Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21680 del 19/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 19/09/2017, (ud. 06/07/2017, dep.19/09/2017),  n. 21680

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10138-2013 proposto da:

C.S., (OMISSIS), F.W. (OMISSIS), elettivamente

domiciliate in ROMA, VIA VALADIER 43, presso lo studio dell’avvocato

GIOVANNI ROMANO, che le rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA, (OMISSIS), in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1603/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 29/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/07/2017 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza del 23 ottobre 2012, la Corte di Appello di Milano – per quello che ancora interessa in questa sede – ha ritenuto la legittimità dei termini apposti ai contratti di lavoro intercorsi fra C.S. e F.W. – quali docenti – con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ed ha respinto le domande di risarcimento del danno e di riconoscimento della anzianità di servizio, sia ai fini della equiparazione stipendiale ai docenti assunti a tempo indeterminato, sia ai sensi della L. n. 312 del 1980, art. 53 ritenuto non applicabile alla fattispecie;

che per la cassazione di tale decisione hanno proposto ricorso la C. e la F. affidato a due motivi cui resiste il MIUR con controricorso;

che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato del 18 marzo 1999, della Direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 della L.3 maggio 1999, n. 124, art. 4, del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, addebitandosi alla sentenza impugnata di avere erroneamente escluso -sia l’applicabilità del D.Lgs. n. 368 del 2001, sia, in ragione del vaglio di compatibilità comunitaria, l’abusiva reiterazione dei contratti a termine, senza effettuare la necessaria indagine circa la effettiva ricorrenza di una obiettiva giustificazione, così violando la disciplina nazionale e comunitaria;

che, dopo un’articolata ricognizione normativa e giurisprudenziale, in ragione della quale non si contesta la possibile compatibilità in astratto della L. n. 124 del 1999 alla Direttiva, si fonda il motivo sulla necessità di una verifica in concreto della compatibilità comunitaria mediante una indagine sull’utilizzazione delle ricorrenti in presenza di puntuali e specifiche esigenze di sopperire a temporanee carenze di organico, che nella specie era mancata;

che tali esigenze non emergevano dai singoli contratti, nè erano state altrimenti circostanziate;

che, quindi, in considerazione del numero dei contratti e della durata complessiva dei periodi di impiego precario, era dovuto alle ricorrenti il risarcimento del danno, non apparendo condivisibili le argomentazioni di Cass. n. 10127 del 2012 che esentavano gli organi dello Stato da una obiettiva verifica della mancanza di abusività del ricorso alla contrattazione a termine;

che le questioni oggetto dei motivo già state scrutinate da questa Corte nelle decisioni del 2016 nn. da 22552 a 22557, 23534, 23535 e da numerose altre successive, in relazione a fattispecie sostanzialmente sovrapponibili a quella in esame ed ai principi affermati in dette pronunce va data continuità e va, pertanto, ribadito che:

– A. “La disciplina del reclutamento del personale a termine del settore scolastico, contenuta nel D.Lgs. n. 297 del 1994, non è stata abrogata dal D.Lgs. n. 368 del 2001, essendone stata disposta la salvezza dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 70, comma 8, che ad essa attribuisce un connotato di specialità.

– B. “Per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11 e in applicazione della Direttiva 1999/70/CE1999 è illegittima, a far tempo dal 10.07.2001, la reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11 prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, sempre che abbiano avuto durata complessiva, anche non continuativa, superiore a trentasei mesi”.

– C. Ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 (originario comma 2, ora comma 5), la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione.

– D. Nelle ipotesi di reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, comma 1 realizzatesi prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, con il personale docente, per la copertura di cattedre a posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la misura della stabilizzazione prevista nella citata L. n. 107 del 2015, attraverso il piano straordinario destinato alla copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto, relativamente al personale docente, sia nel caso di concreta assegnazione del posto di ruolo sia in quello in cui vi sia certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego, nel tempo compreso fino al totale scorrimento delle graduatorie ad esaurimento, secondo quanto previsto dalla L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 109.

– E. Nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi dal 10.07.2001 e prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la stabilizzazione acquisita dai docenti e dal personale ausiliario, tecnico ed amministrativo, attraverso l’operare dei pregressi strumenti selettivi- concorsuali.

– F. Nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello ausiliario, tecnico ed amministrativo, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve affermarsi, in continuità con i principi affermati dalle SS.UU di questa Corte nella sentenza n. 5072 del 2016, che l’avvenuta immissione in ruolo non esclude la proponibilità di domanda per risarcimento dei danni ulteriori e diversi rispetto a quelli esclusi dall’immissione in ruolo stessa, con la precisazione che l’onere di allegazione e di prova grava sul lavoratore, in tal caso non beneficiato dalla agevolazione probatoria di cui alla menzionata sentenza.

