paolo, con studio in Roma in via del Pozzetto n. 122;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, domicilia;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – Direzione provinciale, Ufficio controlli

Caserta -, in persona del Direttore pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 286/31/2011, pronunciata il 10 ottobre 2011 e depositata

il 24 ottobre 2011;

udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 12 dicembre 2019

e, a seguito di riconvocazione, il 15 luglio 2020, dal Consigliere

Antezza Fabio.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il contribuente, esercente attività di installazione di impianti elettrici e termini, ricorre, con quattro motivi, per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, di parziale rigetto dell’appello dallo stesso proposto avverso la sentenza n. 828/06/2009 dalla CTP di Caserta.

2. Il Giudice di primo grado rigettò l’impugnazione proposta avverso avviso di accertamento IVA, IRPEF ed IRAP 2005 (n. RE5010600526/2008), emesso previa rettifica dei redditi in applicazione del regime di presunzione di cessione con riferimento a beni presenti nelle rimanenze iniziali oltre che ad altri acquistati nel corso dello stesso esercizio 2005 ma non riscontrati nelle fatture emesse e nelle rimanenze finali. La CTP, in particolare, ritenne infondato l’assunto impiego dei detti beni da parte del contribuente nella prestazione di servizi fatturati, non risultando i detti beni compresi nelle relative fatture.

3. La CTR, con la sentenza oggetto di attuale impugnazione, accolse solo in parte l’appello, ritenendo la documentazione a supporto delle doglianze del contribuente non tale da superare la presunzione di cessione di cui al D.P.R. 10 novembre 1997, n. 441, art. 1, comma 1, non consentendo di riscontrare “l’asserita ricomprensione dei beni nelle indicate prestazioni di servizi o nelle rimanenze finali difformi per denominazione o valore..”. Per converso, il giudice di secondo grado ritenne vinta la detta presunzione solo con riferimento ad un condizionatore in quanto “attendibilmente indicato come compreso nella prestazione fatturata …(recante anche la locuzione “fornitura”)”.

4. Contro la sentenza d’appello il contribuente propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, mentre la sola Agenzia delle Entrate (“A.E.”), Direzione centrale, si è difesa con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso non merita accoglimento.

2. Ordine logico impone la prioritaria trattazione dei motivi nn. 2 e 3, peraltro suscettibili di trattazione congiunta in ragione della connessione delle questioni inerenti i rispettivi oggetti.

2.1. Con le doglianze in esame, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si deducono, rispettivamente, contraddittorietà ed insufficienza motivazionale, con riferimento a punto decisivo della controversia (motivo n. 2), nonchè (motivo n. 3) l’omessa motivazione (sempre con riferimento a punto decisivo della controversia).

La motivazione, in particolare, sarebbe contraddittoria ed insufficiente nella parte in cui nel ritenere superata la presunzione di cessione con riferimento ad un condizionatore non avrebbe ritenuto parimenti superata la detta presunzione in ordine agli altri beni, nonostante le fatture agli atti. L’iter logico-giuridico seguito dalla CTR sarebbe invece mancante nella sentenza impugnata in quanto priva dell’indicazione degli elementi fonti del convincimento (motivo n. 3).

2.2. Le doglianze in esame sono infondate, oltre ad essere inammissibili nelle parti in cui mirano a sostituire proprie valutazioni probatorie e quelle della CTR (peraltro tali da impegnare la gran parte della censura).

La motivazione della sentenza impugnata è difatti congruente nell’evidenziare, in maniera succinta ma sufficiente, quali fonti del proprio convincimento anche gli stessi documenti che il contraente ha posto nel giudizio di merito a fondamento delle proprie doglianze, ritenendoli (salvo che per un solo bene) non tali da superare la presunzione di cessione con riferimento alle riscontrate differenze inventariali (di cui al D.P.R. n. 441 del 1997). In sostanza, dalle relative fatture, all’esito di valutazioni di merito (anche) del Giudice d’appello, non è stato possibile trarre la prova dell’inclusione del prezzo dei beni nell’importo delle diverse prestazioni di servizio, in ragione delle riscontrate difformità di denominazioni e prezzi. Per converso, in maniera non contraddittoria, la presunzione di cessione idi cui innanzi è stata ritenuta vinta dalla CTR solo con riferimento ad un condizionatore, facendo riferimento la relativa fattura per prestazione di servizio anche alla “”fornitura””.

