Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21665 del 08/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 08/10/2020, (ud. 17/10/2019, dep. 08/10/2020), n.21665

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 29666/2014 R.G. proposto da:

Banca Ifis s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

quale incorporante di Fast Finance s.p.a., elettivamente domiciliata

in Roma, via Cicerone n. 44, presso lo studio dell’avv. Giorgia

Passacantilli, rappresentata e difesa dall’avv. Mario Martelli

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 6912/32/14, depositata il 14 luglio 2014;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 17 ottobre 2019

dal Cons. Nonno Giacomo Maria;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Mastroberardino Paola, che ha concluso per il rigetto

del ricorso.

Uditi l’avv. Giovanni Coliceti per delega dell’avv. Mario Martelli

per la ricorrente e l’avv. Giovanni Palatiello per la

controricorrente.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza n. 6912/32/14 del 14/07/2014, la Commissione tributaria regionale della Campania (di seguito CTR) accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 335/08/13 della Commissione tributaria provinciale di Caserta (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso proposto da Banca Ifis s.p.a. (incorporante Fast Finance s.p.a.) nei confronti del silenzio-rifiuto formatosi a seguito di istanza di rimborso di un credito IVA relativo all’anno d’imposta 2002 presentata dal creditore cedente (OMISSIS) s.r.l.

1.1. Come emerge anche dalla sentenza impugnata, il credito IVA era stato acquistato da Fast Finance s.p.a. da potere della curatela del fallimento di (OMISSIS) s.r.l. con atto di cessione regolarmente comunicato all’Agenzia delle entrate.

1.2. la CTR, per quanto ancora interessa in questa sede, motivava l’accoglimento dell’appello dell’Agenzia delle entrate osservando quanto segue: a) il giudice di prime cure, accogliendo la domanda della società contribuente, non aveva preso in considerazione l’attività di controllo operata dall’Ufficio; b) come emergeva, infatti, dal processo verbale di accertamento dell’esistenza in concreto della società contribuente, nell’anno 2002 (OMISSIS) s.r.l. risultava formalmente esistente ma non operativa, con conseguente rigetto dell’istanza di rimborso; c) peraltro, appariva “quanto meno singolare che la (OMISSIS), versando in una situazione prefallimentare, potesse aver maturato un credito IVA di ben Euro 160.000,00, in ordine al quale non è stato provato, e nemmeno chiarito, se si trattasse di crediti riportati da precedenti anni d’imposta”.

2. Banca Ifis s.p.a. impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c.

3. l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso Banca Ifis s.p.a. deduce la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 51, 52, 54,56 e 57, nonchè dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando il proprio buon diritto di vedersi riconosciuto il rimborso del credito acquisito, essendosi detto credito cristallizzato in mancanza dell’esercizio del potere di rettifica nel rispetto dei termini di decadenza ed essendo ininfluente quanto previsto nel processo verbale di constatazione, peraltro non seguito da alcun accertamento.

2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza per omessa o illogica e contraddittoria pronuncia su punti decisivi dell’appello in violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, avendo la CTR omesso di pronunciarsi sulla intervenuta decadenza dell’Ufficio di contestare l’an e il quantum di un credito IVA in relazione al quale il diritto al rimborso si sarebbe ormai cristallizzato.

3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, costituito dall’avvenuta cristallizzazione del credito IVA come conseguenza della mancata rettifica da parte dell’Ufficio.

4. I tre motivi, che possono essere unitariamente esaminati in quanto involgenti, sotto diversi profili, la medesima questione, sono complessivamente infondati.

4.1. Al netto di talune affermazioni non chiare, con le quali la ricorrente, da un lato, sembra contestare la valenza probatoria del processo verbale di constatazione di cui fa menzione la sentenza impugnata e, dall’altro, sembra fondare anche su tale verbale l’esistenza del credito, la questione che viene dedotta dalla parte ricorrente in questa sede riguarda essenzialmente l’incontestabilità del diritto al rimborso del credito IVA acquistato dalla Banca Ifis s.p.a., essendosi detto credito consolidato in mancanza del tempestivo esercizio dei poteri di accertamento e rettifica da parte dell’Amministrazione finanziaria.

