Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21686 del 26/08/2019

Cassazione civile sez. un., 26/08/2019, (ud. 12/03/2019, dep. 26/08/2019), n.21686

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente di sez. –

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente di sez. –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8446-2018 proposto da:

F.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 110, presso lo studio dell’avvocato NICOLA D’IPPOLITO,

rappresentato e difeso dall’avvocato FABRIZIO GENCO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA, in persona del

Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto stesso, rappresentato e difeso dagli avvocati LIDIA

CARCAVALLO, ANTONELLA PATTERI, SERGIO PREDEN e LUIGI CALIULO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 100/2017 della CORTE DEI CONTI – SEZIONE

GIURISDIZIONALE D’APPELLO PER LA REGIONE SICILIANA PALERMO,

depositata il 28/07/2017;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/03/2019 dal Consigliere Dot. ANTONIETTA SCRIMA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 266/2016 del 31 marzo 2016 la Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Siciliana respinse il ricorso giurisdizionale proposto da F.V. – già dipendente del Ministero dell’Istruzione e in servizio presso l’Istituto Tecnico Commerciale (OMISSIS), titolare di pensione con decorrenza dall’1.9.2000 -, il quale aveva chiesto che fosse riconosciuto il suo diritto ad ottenere la riliquidazione della pensione sulla base del trattamento retributivo correlato alla qualifica di “direttore dei servizi generali ed amministrativi”, anzichè a quella di “responsabile amministrativo”.

Al riguardo, il predetto Giudice evidenziò che: a) il F. aveva frequentato, con esito positivo, un corso di formazione professionale, previsto dal c.c.n.l. in vigore per il quadriennio 1998/2001, per accedere alla qualifica di “direttore dei servizi generali ed amministrativi”, che avrebbe, tuttavia, potuto concretamente conseguire soltanto con decorrenza dal 1 settembre 2000; b) in data 1 agosto 2000 il F. aveva inoltrato al Provveditorato agli Studi di Trapani domanda per fruire, con decorrenza dal 1 settembre 2000, del pensionamento anticipato rispetto al prescritto limite d’età, avvalendosi della facoltà riservata dal D.M. 10 luglio 2000, n. 176 e dalla relativa circolare applicativa n. 181 dell’11 luglio 2000 ai “soggetti appartenenti al “Comparto Scuola” risultanti in esubero”; c) in base a tale normativa, il F. era, pertanto, cessato dal servizio in data 31 agosto 2000 con la qualifica di “responsabile amministrativo”, non avendo ancora concretamente avuto accesso a quella di “direttore servizi generali ed amministrativi”, avente decorrenza dal successivo 1 settembre 2000; d) il predetto non aveva, quindi, mai stipulato con l’Amministrazione il contratto individuale di lavoro relativo alla qualifica di “direttore dei servizi generali ed amministrativi” nè tantomeno aveva mai concretamente percepito il maggiore trattamento retributivo correlato a tale qualifica superiore; e) risultava, conseguentemente, perfettamente legittimo il provvedimento con cui era stata liquidata, con decorrenza dal 1 settembre 2000, la pensione in favore del F. sulla base dell’ultima retribuzione da lui effettivamente percepita, ossia quella correlata alla qualifica di “responsabile amministrativo”.

Il Giudice di primo grado evidenziò, infine, che le problematiche prospettate dal F. in ordine sia alla decorrenza giuridica dell’inquadramento nella qualifica di “direttore dei servizi generali ed amministrativi” sia all’individuazione della data della sua effettiva cessazione dal servizio nonchè la pretesa da lui avanzata per ottenere la rideterminazione dell’indennità di buonuscita sulla base del trattamento retributivo correlato alla qualifica superiore erano già state esaminate dal Tribunale del Lavoro di Marsala, che, con la sentenza n. 76/2006, passata in giudicato, aveva affermato che, il F., essendo cessato dal servizio il 31 agosto 2000, non aveva mai concretamente percepito la retribuzione correlata alla qualifica di “direttore dei servizi generali ed amministrativi”, e, pertanto, il medesimo non poteva vantare alcun diritto alla riliquidazione dell’indennità di buonuscita, da ritenersi legittimamente calcolata dall’Amministrazione sulla base del trattamento economico di “responsabile amministrativo”.

Avverso la sentenza n. 266/2016 e nei confronti dell’INPS-Gestione ex INPDAP e del Ministero dell’Istruzione – Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia – Ambito Territoriale per la provincia di Trapani il F. propose appello, del quale chiesero il rigetto entrambi gli appellati.

