Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21668 del 23/08/2019

Cassazione civile sez. lav., 23/08/2019, (ud. 19/03/2019, dep. 23/08/2019), n.21668

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4433-2015 proposto da:

T.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VICOLO DEL BUON

CONSIGLIO, 31, presso lo studio dell’avvocato ENRICA GIOVANNA MARIA

ISIDORI, rappresentata e difesa dall’avvocato CESARE PUCCI;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 190,

(AREA LEGALE TERRITORIALE CENTRO DI POSTE ITALIANE), presso lo

studio dell’Avvocato DORA DE ROSE, rappresentata e difesa

dall’avvocato FABIOLA IMPROTA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 564/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 05/08/2014 R.G.N. 780/2013.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

che con sentenza n. 564/2014, depositata il 5 agosto 2014, la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza di primo grado, con la quale il Tribunale della medesima sede aveva respinto la domanda proposta da T.R. nei confronti di Poste Italiane S.p.A. volta all’accertamento della illegittimità del trasferimento dall’ufficio postale “(OMISSIS)” all’ufficio postale “(OMISSIS)”;

– che a sostegno della propria decisione la Corte di appello ha osservato come il c.c.n.l. per i dipendenti di Poste Italiane S.p.A. definisca trasferimento “lo spostamento definitivo e senza limiti di durata del lavoratore ad altro luogo di lavoro” (art. 38) e precisi che con l’espressione luogo di lavoro si intende “l’ambito territoriale del Comune” (Dichiarazione a Verbale in calce agli artt. 38-40): con la conseguenza che, trattandosi nella specie di spostamento tra uffici postali compresi nel territorio di uno stesso Comune, dovevano ritenersi inapplicabili i requisiti di validità previsti dall’art. 2103 c.c.; nè l’appellante aveva provato che ogni ufficio postale configurasse un’autonoma unità produttiva;

– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la lavoratrice, con unico motivo, cui ha resistito la società con controricorso, assistito da memoria.

Diritto

RILEVATO IN DIRITTO

che con il motivo proposto viene dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 2103 e 2697 c.c., nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte di appello erroneamente ritenuto che la lavoratrice non avesse dato dimostrazione della propria tesi secondo cui gli uffici postali rappresentano unità produttive a sè stanti, contrariamente alla previsione collettiva, senza peraltro considerare che ogni ufficio postale costituiva un’articolazione idonea a svolgere l’intero ciclo produttivo relativo ad una frazione o ad un momento essenziale dell’attività aziendale;

Osservato che il motivo non può trovare accoglimento;

– che al riguardo deve essere innanzitutto ribadito il principio di diritto, secondo il quale la censura di violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del precetto di cui all’art. 2697 c.c. è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto del materiale probatorio (Cass. n. 13395/2018);

– che inoltre si deve ribadire che il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicchè la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura nè un vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360 c.p.c., n. 3, e neppure un vizio di violazione di norme processuali, ex art. 360, n. 4, ma un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., n. 5, come riformulato a seguito delle modifiche introdotte nel 2012 (Cass. n. 23940/2017);

– che, d’altra parte, a fronte di giudizio di secondo grado proposto con ricorso depositato in data posteriore al trentesimo giorno dall’entrata in vigore della L. 7 agosto 2012, n. 134, si è nella specie in presenza di “doppia conforme”, con conseguente preclusione della deducibilità del vizio di cui all’art. 360, n. 5;

– che, pertanto, l’accertamento di fatto compiuto dalla Corte del merito relativamente alla inidoneità dell’ufficio postale a configurare un’autonoma unità produttiva non risulta aver formato oggetto di pertinente censura;

– che, in un caso sovrapponibile al presente, questa Corte ha già avuto occasione di affermare che “la nozione di trasferimento del lavoratore, che comporta il mutamento definitivo del luogo geografico di esecuzione della prestazione, ai sensi dell’art. 2103 c.c., comma 1, (u.p.), e alla stregua delle disposizioni collettive applicabili nella specie (artt. 37 e 74 del c.c.n.l. per i dipendenti postali), non è configurabile quando lo spostamento venga attuato nell’ambito della medesima unità produttiva, salvo i casi in cui l’unità produttiva comprenda uffici notevolmente distanti tra loro” (Cass. n. 17246/2018; conforme Cass. n. 12097/2010);

Ritenuto conclusivamente che il ricorso deve essere respinto;

– che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 19 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2019

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