Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21682 del 19/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 19/09/2017, (ud. 06/07/2017, dep.19/09/2017),  n. 21682

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13492-2013 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA, (OMISSIS), in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.L., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

COSSERIA 2, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO AMERICO, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati ISETTA BARSANTI

MAUCERI, GLORIA PIERI, VITTORIO ANGIOLINI;

– controricorrente e ricorrente Incidentale –

e contro

CA.MA., R.I., CO.AU., D.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 24/2013 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 26/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

costituita del 06/07/2017 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

RILEVATO

che il Tribunale di Genova, accogliendo in parte la domanda proposta da Ca.Ma., R.I., Co.Au., C.L. e D.G. nei confronti del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ritenuta la illegittimità del termine apposto ai contratti di lavoro stipulati dal Ministero con i ricorrenti – in qualità di docenti – riconosceva loro il diritto al risarcimento del danno liquidandolo applicando analogicamente il disposto della L. 30 dicembre 2010, n. 183, art. 32 nonchè alla progressione professionale retributiva in relazione al servizio prestato con condanna del Ministero a corrispondere ai predetti il danno come liquidato e le differenze stipendiali in ragione dell’anzianità di servizio maturata (rigettava la domanda di conversione dei contratti a termine in rapporti a tempo indeterminato);

che, con sentenza del 26 gennaio 2013, la Corte di Appello di Genova decidendo sull’appello principale del Ministero e su quello incidentale dei docenti rigettava la domanda di questi ultimi intesa alla declaratoria di nullità del termine apposto ai contratti di lavoro stipulati col Ministero confermando nel resto la decisione del primo giudice;

che per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il Ministero affidato ad un motivo cui resiste con controricorso la C. e propone, a sua volta, ricorso incidentale fondato su sette motivi;

che gli altri intimati non hanno svolto attività difensive;

che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che la C. ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c. in cui insiste per l’accoglimento del ricorso incidentale e notizia questa Corte della pendenza di due giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 92 c.p.c. chiedendo, ove il Collegio ritenga di applicare tale norma, la sospensione del presente giudizio;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che con l’unico motivo del ricorso principale viene dedotta violazione e falsa applicazione di plurime disposizione di legge (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) assumendosi: che i rapporti di lavoro a tempo determinato del settore scolastico sono assoggettati ad una normativa speciale di settore, sicchè agli stessi non si applica la disciplina generale dettata dal D.Lgs. n. 368 del 2001 e che il principio di non discriminazione è correlato all’abuso del contratto a termine, che nella specie deve essere escluso in quanto il ricorso alla stipula di contratti a termine del personale docente trova giustificazione in ragioni oggettive e non è maliziosamente finalizzato a consentire al datore di lavoro un risparmio di spesa; che il lavoratore assunto a tempo determinato nel settore scolastico non è comparabile al docente di ruolo, perchè ogni singolo rapporto è distinto ed autonomo rispetto al precedente;

che, il motivo è infondato in quanto la sentenza impugnata è conforme al principio di diritto affermato da questa Corte (Cass. 7.11.2016 n. 22558, e 23.11.2016n. 23868 alle cui motivazioni ci si riporta integralmente in quanto del tutto condivise) per il quale ” nel settore scolastico, la clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva n. 1999/70/CE, di diretta applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini dell’attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel tempo, sicchè vanno disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.l. che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato”; che a dette conclusioni la Corte è pervenuta valorizzando i principi affermati dalla Corte di Giustizia quanto alla interpretazione della clausola 4 dell’Accordo Quadro ed evidenziando che l’obbligo posto a carico degli Stati membri di assicurare al lavoratore a tempo determinato “condizioni di impiego” che non siano meno favorevoli rispetto a quelle riservate all’assunto a tempo indeterminato “comparabile”, sussiste a prescindere dalla legittimità del termine apposto al contratto;

che il motivo di ricorso non prospetta argomenti che possano indurre a disattendere detto orientamento, al quale va data continuità, poichè le ragioni indicate a fondamento del principio affermato, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., sono integralmente fatte proprie dal Collegio;

che:

