Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21664 del 19/09/2017

Cassazione civile, sez. lav., 19/09/2017, (ud. 03/05/2017, dep.19/09/2017),  n. 21664

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3922/2012 proposto da:

T.M. C.F. (OMISSIS), deceduto corso di causa, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE PISANELLI 2, presso lo studio

dell’avvocato ALBERTO ANGELETTI, rappresentato e difeso

dall’avvocato CLAUDIO STOLFI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, in

proprio e quale mandatario della CARTOLARIZZAZIONE CREDITI INPS

S.C.C.I. S.P.A. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentato e difeso dagli Avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO

SGROI, LELIO MARITATO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1067/2011 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 29/10/2011 R.G.N. 127/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/05/2017 dal Consigliere Dott. ROBERTO RIVERSO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per l’accoglimento del primo

motivo assorbiti gli altri;

udito l’Avvocato ANGELETTI ALBERTO per delega verbale Avvocato STOLFI

CLAUDIO;

udito l’Avvocato DE ROSE EMANUELE per delega verbale Avvocato SGROI

ANTONINO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 1067/2011, la Corte d’Appello di Firenze ha accolto il gravame dell’Inps avverso la sentenza che accoglieva l’opposizione a ruolo esattoriale di T.M. escludendo che egli in quanto iscritto al Fondo Agenti Marittimi ed Aerei (FAMA) dovesse versare la contribuzione alla gestione commercianti per gli anni 2003/2008.

A fondamento della decisione di riforma la Corte d’Appello rilevava al contrario che T.M. risultasse socio al 40% della S.r.l. Oceanexpress Italia, agenzia marittima, della quale era anche amministratore unico; e poichè egli aveva dichiarato di lavorare personalmente nell’agenzia marittima come amministratore dedicandosi al commerciale, come sua principale occupazione, era anche tenuto all’obbligatoria iscrizione alla gestione commercianti in forza della L. 27 novembre 1960, n. 1397, art. 1, come modificato dal comma 203 della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1; posto che per essere iscritto alla gestione commercianti, il citato comma 203, richiede al socio di srl soltanto la sua personale e abituale dedizione al lavoro aziendale come principale attività; mentre la circostanza per cui T. fosse iscritto anche all’elenco dei raccomandatari marittimi non ostava di per sè alla pretesa contributiva dell’Inps.

D’altra parte ai sensi del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, comma 11, convertito in L. 30 luglio 2010, n. 122, è stato chiarito che la iscrizione obbligatoria alla gestione commercianti. può convivere con altre forme di contribuzione obbligatoria, talchè uno stesso soggetto può essere tenuto al versamento della contribuzione sia alla gestione commercianti sia ad altre forme assicurative obbligatorie; non vi era motivo perciò per negare l’obbligo del T. di iscriversi alla gestione dei commercianti.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione T.M. con due motivi illustrati da memoria. Resiste l’Inps con controricorso.

A seguito del decesso del ricorrente T.M. si costituivano in giudizio gli eredi E.B.M., T.C. e T.B. depositando memoria alla quale risulta allegata su foglio separato la procura speciale rilasciata all’avv. Claudio Stolfi che ha provveduto all’autentica delle sottoscrizioni.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Preliminarmente va dichiarata l’inammissibilità della costituzione in giudizio degli eredi del ricorrente perchè la relativa procura al difensore non è stata rilasciata su atto idoneo ai sensi dell’art. 83 c.p.c.. Nel giudizio di cassazione, infatti, la procura speciale (espressamente prevista dall’art. 365 c.p.c.) non può essere rilasciata a margine o in calce ad atti diversi dal ricorso o dal controricorso, stante il tassativo disposto dell’art. 83 c.p.c., comma 3, che implica la necessaria esclusione dell’utilizzabilità di atti diversi da quelli suindicati. Pertanto, se la procura non è rilasciata contestualmente a tali atti, è necessario il suo conferimento nella forma prevista dal suddetto art. 83, comma 2, cioè con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, facenti riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali l’indicazione delle parti e della sentenza impugnata.

