Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21686 del 08/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 08/10/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 08/10/2020), n.21686

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 2734 del ruolo generale dell’anno 2015

proposto da:

Impresa edile M. di M.A. e I. s.r.l., in persona del

legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Vittoni

Franco e Ribaudo Sebastiano per procura speciale a margine del

ricorso, elettivamente domiciliata in Roma, via Lucrezio Caro, n.

62, presso lo studio di quest’ultimo difensore;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato,

presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è

domiciliata;

– controricorrente e

ricorrente incidentale per la cassazione della sentenza della

Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata

di Brescia, n. 4102/67/2014, depositata in data 23 luglio 2014;

udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del 12 dicembre

2019 dal Consigliere Triscari Giancarlo.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

dalla esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: l’Agenzia delle entrate aveva emesso nei confronti di Impresa edile M. di M.A. e I. s.r.l., un avviso di accertamento con il quale, relativamente all’anno di imposta 2007, aveva contestato l’indebita deduzione di costi contabilizzati quali prestazioni ricevute da terzi, in quanto non inerenti o congrui, nonchè la mancata esibizione delle schede relative all’acquisto di carburante per i propri automezzi; avverso il suddetto atto impositivo la società aveva proposto ricorso che era stato accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Bergamo; avverso la pronuncia del giudice di primo grado l’Agenzia delle entrate aveva proposto appello;

il giudice del gravame ha parzialmente accolto l’appello, in particolare ha ritenuto che: con riferimento al recupero dei costi fatturati per prestazioni ricevute da terzi, non era contestato il fatto che si trattava di lavori edilizi dati in subappalto, pagati mediante bonifici bancari e per i quali vi era documentazione in materia di sicurezza sul lavoro; era certo che le suddette spese erano da ricondursi all’attività di impresa edile svolta dalla ricorrente e, d’altro lato, l’amministrazione finanziaria non aveva fornito prova sufficiente circa la mancanza del requisito dell’inerenza e della congruità; con riferimento all’acquisto di carburanti, la circostanza che la contribuente aveva stipulato un contratto di netting non la esonerava dall’onere di provare, mediante la registrazione dei chilometri effettuati, le inerenza del costo dell’acquisto all’attività di impresa;

avverso la pronuncia del giudice del gravame ha proposto ricorso principale la società, affidato a due motivi di censura, illustrato con successiva memoria, cui ha resistito l’Agenzia delle entrate depositando controricorso, contenente ricorso incidentale affidato a due motivi di censura.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

relativamente al ricorso principale

con il primo motivo di ricorso principale si censura la sentenza per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 444 del 1997, art. 1 e 4, per avere ritenuto che, essendo la fattispecie riconducibile nell’ambito della figura del c.d. contratto di netting, era obbligo della società dare prova della redazione delle schede carburanti e della registrazione dei chilometri effettuati;

con il secondo motivo di ricorso principale si censura la sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., per non avere ritenuto non sufficiente, ai fini della prova dell’inerenza, la documentazione prodotta dalla società;

i motivi, che possono essere esaminati unitariamente, in quanto attengono alla questione della prova del consumo di carburante nell’ambito di una fattispecie negoziale riconducibile al c.d. contratto di netting, sono fondati;

questa Corte (Cass. civ., 15 ottobre 2018, n. 25663) ha precisato, sul punto, che il contratto di netting non è una figura negoziale tipica, ma deriva da una prassi negoziale secondo cui le imprese che utilizzano mezzi per i quali è ordinaria l’esigenza di procedere al rifornimento di carburante si accordano con le imprese petrolifere in modo che queste stipulano con i gestori degli impianti stradali di distribuzione di carburante un contratto di somministrazione in base al quale il gestore dell’impianto di distribuzione si impegna, verso corrispettivo, ad eseguire in favore della società petrolifera cessioni periodiche o continuative, consistenti nel rifornimento di carburante alle società aderenti al sistema delle tessere magnetiche che, a loro volta, hanno stipulato un contratto di somministrazione con la stessa società petrolifera; pertanto, l’attività di rifornimento di carburante, in questo caso, si scinde in due operazioni distinte: a) le somministrazioni continuative del distributore alle società petrolifere; b) le somministrazioni dalla società petrolifera direttamente alla società che richiede la fornitura del carburante;

in questo contesto, nell’ambito del rapporto tra gestore e società petrolifera, il primo emette nei confronti di questa regolare fattura per le somministrazioni effettuate a favore dell’impresa beneficiaria delle forniture di carburante e la società petrolifera emette, a sua volta, fattura per le somministrazioni effettuate a favore dell’impresa utilizzatrice;

