Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21675 del 26/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 26/10/2016, (ud. 14/09/2016, dep. 26/10/2016), n.21675

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19024/2014 proposto da:

R.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SALLUSTIANA 15,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO FRATINI, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANDREA CIMMINO, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 144/28/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA del 24/04/2013, depositata il 10/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/09/2016 dal Consigliere Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI;

udito l’Avvocato Andrea Cimmini difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti del ricorso.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

R.S. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, contro la sentenza resa dalla CTR Lazio n. 144/28/13, depositata il 10.6.2013, che ha confermato la sentenza di primo grado con la quale era stata rigettata la richiesta di annullamento del diniego dell’istanza di rimborso IRAP.

Secondo il giudice di appello era sussistente il requisito dell’autonoma organizzazione in relazione al consistente valore dei beni strumentali ed alla corresponsione di elevati compensi a terzi.

L’Agenzia delle entrate non ha depositato difese scritte.

Il primo motivo di ricorso con il quale si deduce il vizio di motivazione apparente è manifestamente infondato cogliendosi gli elementi sui quali la CTR ha fondato il rigetto dell’impugnazione. Nè può ravvisarsi il vizio di violazione degli artt. 115 e 116 c.c., avendo il giudice di merito fondato la decisione sulla base degli elementi documentali indicati in motivazione. Resta solo da dire che la censura è inammissibile nella parte in cui prospetta l’incongruità della valutazione operata dalla CTR in ordine al carattere elevato dei beni strumentali e dei compensi a terzi, incidendo su un accertamento di fatto non aggredibile sulla base dei parametri normativi indicati nel motivo dalla parte ricorrente.

Il secondo ed il terzo motivo di ricorso, con i quali si prospetta il vizio di violazione della legge e di omesso esame di fatti decisivi per il giudizio meritano un esame congiunto, sono entrambi fondati nei termini di seguito esposti.

Ed invero, la CTR ha desunto il carattere dell’autonoma organizzazione ai fini IRAP sulla base del carattere elevato di beni strumentali e dei compensi a terzi, non solo formulando in modo assolutamente generico siffatta valutazione, ma altresì omettendo di specificare l’incidenza dell’importo eventualmente emergente dalla dichiarazione dei redditi rispetto ai diversi anni di imposta ai quali si riferiva la pretesa fiscale onorata dal contribuente e senza nemmeno ponderare il carattere occasionale o meno dei compensi a terzi.

In tal modo il giudice di merito ha peraltro violato i principi giurisprudenziali espressi da questa Corte in tema di IRAP secondo i quali con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dal D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 446, art. 2, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive” – cfr. Cass. S.U. n. 9451/2016.

Peraltro, come già chiarito da questa Corte – Cass. n. 18108/2013 – l’assoggettamento ad IRAP “richiede un analitico esame delle spese affrontate dal contribuente” in riferimento alla specifica attività esercitata. Ne consegue che la “dotazione strumentale minima” del contribuente che esposta in fase dichiarativa non va valutata solo sotto l’aspetto quantitativo, ma anche e soprattutto sotto l’aspetto qualitativo della attività esercitata, sia essa una libera professione o un’impresa. Valutazione che, nel caso di specie, non è stata in alcun modo compiuta dalla CTR che si è affidata a valutazioni non agganciate ad elementi fattuali precisi che il contribuente aveva invece offerto per sostenere la non assoggettabilità del medesimo ad IRAP.

Sulla base di tali considerazioni, disatteso il primo motivo ed accolti il secondo e il terzo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR del Lazio anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo e il terzo motivo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR del Lazio anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 14 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2016

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