Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21672 del 08/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 08/10/2020, (ud. 12/11/2019, dep. 08/10/2020), n.21672

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina M. – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo M. – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filipp – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. ARMONE Giovanni M. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7438/2013 R.G. proposto da:

BASF COATINGS SPA, (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. PIETRO

SCARAFILE, elettivamente domiciliato in Roma, Via Postumia, 1;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia n. 143/36/12, depositata il 18 settembre 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 novembre

2019 dal Consigliere Filippo D’Aquino.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

La contribuente ha impugnato un avviso di accertamento relativo a IVA per il periodo di imposta dell’anno 2004, con il quale, sulla base di un PVC redatto dalla Guardia di Finanza, è stato contestato alla società contribuente il regime di non imponibilità, a fronte dell’emissione di fatture per cessioni intracomunitarie D.L. 30 agosto 1993, n. 331, ex art. 41 stante l’indicazione di codici identificativi di cessionari cessati, nonchè a fronte dell’esecuzione di operazioni con società di (OMISSIS);

che la CTP di Milano ha accolto il ricorso e la CTR della Lombardia, con sentenza in data 18 settembre 2012, ha accolto l’appello dell’Ufficio, ritenendo che l’errata indicazione nelle fatture in contestazione dei codici identificativi non integra un mero errore formale, ove non sia stato provato il concreto assoggettamento all’onere contributivo da parte dei cessionari;

che propone ricorso per cassazione parte contribuente affidato a quattro motivi, ulteriormente illustrati da memoria; l’Ufficio ha depositato atto di costituzione senza articolare difese scritte.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 61 in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 30, 31 e 34 e all’art. 101 c.p.c., evidenziandosi come parte ricorrente non abbia partecipato al giudizio avanti la CTR, essendo la causa stata discussa prima che per la resistente fosse scaduto il termine per costituirsi in giudizio; evidenzia parte ricorrente come il ricevimento dell’atto di appello da parte dell’Ufficio è avvenuto il 24 febbraio 2012, con termine per la costituzione scaduto il 24 aprile 2012, laddove l’udienza di discussione del 21 maggio 2012 è stata celebrata prima del 30 giorno libero successivo alla scadenza del termine suddetto;

che con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 41 in relazione all’art. 46, comma 2 e dell’art. 50, comma 1, D.L. ult. cit., nonchè omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, nella parte in cui la sentenza impugnata ha accolto l’appello dell’Ufficio; rileva parte ricorrente come per beneficiare del regime di tassazione nel Paese dell’Unione di destinazione il cedente debba dimostrare che il cessionario sia soggetto passivo IVA e che i beni siano fisicamente trasportati nel territorio dello Stato del cessionario; rileva come nel giudizio di secondo grado sia stato pretermesso l’esame della circostanza in fatto che i cessionari non erano cessati e che si era trattato di un mero errore di indicazione del numero di partita IVA;

che con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.M. 24 dicembre 1993, art. 3, comma 1, in relazione al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 8, comma 1, nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, nella parte in cui ha disconosciuto il regime di non imponibilità per le fatture emesse nei confronti della società di (OMISSIS); rileva parte ricorrente come in materia di cessioni intracomunitarie ciò che rileva, ai fini del trasferimento fisico delle merci, è la apposizione del visto doganale e che tale circostanza, unitamente alle altre circostanze contenute nel D.M. 24 dicembre 1993, relativo ai rapporti con (OMISSIS), sarebbero state rispettate; deduce, pertanto, l’irrilevanza della mancata indicazione dei codici identificativi, anche in considerazione che il regime impositivo corrisponde all’operazione reale e non a quella “cartolare”;

che con il quarto motivo (indicato come quinto) si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 5, comma 4, art. 6, commi 1 e 5, in relazione al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6, comma 5-bis e alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, comma 3, nonchè violazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, in relazione alla conferma della legittimità delle sanzioni irrogate; deduce parte ricorrente che la natura meramente formale della violazione preclude l’applicazione delle sanzioni irrogate, non essendovi condotta della contribuente in grado di ostacolare l’azione di controllo dell’amministrazione; deduce, inoltre, vizio di motivazione sul punto dell’accoglimento dell’appello in punto sanzioni;

che il primo motivo di ricorso è fondato, dovendo la fissazione della trattazione del ricorso in appello, come per il primo grado di giudizio (stante il rinvio del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 61 alle norme per il procedimento di primo grado e, quindi, all’art. 30 D.Lgs. cit.) essere fissata “scaduto in ogni caso il termine per la costituzione delle parti”, termine dilatorio a difesa di sessanta giorni decorrente dalla data di notificazione del ricorso (art. 23 D.Lgs. cit.); termine al quale si aggiunge il termine dilatorio di cui all’art. 31, D.Lgs., di ulteriori trenta giorni liberi prima dell’udienza per la comunicazione della data della trattazione, per complessivi novanta giorni liberi dalla notificazione del ricorso introduttivo del giudizio di merito;

che risulta dagli atti del procedimento come il ricorso in appello dell’Ufficio sia stato notificato alla società contribuente a mezzo posta con atto ricevuto in data 24.02.2012, il cui termine a difesa doveva pertanto ritenersi a scadere alla data del 25 maggio 2012; sicchè la discussione della causa in data 21.05.2012 è avvenuta in violazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 30,31 e 61 e che ciò costituisca nullità della sentenza per violazione del contraddittorio in relazione all’art. 101 c.p.c.;

che la contribuente si è costituita nel giudizio di appello, ma in data successiva all’udienza;

per cui detta nullità non può ritenersi sanata;

che, pertanto, è irrilevante la deduzione – contenuta in memoria – che siano passate in giudicato, favorevolmente alla odierna ricorrente, le sentenze della medesima CTR relative ai periodi di imposta degli anni successivi a quello per cui è causa;

che la sentenza deve, pertanto, essere cassata con rinvio alla CTR a quo in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, risultando assorbiti gli ulteriori motivi.

PQM

La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli ulteriori motivi; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 12 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2020

 

 

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