Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21683 del 23/08/2019

Cassazione civile sez. lav., 23/08/2019, (ud. 17/04/2019, dep. 23/08/2019), n.21683

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15934-2016 proposto da:

ANSA AGENZIA NAZIONALE STAMPA ASSOCIATA SOCIETA’ COOPERATIVA, in

persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio

dell’avvocato ENZO MORRICO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

A.D.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

ANGELICO 35, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO D’AMATI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI NICOLA

D’AMATI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3451/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 02/07/2015 R.G.N. 6775/2011.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza 2 luglio 2015, la Corte d’appello di Roma rigettava gli appelli principale dell’Agenzia Ansa e incidentale di A.D.S. avverso la sentenza di primo grado, di accertamento della nullità del termine apposto ai contratti stipulati tra le parti dal 2002 al 2007 per omessa valutazione datoriale dei rischi, della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato part time per 25 ore settimanali tra le parti e del diritto della lavoratrice all’inquadramento come redattrice, con la condanna di Ansa al pagamento, in favore di A.D. a titolo risarcitorio, di un’indennità pari a cinque mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto e con rigetto della domanda di accertamento della natura subordinata del rapporto da epoca anteriore al primo contratto a termine;

2. avverso tale sentenza l’Ansa ricorreva per cassazione con tre motivi, cui resisteva la lavoratrice con controricorso;

3. parte ricorrente comunicava memoria ai sensi dell’art. 380bis1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. l’Ansa deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 437 c.p.c., comma 2, per la mancata ammissione della produzione documentale in ordine alla valutazione dei rischi e della relativa prova orale, quali mezzi istruttori indispensabili, nel senso della decisività ai fini del ribaltamento della decisione, senza alcuna valutazione al riguardo, benchè sollecitato l’esercizio dei poteri officiosi giudiziali (primo motivo); violazione e falsa applicazione degli artt. 115,116,244,421,435 c.p.c., per la mancata ammissione di prova orale richiesta in primo grado sull’esistenza del Documento di Valutazione dei Rischi, alla stregua di prova contraria a quella instata dalla lavoratrice, specificamente deducente nel ricorso introduttivo la mancanza di una tale valutazione, contestata (insieme con tutte le altre circostanze in esso allegate) dalla datrice in comparsa di costituzione (secondo motivo); violazione e falsa applicazione degli artt. 115e 116 c.p.c., art. 421 c.p.c., comma 2, art. 359 c.p.c., per erronea esclusione delle istanze istruttorie orali dedotte in primo grado e in appello, anche ai sensi degli artt. 421 e 437 c.p.c., sempre che non ravvisata la sola possibilità di prova in via documentale, in evidente contrasto con il principio di libertà dei mezzi di prova (terzo motivo);

2. il primo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione dell’art. 437 c.p.c., comma 2 per la mancata ammissione di mezzi istruttori indispensabili, è fondato; 2.1. in via di premessa, giova ribadire che, in materia di rapporto di lavoro a tempo determinato, il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 3, che sancisce il divieto di stipulare contratti di lavoro subordinato a termine per le imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, costituisce norma imperativa, la cui ratio è diretta alla più intensa protezione dei lavoratori rispetto ai quali la flessibilità d’impiego riduce la familiarità con l’ambiente e gli strumenti di lavoro: con la conseguenza che, ove il datore di lavoro non provi di aver provveduto alla valutazione dei rischi prima della stipulazione, la clausola di apposizione del termine è nulla e il contratto di lavoro si considera a tempo indeterminato ai sensi dell’art. 1339 c.c. e art. 1419 c.c., comma 2 (Cass. 2 aprile 2012, n. 5241; Cass. 21 marzo 2017, n. 8212; Cass. 17 novembre 2017, n. 27335; Cass. 31 maggio 2018, n. 13959);

2.2. incombe pertanto sul datore di lavoro, che intenda sottrarsi alle conseguenze della violazione della indicata disposizione, l’onere di provare di aver assolto specificamente all’adempimento richiesto dalla normativa (Cass. 2 aprile 2012, n. 5241, punto 31 ss. in motivazione; Cass. 24 ottobre 2016, n. 21418);

2.3. la società ricorrente lamenta l’omessa valutazione dalla Corte capitolina della indispensabilità o meno della deduzione probatoria nuova in appello, avendone essa esclusivamente affermato, a suo avviso senza alcuna argomentazione, la sola evidente inammissibilità, per tardività della produzione in appello in particolare del documento di valutazione dei rischi ai sensi del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4 (così all’ultimo capoverso di pg. 3 della sentenza);

2.4. una tale valutazione, quand’anche implicitamente negativa, deve essere verificata alla luce del recente arresto di questa Corte a sezioni unite, che ha composto il contrasto con il più rigoroso indirizzo, disatteso con argomentate ragioni, fondato su un’opzione interpretativa (che sacrifica la ricerca della verità materiale per non indebolire la disciplina delle preclusioni istruttorie previste per il primo grado, la terzietà del giudice rispetto al potere dispositivo delle parti, la regola di giudizio dell’onere della prova ai sensi dell’art. 2697 c.c. e la ragionevole durata del processo: Cass. s.u. 4 maggio 2017, n. 10790, sub p.to 2.2. pg. 14 del testo in PDF) fautrice di un’accezione ristretta di indispensabilità delle nuove prove, comportante un apprezzamento nel giudizio di appello in relazione alla decisione di primo grado e al modo in cui essa si sia formata; sicchè, l’indispensabilità sia esclusa in una situazione in cui lo sviluppo del contraddittorio e delle deduzioni istruttorie avrebbero consentito alla parte di avvalersi del documento o del mezzo di prova perchè funzionale alle sue ragioni, essendo imputabile alla negligenza della parte il non averla introdotta; e pertanto dovendo la decisione, a commento delle risultanze istruttorie acquisite, evidenziare la necessità d’un apporto probatorio che, nel contraddittorio in primo grado e nella relativa istruzione, non fosse apprezzabile come utile e necessario: solo in questi termini potendo parlarsi di prova nuova indispensabile (Cass. 10 febbraio 2017, n. 3654; Cass. 31 marzo 2011, n. 7441; Cass. 5 dicembre 2011, n. 26020; Cass. 12 febbraio 2013, n. 3493);

2.5. il citato arresto ha pertanto affermato il principio, secondo cui nel giudizio di appello costituisce prova nuova indispensabile, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 3 (nel testo previgente rispetto alla novella di cui al D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. da L. n. 134 del 2012: ben applicabile, come esplicitamente affermato, anche alla disposizione dell’art. 437 c.p.c., comma 2), quella di per sè idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto indimostrato o non sufficientemente provato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado (Cass. s.u. 4 maggio 2017, n. 10790);

3. dalle superiori argomentazioni, in accoglimento del motivo scrutinato ed assorbenti gli altri, consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza, in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 17 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2019

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