2.- Col primo motivo il ricorso deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c., in quanto, basando la propria pronuncia solo sulla questione della doppia iscrizione, la Corte d’Appello di Firenze non si sarebbe pronunciata su difese svolte in appello che se fossero state considerate avrebbero condotto al rigetto del gravame dell’Inps; in tal senso si sostiene in particolare che secondo la L. 27 novembre 1960, n. 1397, art. 2, l’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti non si applica alle imprese che abbiano personalità giuridica ed essendo il T. amministratore di una srl, dunque di una società dotata di personalità giuridica, doveva escludersi il suo obbligo di iscrizione alla gestione commercianti in forza dell’art. 2 cit.; inoltre il T. non gestiva di fatto la società ma in forza dei poteri dei quali disponeva formalmente come amministratore, con conseguente posizione previdenziale aperta presso il FAMA.

Il motivo è privo di fondamento, non tenendo conto delle varie modifiche normative intervenute nella stessa materia nel corso del tempo.

2.1. La L. 27 novembre 1960, n. 1397, con la quale è stata istituita l’assicurazione obbligatoria contro le malattie per gli esercenti attività commerciale (ai quali è stata poi estesa dalla L. 22 luglio 1966, n. 613, l’assicurazione obbligatoria per l’invalidità e la vecchiaia), prevedeva l’obbligo dell’iscrizione per gli esercenti di piccole imprese commerciali per i quali ricorressero le seguenti condizioni: “a) siano titolari o conduttori in proprio di imprese organizzate prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia ivi compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado e semprechè l’imponibile annuo di ricchezza mobile relativo alla attività della impresa commerciale non superi i tre milioni di Lire; b) abbiano la piena responsabilità della azienda ed assumano tutti gli oneri e i rischi inerenti alla sua direzione e alla sua gestione; c) partecipino personalmente e materialmente al lavoro aziendale con carattere di continuità; d) siano muniti, limitatamente per gli esercenti di piccole imprese commerciali, della licenza prevista per l’esercizio della loro attività dalle seguenti disposizioni di legge…”.

L’art. 2 della legge stabiliva che “Qualora la piccola impresa commerciale sia costituita in forma di società in nome collettivo, per titolari di impresa si intendono tutti i soci che rivestono singolarmente i requisiti richiesti dall’art. 1, lett. a), b), c) e d). Le norme di cui alla presente legge non si applicano alle imprese che abbiano personalità giuridica”.

L’art. 1 è stato oggetto di successivi interventi modificativi (L. n. 1088 del 1971, art. 1; L. n. 160 del 1975, art. 29) attraverso i quali l’obbligo dell’iscrizione è stato esteso ai familiari coadiutori preposti al punto vendita ed è stato affermato a prescindere dall’ammontare del volume di affari dell’impresa commerciale. Quanto al requisito di cui alla lett. c) la partecipazione personale e materiale al lavoro aziendale con carattere di continuità, è stato sostituita dalla partecipazione personale “con carattere di abitualità e prevalenza”.

Con la L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 203, il legislatore è nuovamente intervenuto a disciplinare la materia estendendo l’obbligo dell’iscrizione anche ai soci delle società a responsabilità limitata, per i quali è stata esclusa la necessità del requisito di cui alla lett. b), ossia la diretta assunzione degli oneri ed i rischi relativi alla gestione della attività.

Anche la L. n. 1397 del 1960, art. 2, che estendeva l’obbligo della iscrizione ai soci delle s.n.c. solo in presenza di tutti i requisiti indicati dall’art. 1 e prevedeva la non applicabilità alle società con personalità giuridica, è stato abrogato e sostituito dalla L. 28 febbraio 1986, n. 45, art. 3, tuttora vigente, del seguente tenore: “Le disposizioni sull’iscrizione all’assicurazione contro le malattie contenute nella L. 27 novembre 1960, n. 1397, art. 1, come sostituito dalla L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29, si applicano anche ai soci di società in nome collettivo o in accomandita semplice le quali esercitino le attività previste da tale articolo nel rispetto delle norme ad esse relative e gestiscano imprese organizzate prevalentemente con il lavoro dei soci e degli eventuali familiari coadiutori di cui alla L. 22 luglio 1966, n. 613, art. 2. I soci devono possedere i requisiti di cui alla L. 27 novembre 1960, n. 1397, citato art. 1, comma 1, lett. b) e c) e per essi non sono richiesti l’iscrizione al registro di cui alla L. 11 giugno 1971, n. 426, e il possesso delle autorizzazioni o licenze che siano prescritte per l’esercizio dell’attività”.