3. I motivi nn. 1 e 4 del ricorso sono suscettibili di trattazione congiunta, in ragione della connessione delle questioni inerenti i rispettivi oggetti.

3.1. Con il motivo n. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si deducono “violazione del D.P.R. n. 441 del 1997, art. 1 -violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 – Violazione art. 2729 c.c. – D.Lgs. n. 201 del 2011, art. 10, commi 9 e 10, conv. in L. n. 214 del 2011”.

Al di là della tecnica utilizzata tanto nella formulazione della rubrica quanto nell’articolazione della censura, ci si duole (ancorchè invocando anche normativa sopravvenuta alla fattispecie) dell’errore nel quale sarebbe incorsa la CTR nel ritenere sussistente la presunzione di cessione dei beni, che il ricorrente sembrerebbe qualificare quale presunzione semplice ex art. 2729 c.c., in assenza di gravità precisione e concordanza degli elementi indiziari di cui al relativo procedimento critico (logico-inferenziale).

Con il motivo n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, si deduce “omessa pronuncia in ordine ad un punto decisivo della controversia …, violazione e falsa applicazione art. 112 c.p.c.”.

Nonostante la tecnica redazionale utilizzata, sostanzialmente ci si duole dell’assunta omessa pronuncia in merito alla sindacata “erronea e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. e dell’art. 2729 c.c.” (per l’assenza dei requisiti della gravità, precisione e concordanza), oltre che in ordine alla pretesa omessa pronuncia in ordine alla doglianza relativa alla percentuale di rincaro applicata dall’A.E..

3.2. I motivi in esame sono infondati, oltre che parzialmente inammissibili: il n. 1, nella parte in cui il ricorrente pretende di sostituire proprie valutazioni probatorie a quelle del Giudice di merito ed il n. 4 per difetto di specificità con riferimento alla pretesa omessa pronuncia in ordine alla doglianza relativa alla percentuale di rincaro applicata dall’A.E. Con riferimento a tale ultima censura, difatti, lo stesso ricorrente, nel riportare indirettamente i propri atti di parte in sede di ricostruzione dei fatti di causa, esplicita di aver prospettato la detta doglianza innanzi alla CTP e chiarisce di aver sindacato la relativa sentenza di primo grado con riferimento alla ritenuta mancata inclusione del prezzo dei beni nelle fatture per prestazioni di servizi, senza alcun riferimento al preteso motivo d’appello circa la percentuale di rincaro.

3.3. Nel merito (cassatorio), il motivo n. 1 non merita accoglimento fondandosi la censura sull’assunta natura semplice delle presunzioni in esame, di cessione in evasione d’imposta, laddove, invece, questa Corte è costante nel ritenere che trattasi di presunzioni legali relative c.d. “miste” (peraltro operanti anche con riferimento alle imposte dirette). Esse sono difatti strutturate in modo da consentire, entro limiti di oggetto e di mezzi di prova stabiliti, la dimostrazione e non mera allegazione, da parte del contribuente, di legittima fuoriuscita dei beni dal circuito aziendale ovvero (per quanto concerne le presunzioni di acquisto) di legittimo ingresso degli stessi (si veda, ex plurimis, tra le più recenti, Cass. sez. 5, 23/11/2019, n. 1784, Rv. 652320-01).

Quanto innanzi dà ragione del rigetto anche del motivo n. 4, nella parte ritenuta ammissibile, avendo la decisione della CTR sul punto assorbito la relativa doglianza (proprio in quanto fondante sull’asserita insussistenza di gravità precisione e concordanza).

4. In conclusione, in ricorso non merita accoglimento ed il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, in favore della controricorrente, che si liquidano, in applicazione dei parametri ratione temporis applicabili, in Euro 2.300,00, oltre alle spese prenotate a debito.

PQM

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, in favore della controricorrente, che si liquidano in Euro 2.300,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2019 e, a seguito di riconvocazione, il 15 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2020

 

 

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