sicchè, il rapporto che si instaura, in questi casi, è da ricondursi alla somministrazione di beni di cui all’art. 1559 c.c., e non è, pertanto, assimilabile alle cessioni di beni disciplinate dalle disposizioni di cui al suddetto regolamento (Cass. civ., sez. 5, 24 novembre 2016, n. 23988);

ne consegue che, in questi casi, si è al di fuori della disciplina di cui al D.P.R. n. 444 del 1997, in particolare dell’obbligo della tenuta della scheda carburante e, correlativamente, dell’obbligo di indicazione nella stessa dei chilometri percorsi;

sotto tale profilo, l’assimilazione compiuta nella sentenza censurata agli obblighi imposti alla società contribuente anche relativamente alla indicazione dei chilometri percorsi non risulta corretta ove comporta una estensione al contratto di netting degli obblighi imposti dal regolamento in esame;

la questione, pertanto, avrebbe dovuto essere risolta dal giudice del gravame valutando, più che il rispetto degli obblighi formali imposti dal regolamento in esame, la sussistenza di idonea prova giustificativa dell’inerenza e della congruità dei costi sostenuti, secondo la particolare attività svolta dalla contribuente;

relativamente al ricorso incidentale con il primo motivo di ricorso incidentale si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, comma 5, per avere ritenuto, con riferimento alla deducibilità dei costi contabilizzati nel conto “lavorazioni di terzi/prodotti e servizi”, che l’amministrazione finanziaria non aveva fornito prove sufficienti in ordine al requisito della inerenza, che non poteva essere dedotto dalla genericità delle fatture o dalla mancanza di contratti di subappalto scritti;

con il secondo motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per violazione dell’art. 2697 c.c., per avere ritenuto che era onere dell’amministrazione finanziaria dare la prova dell’inerenza all’attività di impresa dei costi sostenuti;

i motivi, che possono essere esaminati unitamente, in quanto attengono alla questione dell’onere della prova in materia di inerenza all’attività di impresa dei costi sostenuti, sono fondati;

questa Corte (di recente, 14 novembre 2014, n. 29290) ha precisato che nel caso di esistenza di regolare fattura deve, in linea generale, ritenersi operante la presunzione di veridicità di quanto in essa rappresentato, con conseguente onere dell’Agenzia di fornire prova dell’indeducibilità, per non inerenza, del costo (cfr. Cass. n. 7881 del 2016; n. 21446 del 2014, n. 24426 del 2013, n. 5748 del 2010), ma ciò sempre che, come reiteratamente affermato nella giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 21980 del 2015, n. 21446 del 2014, n. 24426 del 2013, n. 9108 del 2012, n. 5748 del 2010), sia in tema di imposizione diretta che in tema di Iva, la fattura sia redatta in conformità ai requisiti di forma e contenuto prescritti

dal D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, art. 21 (v.,anche, Dir. 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006, art. 226); già in passato questa Corte ha stabilito che, in tema di imposte sui redditi, l’irregolarità della fattura, non redatta in conformità ai requisiti di forma e contenuto prescritti dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21, fa venir meno la presunzione di veridicità di quanto in essa rappresentato e la rende inidonea a costituire titolo per il contribuente ai fini del diritto alla deduzione del costo relativo, sicchè l’amministrazione finanziaria può contestare l’effettività delle operazioni ad essa sottese e ritenere indeducibili i costi nella stessa indicati (Cass. 10 ottobre 2014, n. 21446, e da ultimo, Cass. 211 del 2018);

in questo caso, pertanto, ove la fattura abbia solo genericamente indicato le operazioni per le quali la stessa è stata emessa, dinanzi alla contestazione dell’amministrazione finanziaria, è quindi onere del contribuente dare la prova delle prestazioni effettivamente ricevute;

il giudice del gravame non si è conformato ai suddetti principi, avendo ritenuto, dinanzi alla contestazione della genericità delle fatture, recanti solo l’indicazione “lavori eseguiti in economia presso vs cantiere”, che era onere dell’amministrazione finanziaria dare la prova dell’inerenza dei costi, senza che risultasse, quindi, accertato quali lavori erano stati concretamente realizzati in favore della società contribuente, non potendosi ritenere circostanza di per sè idonea a tal fine, l’avvenuto pagamento a mezzo bonifici o la presenza di documentazione in materia di sicurezza sul lavoro;

in conclusione, sono fondati il primo e secondo motivo di ricorso principale nonchè il primo e secondo motivo di ricorso incidentale, con conseguente accoglimento del ricorso principale e di quello incidentale e cassazione della sentenza con rinvio alla Commissione tributaria regionale anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

PQM

La Corte:

accoglie il ricorso principale e quello incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2020

 

 

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