– G. Nelle predette ipotesi di reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi della L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 1 avveratasi a far data da 10.07.2001, ai docenti ed al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario che non sia stato stabilizzato e che non abbia (come dianzi precisato) alcuna certezza di stabilizzazione, va riconosciuto il diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella già richiamata sentenza delle SSUU di questa Corte n. 5072 del 2016.

– H. Nelle ipotesi di reiterazione di contratti a termine in relazione ai posti individuati per le supplenze su “organico di fatto” e per le supplenze temporanee non è in sè configurabile alcun abuso ai sensi dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva, fermo restando il diritto del lavoratore di allegare e provare il ricorso improprio o distorto a siffatta tipologia di supplenze, prospettando non già la sola reiterazione ma le sintomatiche condizioni concrete della medesima;

che, pertanto, in applicazione dei predetti principi alla fattispecie in esame si rileva che per le attuali ricorrenti è illegittima la reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11 prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107 per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre (quindi reiterazione su organico di diritto) con una durata complessiva superiore a trentasei mesi e, non risultando la stabilizzazione delle predette in virtù della citata L. n. 107 del 2015 o in conseguenza dell’operare dei pregressi strumenti selettivi-concorsuali, va quindi riconosciuto il risarcimento del danno nella misura e secondo i principi di cui alla richiamata sentenza delle SSUU di questa Corte n. 5072 n. 2016;

che con il secondo motivo viene dedotta violazione e/o falsa applicazione della clausola 4 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, attuato dalladirettiva 1999/70/CE e contestuale violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6 in quanto la Corte di Appello aveva negato il riconoscimento del diritto ad una piena anzianità di servizio; si assume, infatti, che il principio di non discriminazione, come riconosciuto dalla Corte di Giustizia, fa parte dell’ordinamento e del diritto comunitario e che, nella specie, rispondendo le assunzioni ad una precisa programmazione, non vi erano ragione obiettive che potessero escluderne l’applicazione, atteso che a parità di mansioni doveva attuarsi un adeguamento stipendiale parametrato all’anzianità di servizio prestata, non potendo la natura temporanea del rapporto di lavoro giustificare trattamenti differenziati;

che la censura è fondata in quanto la sentenza impugnata, nell’escludere il diritto al riconoscimento a fini retributivi della anzianità di servizio, si pone in contrasto con il principio di diritto affermato da questa Corte con le sentenze nn. 22558 e 23868/2016, con le quali si è statuito che “nel settore scolastico, la clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva n. 1999/70/CE, di diretta applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel tempo, sicchè vanno disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.l. che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato.”;

che a dette conclusioni la Corte è pervenuta valorizzando i principi affermati dalla Corte di Giustizia quanto alla interpretazione della clausola 4 dell’Accordo Quadro ed evidenziando che l’obbligo posto a carico degli Stati membri di assicurare al lavoratore a tempo determinato “condizioni di impiego” che non siano meno favorevoli rispetto a quelle riservate all’assunto a tempo indeterminato “comparabile”, sussiste a prescindere dalla legittimità del termine apposto al contratto;

che il controricorso del MIUR non prospetta argomenti che possano indurre a disattendere detto orientamento, al quale va data continuità, poichè le ragioni indicate a fondamento del principio affermato, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., sono integralmente condivise dal Collegio;

che, vale infine precisare, come non possa essere riconosciuto il diritto a percepire gli scatti biennali previsti dalla L. n. 312 del 1980, art. 53 come chiarito da questa Corte nella sentenza n. 22558 del 2016 secondo cui “In tema di retribuzione del personale scolastico, la L. n. 312 del 1980, art. 53 che prevedeva scatti biennali di anzianità per il personale non di ruolo, non è applicabile ai contratti a tempo detetniinato del personale del comparto scuola ed è stato richiamato,D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 69, comma 1, e art. 71, dal c.c.n.l. 4 agosto 1995 e dai contratti collettivi successivi, per affermarne la perdurante vigenza limitatamente ai soli insegnanti di religione.”;

che, alla luce di quanto esposto, in parziale dissenso dalla proposta del relatore, va accolto il ricorso e l’impugnata sentenza cassata con rinvio alla Corte di Appello di Milano in diversa composizione che deciderà in ossequio ai summenzionati principi e provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

PQM

 

La Corte, accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte di Appello di Milano in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2017

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