– con il primo motivo del ricorso incidentale è denunciata (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) violazione del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, sul rilievo della mancanza di disposizioni volte ad escluderne l’applicazione ai contratti stipulati con il personale scolastico e sul rilievo che dovrebbe farsi applicazione congiunta delle disposizioni contenute nei D.Lgs. n. 165 del 2001 e D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368 al fine di rendere conforme alla Direttiva Europea la disciplina dei contratti a termine del personale scolastico, posto che la disciplina sulle supplenze scolastiche non conterrebbe alcuna disposizione volta a reprimerne la reiterazione;

– con il secondo motivo è denunciata (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5, comma 4 bis, sostenendosi che detta disposizione mira ad ostacolare l’esito positivo dei giudizi instaurati dai lavoratori del comparto giudizi fondati sui principi affermati nell’Accordo quadro CES, UNICE e CEEP del 1999, recepito nella Direttiva 70/99/CE e che il ricorso reiterato e continuo ai contratti a tempo determinato mira a far fronte ad esigenze non temporanee e di fatto realizza violazione del principio di parità di trattamento tra dipendenti a tempo determinato e dipendenti a tempo indeterminato;

– con il terzo motivo è denunciata (ai sensi art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) omessa e comunque insufficiente motivazione in relazione alla richiesta di disapplicazione del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 9, comma 18 conv. in L. 12 luglio 2011, n. 106, della eccezione di illegittimità comunitaria e costituzionale di detta norma, anche con riguardo all’art. 6 della Convenzione EDU lamentandosi che la Corte territoriale non ha esposto le ragioni del mancato accoglimento di tali richieste;

– con il quarto motivo è denunciata (ai sensi art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, commi O ed 1, assumendosi che, diversamente da quanto affermato nella sentenza impugnata, troverebbe applicazione il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 1 secondo cui il contratto a tempo determinato costituisce eccezione rispetto al contratto di lavoro a tempo indeteiminato e che, inoltre, nel settore pubblico il legislatore, nel modificare il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, ha consentito alle pubbliche amministrazioni di fare ricorso al lavoro flessibile solo in presenza di esigenze temporanee ed eccezionali;

– con il quinto motivo è denunciata (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 1 e art. 2, art. 5, comma 4 bis, ed omessa ed insufficiente motivazione per avere la Corte territoriale, in conseguenza della affermata legittimità dei contratti a termine, omesso di esaminare le conseguenze della illegittimità dei contratti in relazione all’avvenuto superamento del periodo massimo di durata di trentasei mesi;

– con il sesto motivo è denunciata (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) violazione della L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, comma 5, ed omessa ed insufficiente motivazione, per non avere la Corte territoriale esaminato la domanda volta al pagamento della indennità omnicomprensiva di cui alla L. n. 183 del 210, art. 32, comma 5;

– con il settimo motivo si deduce (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 in quanto essendo avvenuta l’assunzione a tempo determinato attraverso procedure selettive trasparenti e conformi ai criteri di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 35, , i rapporti di lavoro a tempo determinato, ben potevano proseguire, una volta accertata la illegittimità del termine, come rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato; vengono, poi, richiamate le prospettazioni difensive svolte nei giudizi di merito a suffragio della domanda risarcitoria, lamentando che su questa la Corte di Appello avrebbe omesso ogni pronuncia;

– che, infine, la ricorrente ripropone le questioni di pregiudiziale comunitaria, di illegittimità costituzionale, richiamando i principi affermati dalla Corte di Giustizia, dalla Corte di Strasburgo con riguardo all’art. 6 della CEDU (art. 6), e invocano le disposizioni contenute negli artt. 47 e 52 della Carta di Nizza;

che le questioni oggetto dei sette motivi di ricorso incidentale sono già state scrutinate da questa Corte nelle decisioni del 2016 nn. da 22552 a 22557, 23534, 23535, 23750, 23751, 23866, 23867, da 24934 a 24040, da 24126 a 24130, 24272, 24273, 24275, 24276, e da 24813 a 24816, in relazione a fattispecie sostanzialmente sovrapponibili a quella in esame ed ai principi affermati in dette pronunce va data continuità e va, pertanto, ribadito che:

– A. “La disciplina del reclutamento del personale a termine del settore scolastico, contenuta nel D.Lgs. n. 297 del 1994, non è stata abrogata dal D.Lgs. n. 368 del 2001, essendone stata disposta la salvezza dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 70, comma 8, che ad essa attribuisce un connotato di specialità.