La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale d’Appello per la Regione Siciliana, con sentenza n. 100/A/2017, depositata in data 28 luglio 2017, rigettò il gravame e condannò il F. alle spese processuali in favore delle controparti.

Avverso tale sentenza F.V. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca e l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) hanno resistito con distinti controricorsi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. E’ infondata l’eccezione di tardività del ricorso proposta dal Ministero.

Ed invero, non essendo stato dedotto che la sentenza impugnata sia stata notifica ed essendo stata pubblicata la stessa il 28 luglio 2017, il ricorso risulta notificato il 27 febbraio 2018 entro il termine quindi, di cui all’art. 327 c.p.c. (28 febbraio 2018), tenuto conto della sospensione feriale dei termini.

2. Il primo motivo è così rubricato: “Erroneità della sentenza impugnata per l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti – art. 360 c.p.c., n. 5”.

Si lamenta che la Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale d’Appello per la Regione Siciliana abbia erroneamente attribuito prevalenza, ai fini della individuazione della data di cessazione dal servizio del F., alle dimissioni dallo stesso presentate e alla data di decorrenza indicata dal medesimo ricorrente, così individuando nel 31 agosto 2000 l’ultimo giorno di servizio attivo del ricorrente che, invece, avrebbe prestato servizio fino al 5 settembre 2000, come certificato dal Dirigente Scolastico pro tempore, così incorrendo “in una palese svista”.

Ad avviso del ricorrente, pertanto, sarebbe indubitabile l’avvenuta maturazione, nelle more del servizio, da parte del F., della qualifica di “direttore dei servizi generali ed amministrativi”, sicchè lo stesso avrebbe diritto ad ottenere la riliquidazione della pensione sulla base dello stipendio incrementato a seguito dell’inquadramento nel profilo professionale predetto e ciò in ottemperanza a quanto stabilito dal Provveditore agli studi con atto del 3 ottobre 2000.

Evidenzia, altresì, il ricorrente che, avendo egli presentato dimissioni volontarie, era tenuto a prestare servizio sino alla data in cui l’Amministrazione datrice di lavoro gli avesse comunicato il formale accoglimento delle dimissioni, il che era avvenuto in data 5 settembre 2000, sicchè la Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale d’Appello per la Regione Siciliana avrebbe individuato una decorrenza giuridica della cessazione dal servizio diversa da quella effettiva.

3. Con il secondo motivo, rubricato “Erroneità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione della norma di cui al D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 43 – art. 360 c.p.c., n. 3”, il ricorrente deduce che la norma di cui all’art. 43 indicato nella rubrica, del mezzo dispone che la base pensionabile è costituita dall’ultimo stipendio, dall’ultima paga o dall’ultima retribuzione percepita e che, nel procedere al calcolo della pensione, deve tenersi conto dei diritti acquisiti in costanza di rapporto di lavoro. Pertanto, ad avviso del F., sussisterebbe il suo diritto alla riliquidazione della pensione tenendo conto della base stipendiale incrementata dall’avvenuto conseguimento da parte dello stesso della qualifica e del profilo economico-giuridico di “direttore dei servizi generali e amministrativi”, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale d’Appello per la Regione Siciliana.

4. Entrambi i motivi sono inammissibili, risolvendosi gli stessi nella prospettazione di errores in iudicando.

4.1. Ed infatti, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, al quale va data continuità in questa sede, il ricorso per cassazione contro le decisioni della Corte dei conti è consentito soltanto per motivi inerenti alla giurisdizione, sicchè il controllo di questa Corte è circoscritto all’osservanza dei meri limiti esterni della giurisdizione, non estendendosi ad asserite violazioni di legge sostanziale o processuale concernenti il modo d’esercizio della giurisdizione speciale. Ne consegue che, anche a seguito dell’inserimento della garanzia del giusto processo nella nuova formulazione dell’art. 111 Cost., l’accertamento in ordine ad errores in procedendo o ad errores in iudicando rientra nell’ambito del sindacato afferente ai limiti interni della giurisdizione, trattandosi di violazioni endoprocessuali rilevabili in ogni tipo di giudizio e non inerenti all’essenza della giurisdizione o allo sconfinamento dai limiti esterni di essa, ma solo al modo in cui è stata esercitata. (Cass., sez. un., 18/05/2017, n. 12497; v. anche Cass., sez. un., 9/06/2011 n. 12539).

5. Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.

6. Le spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

7. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in favore dell’INPS, in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge e, in favore del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 12 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 agosto 2019

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