Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21671 del 23/08/2019

Cassazione civile sez. lav., 23/08/2019, (ud. 19/03/2019, dep. 23/08/2019), n.21671

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3567-2015 proposto da:

SERENA S.P.A., già SERENA S.R.L., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA

DEL FANTE 2, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PALMERI,

rappresentata e difesa dagli avvocati ANGELO CACCIATORE, DIEGO

ZIINO;

– ricorrente –

contro

G.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA SALLUSTIANA

26, presso lo studio dell’avvocato ANDREA NERVI, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato ENRICO AGUGLIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1213/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 23/07/2014 R.G.N. 514/2012.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che:

1. La Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale di Palermo che in accoglimento del ricorso proposto da G.G. aveva condannato la Serena s.p.a. al pagamento della somma di Euro 82.281,73 a titolo di compensi professionali per il rapporto di collaborazione intercorso tra le parti in relazione al quale, nel periodo settembre 2006-agosto 2007, il professionista aveva ricevuto un acconto del 50% del dovuto ed in relazione al periodo settembre 2007- aprile 2008 in cui non aveva ricevuto, invece, alcun compenso.

2. La Corte di merito ha infatti ritenuto che era onere della società, che voleva avvalersi della disposizione contrattuale che consentiva la rinegoziazione del compenso, allegare e dimostrare che per effetto dell’apporto del professionista l’Unità di Ostetricia e Ginecologia presso la quale prestava la sua attività aveva un fatturato inferiore a Euro 300.000,00, limite pattuito al di sopra del quale doveva essere riconosciuto il compenso nella misura del 7% del fatturato. Ugualmente poi la Corte di appello ha rilevato che la società non aveva dimostrato se, nel periodo in esame, vi erano state contestazioni sulle fatture presentate per il pagamento alla AUSL e comunque se, a distanza di cinque anni, termine per la corresponsione del saldo al professionista, vi erano ancora fatture non pagate.

3. Per la cassazione della sentenza ricorre la Serena s.p.a. ed articola due motivi. Resiste con controricorso G.G..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che:

4. Il primo motivo di ricorso con il quale è denunciata la violazione e/o falsa applicazione dei principi in tema di ripartizione dell’onere della prova è infondato.

4.1. La Corte territoriale non è incorsa infatti nella denunciata violazione dell’art. 2697 c.c. atteso che, seppur attraverso un ragionamento che fa ricorso, in parte, a presunzioni ha accertato che la Casa di Cura per calcolare gli acconti, corrisposti al G., nella misura del 50% dei compensi da corrispondere avendo riguardo al fatturato e da calcolare nella percentuale del 7% ben conosceva il fatturato realizzato mese per mese dall’Unità di Ostetricia e Ginecologia nel periodo 2006-2007. Onere del G. era quello di provare l’adempimento della prestazione e l’inadempimento della Casa di Cura mentre era onere di quest’ultima, che voleva avvalersi della possibilità di rinegoziare il compenso, così come previsto nel regolamento contrattuale, dimostare che ricorrevano le condizioni per attivare la clausola.

5. E’ inammissibile la censura formulata nel secondo motivo di ricorso con il quale è denunciata la violazione e falsa applicazione delle clausole del contratto di collaborazione e della disciplina dettata dall’art. 2233 c.c..

5.1. Quanto alla dedotta errata applicazione delle percentuali per la liquidazione dei compensi va rilevato che la Corte di merito, con accertamento di fatto a lei riservato ed in questa sede incensurabile se non sotto il profilo del vizio di motivazione non denunciato, ha escluso che la società avesse offerto la prova, che su di lei incombeva, della sussistenza delle condizioni per l’applicazione delle percentuali più ridotte di liquidazione dei compensi.

5.2. Con riguardo alla denunciata violazione dell’art. 2233 c.c. va rilevato che si tratta di questione nuova che comporta una diversa qualificazione del fatto impeditivo e non risulta essere stata sollevata nelle precedenti fasi di merito.

6. In conclusione il ricorso deve essere rigettato e le spese, liquidate in dispositivo, vanno poste a caarico della ricorrente soccombente. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato D.P.R., art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 5000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. D.P.R., art. 13, comma 1 bis.

Spese 5000,00 + 200,00.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 19 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2019

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