– B. “Per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4 commi 1 e 11 e in applicazione della Direttiva 1999/70/CE1999 è illegittima, a far tempo dal 10.07.2001, la reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11, prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, sempre che abbiano avuto durata complessiva, anche non continuativa, superiore a trentasei mesi”.

– C. Ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 (originario comma 2, ora comma 5), la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione.

– D. Nelle ipotesi di reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, comma 1, realizzatesi prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, con il personale docente, per la copertura di cattedre a posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la misura della stabilizzazione prevista nella citata L. n. 107 del 2015, attraverso il piano straordinario destinato alla copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto, relativamente al personale docente, sia nel caso di concreta assegnazione del posto di ruolo sia in quello in cui vi sia certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego, nel tempo compreso fino al totale scorrimento delle graduatorie ad esaurimento, secondo quanto previsto dalla L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 109.

– E. Nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi dal 10.07.2001 e prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la stabilizzazione acquisita dai docenti e dal personale ausiliario, tecnico ed amministrativo, attraverso l’operare dei pregressi strumenti selettivi- concorsuali.

F. Nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello ausiliario, tecnico ed amministrativo, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve affermarsi, in continuità con i principi affermati dalle SS.UU di questa Corte nella sentenza n. 5072 del 2016, che l’avvenuta immissione in ruolo non esclude la proponibilità di domanda per risarcimento dei danni ulteriori e diversi rispetto a quelli esclusi dall’immissione in ruolo stessa, con la precisazione che l’onere di allegazione e di prova grava sul lavoratore, in tal caso non beneficiato dalla agevolazione probatoria di cui alla menzionata sentenza.

– G. Nelle predette ipotesi di reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, comma 1, avveratasi a far data da 10.07.2001, ai docenti ed al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario che non sia stato stabilizzato e che non abbia (come dianzi precisato) alcuna certezza di stabilizzazione, va riconosciuto il diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella già richiamata sentenza delle SSUU di questa Corte n. 5072 del 2016.

– H. Nelle ipotesi di reiterazione di contratti a termine in relazione ai posti individuati per le supplenze su “organico di fatto” e per le supplenze temporanee non è in sè configurabile alcun abuso ai sensi dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva, fermo restando il diritto del lavoratore di allegare e provare il ricorso improprio o distorto a siffatta tipologia di supplenze, prospettando non già la sola reiterazione ma le sintomatiche condizioni concrete della medesima;

che, pertanto, in applicazione dei predetti principi alla fattispecie in esame si rileva che per la C. è illegittima la reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11, prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107 per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre (quindi reiterazione su organico di diritto) con una durata complessiva superiore a trentasei mesi e, non risultando la stabilizzazione delle predette in virtù della citata L. n. 107 del 2015 o in conseguenza dell’operare dei pregressi strumenti selettivi-concorsuali, va quindi riconosciuto il risarcimento del danno nella misura e secondo i principi di cui alla richiamata sentenza delle SSUU di questa Corte n. 5072 n. 2016;

che, inoltre, non può essere accolta la richiesta di avvio, ai sensi dell’art. 267 TFUE, della procedura di rinvio pregiudiziale dinanzi alla CGUE per le ragioni già esposte nella sentenza di questa Corte n. 22555 del 7 novembre 2016 (paragrafi da 109 a 116) da qui richiamate (nello stesso senso vedi anche; Cass. n. 164 del 5 gennaio 2017, tra le varie);

che, pertanto, il ricorso principale va rigettato mentre quello incidentale della C. va accolto nei termini sopra precisati e l’impugnata sentenza va cassata con riferimento alla sola posizione della C. con rinvio alla Corte di Appello di Genova in diversa composizione che si uniformerà ai sopra precisati principi e provvederà anche ordine alle spese del presente giudizio;

che non ricorre alcuna ragione per sospendere il presente giudizio in attesa dell’esito dei due giudizi di costituzionalità richiamati nella memoria ex art. 380 bis c.p.c. dalla C. non avendo i medesimi alcuna rilevanza nella presente controversia;

che non gi provvede in ordine alle spese del presente giudizio con riferimento agli altri intimati che non hanno svolto alcuna attività difensiva;

che non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, atteso che le stesse, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass. 1778/2016);

PQM

 

La Corte, rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale di C.L. nei termini di cui in motivazione, cassa l’impugnata sentenza con riferimento alla posizione di C.L. e rinvia alla Corte di Appello di Genova in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2017

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