Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2167 del 25/01/2019

Cassazione civile sez. trib., 25/01/2019, (ud. 23/10/2018, dep. 25/01/2019), n.2167

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2213-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 128/2010 della COMM. TRIB. REG. dell’Abruzzo,

depositata il 30/11/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/10/2018 dal Consigliere Dott. SALVATORE SAIJA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 203/05/07, la C.T.P. dell’Aquila accolse il ricorso proposto da P.G. avverso l’avviso di accertamento con cui veniva rettificato, per l’anno d’imposta 2004, il suo reddito di partecipazione (pari al 50%) alla società Autosymbol s.a.s. di P.G.. La C.T.R. dell’Aquila, adita dall’Ufficio, respinse l’appello con sentenza n. 128/3/10 del 30.11.2010. Rilevò il secondo giudice che era frattanto intervenuta altra sua decisione (in data 23.3.2010), con cui era stata parzialmente riformata la prima decisione relativa all’avviso di accertamento concernente la società Autosymbol s.a.s. di P.G., ritenuta erronea limitatamente all’IVA omessa, sicchè, alla luce di detto decisum, doveva ritenersi che alcun imponibile da imputare ai soci ai fini dell’imposizione diretta fosse emerso.

L’Agenzia delle Entrate ricorre ora per cassazione, sulla base di tre motivi. L’intimato non ha resistito.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo, si denuncia la nullità della sentenza, per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. L’Agenzia lamenta il difetto assolato di motivazione, avendo la C.T.R. richiamato – a sostegno della decisione – una propria sentenza priva di numero e quindi con l’impossibilità di relativa identificazione.

1.2 – Con il secondo motivo, si denuncia vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva l’Agenzia che, a voler considerare sussistente la motivazione, essa è non solo carente, ma anche contraddittoria, laddove da un lato afferma che vi è stata una sentenza concernente l’accertamento nei confronti della società, ma annullato limitatamente all’IVA omessa, e dall’altro afferma che non vi sono conseguentemente redditi imponibili da imputare ai soci.

1.3 – Col terzo motivo, infine, si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 14 e 29 e la nullità della sentenza per mancata integrazione del contraddittorio ex art. 102 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4. Si censura la decisione impugnata per non aver disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti della società e dei restanti soci, stante il rapporto di pregiudizialità tra l’accertamento nei confronti della prima e quello nei confronti dei soci.

2.1 – Il terzo motivo, da esaminarsi per primo, è fondato.

Infatti, è pacifico l’insegnamento secondo cui “In materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione, dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio” (Cass., Sez. Un., n. 14815/2008; da ultimo, Cass. n. 16730/2018).

L’intero giudizio inerente la posizione di P.G. è quindi affetto da nullità insanabile (si veda analogamente per la medesima vicenda, in relazione all’anno d’imposta 2005, Cass. n. 12553/2015), stante la necessità di disporre il contraddittorio nei confronti della società e dei restanti soci accomandanti. Si impone dunque la rimessione al giudice di primo grado, affinchè proceda alla rinnovazione del giudizio, previa integrazione del contraddittorio nei confronti della società e di altri eventuali soci, litisconsorti necessari. Il giudice di merito provvederà alla liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.

PQM

dichiara la nullità dell’intero giudizio; cassa la sentenza impugnata e rimette le parti dinanzi alla C.T.P. dell’Aquila, in diversa composizione, affinchè proceda alla rinnovazione del giudizio, previa integrazione del contraddittorio nei confronti della Autosymbol s.a.s. di P.G., e di altri eventuali soci, litisconsorti necessari.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 23 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2019

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