4.2. Orbene, secondo il prevalente orientamento di questa Corte, cui si intende dare continuità, il diniego di rimborso dell’eccedenza detraibile IVA soggiace al termine di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, se esso dipenda dalla contestazione della sussistenza dell’eccedenza detraibile indicata dal contribuente, mentre non vi soggiace se, pacifica tale sussistenza, vengano invece contestati i requisiti per l’accesso al rimborso contemplati dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30 (Cass. n. 16768 del 09/08/2016; Cass. n. 8810 del 10/04/2013; Cass. n. 8460 del 22/04/2005).

4.2.1. In particolare, è stato precisato che la contestazione circa la sussistenza dei fatti costitutivi del diritto al rimborso indicati dalla norma – quante volte non investa l’esistenza stessa di una eccedenza di imposta in favore del contribuente ma sia limitata, come nel caso di specie, all’esistenza degli altri fatti costitutivi – non influisce assolutamente sull’entità dell’imposta dovuta (che resta, quindi, fuori dalla discussione nella sua determinazione quantitativa) e, pertanto, non attiene assolutamente a profili accertativi dell’imposta stessa (che rimangono immutati e non discussi tra le parti) per cui la contestazione in parola non può ritenersi soggetta al termine decadenziale previsto dalla legge per tutt’altra fattispecie ma deve ritenersi sempre opponibile al contribuente finchè questi abbia il diritto di ottenere il rimborso delle eccedenze (così Cass. n. 194 del 10/01/2004; si vedano, altresì, Cass. n. 8998 del 18/04/2014; Cass. n. 8642 del 09/04/2009; Cass. n. 29398 del 16/12/2008).

4.2.2. Le superiori conclusioni sono del tutto compatibili con il principio per il quale, “in tema di rimborso d’imposte, l’Amministrazione finanziaria può contestare il credito esposto dal contribuente nella dichiarazione dei redditi anche qualora siano scaduti i termini per l’esercizio del suo potere di accertamento, senza che abbia adottato alcun provvedimento, atteso che tali termini decadenziali operano limitatamente al riscontro dei suoi crediti e non dei suoi debiti, in applicazione del principio “quae temporalia ad agendum, perpetua ad excepiendum”” (Cass. S.U. n. 5069 del 15/03/2016); principio che, a sua volta, non contrasta “con l’art. 1 del I Protocollo addizionale alla CEDU, in quanto tale norma garantisce tutela sul piano convenzionale ai soli crediti già accertati, nonchè liquidi ed esigibili, ossia a quelli che possano ritenersi parte del patrimonio dell’individuo” (Cass. n. 25464 del 12/10/2018).

4.2.3. Invero, a parte ogni questione circa l’estensione del principio elaborato dalle Sezioni Unite anche all’IVA, nel caso di specie la sentenza della CTR non si sofferma sulla esistenza del credito d’imposta vantato dal cessionario Banca Ifis s.p.a., ma fa derivare l’insussistenza del diritto al rimborso dalla inoperatività della società, accertata dal processo verbale del 15/07/2002.

4.3.1. Tale statuizione attiene, all’evidenza, ai requisiti necessari per la rimborsabilità del credito, in ordine ai quali sussiste in ogni tempo la possibilità di contestazione per l’Amministrazione finanziaria, indipendentemente dalla decadenza dai poteri di accertamento, con conseguente infondatezza della tesi alla base del ricorso proposto.

4.4. Vale in questa sede la pena di evidenziare ulteriormente (indipendentemente da ogni valutazione circa la effettiva formulazione di uno specifico motivo sul punto) che nessun dubbio può sussistere in ordine alla utilizzabilità, da parte dell’Amministrazione finanziaria, ai fini del diniego di rimborso, del processo verbale di accertamento dell’esistenza in concreto della società contribuente, che ben può costituire una valida fonte di prova ai fini della valutazione dei requisiti di rimborsabilità del credito.

5. In conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, avuto conto di un valore di lite dichiarato di Euro 160.000,00.

5.1. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in Euro 7.300,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso a norma degli stessi artt. 1-bis e 13.

Si da atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a).

Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2020

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