2.3. Si rivela pertanto infondata la tesi secondo cui l’attività svolta da T. non sarebbe compresa all’interno dei requisiti dettati dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 203, per l’iscrizione alla gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, in quanto tale norma è stata dettata proprio per assicurare l’iscrizione alla gestione commercianti di tutti i soci di srl che partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza; null’altro essendo necessario allo scopo salvo che l’impresa esplichi attività di natura commerciale.

2.4. Nel caso di specie inoltre non è neppure contestato che T. gestisse la società di cui era anche amministratore unico. Pertanto la censura sollevata sotto il profilo dell’omessa considerazione delle stesse difese svolte in appello deve essere disattesa non essendo idonea a rovesciare l’esito della causa dovendosi solo integrare la motivazione della sentenza d’appello; può essere esteso anche alla fattispecie il principio (sez. 2, sentenza n. 2313 del 01/02/2010) secondo cui in materia di error in procedendo “alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111 Cost., comma 2, nonchè di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c., ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di Cassazione può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con il suddetto motivo risulti infondata, di modo che la pronuncia da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto”.

2.5 Deve essere poi disattesa la diversa censura con la quale si sostiene che l’attività di raccomandatario marittimo svolta dal T. non fosse inquadrabile fra le attività commerciali ovvero fra le attività del settore terziario rispetto alle quali sussiste l’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti di cui alla L. n. 613 del 1996, trattandosi piuttosto di un’attività ausiliaria a quella di trasporto. La censura è infondata perchè nel caso di specie la corte territoriale ha pure accertato in fatto, con motivazione logica e non sottoposta ad alcuna idonea censura, che l’impresa in questione non si limitava a svolgere la funzione di semplice institore o di rappresentante occasionale dell’impresa nautica ma si dedicava anche concretamente all’acquisizione della clientela nel campo dei contratti del trasporto marittimo, assumendo quindi la qualità di impresa commerciale.

3.- Con il secondo motivo si sostiene la violazione e falsa applicazione del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, comma 11, convertito in legge dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, art. 1, comma 1. In via preliminare si sostiene che la disposizione di legge violi l’art. 117 Cost., comma 1, in relazione all’art. 6 della CEDU per via della sua efficacia retroattiva non giustificata da superiori motivi di interesse generale, tale non potendo considerarsi quello meramente di cassa perseguito dal legislatore; si sostiene inoltre che nel caso di specie sarebbero stati violati l’art. 3 Cost., art. 24 Cost., comma 1, art. 102 Cost. e art. 111 Cost., comma 2, sicchè la Corte d’Appello avrebbe dovuto rimettere la questione alla Corte Costituzionale poichè il T. in qualità di amministratore produceva un reddito che era già assoggettato a contribuzione obbligatoria a favore del Fondo Agenti Marittimi e Aerei FAMA il quale assicura agli agenti ad esso iscritti i medesimi trattamenti che la gestione commercianti garantisce ai suoi iscritti; donde l’illegittimità dell’assoggettamento del raccomandatario marittimo alla contribuzione Inps la quale veniva a gravare sulle stesse somme sulle quali si esercitava il prelievo per il FAMA e per ottenere i medesimi trattamenti previdenziali assicurati da quest’ultimo.

3.1 Anche questo motivo di ricorso è infondato. Per quanto concerne il sospetto di illegittimità incostituzionale del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, comma 11 (recante, “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”, convertito in L. 30 luglio 2010, n. 122) – che ha riconosciuto la possibilità di una duplice iscrizione previdenziale del socio di srl, nella ovvia sussistenza degli autonomi presupposti delineati dalla normativa di riferimento la questione sollevata, oltre ad essere irrilevante (posto che la norma di interpretazione autentica si riferisce al concorso con l’iscrizione alla gestione separata, mentre qui si discute del concorso tra iscrizione al FAMA e gestione commercianti); è altresì infondata nel merito, come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 17076/2011, la quale, da una parte, ha riconosciuto la legittimità della doppia iscrizione (alla gestione separata ed alla gestione commercianti) del socio amministratore di srl che partecipi con abitualità e prevalenza al lavoro aziendale; e dell’altra, ha escluso che la normativa in questione, a cagione della sua portata interpretativa, contrasti con i principi costituzionali e con quelli dettati dalla Convenzione EDU.

La stessa norma di interpretazione autentica è stata poi scrutinata anche dalla Corte Cost. (sentenza n. 15/2012) adita dai giudici di merito; ed anche tale sentenza ha escluso qualsiasi profilo di illegittimità costituzionale riconoscendo alla norma una portata effettivamente interpretativa e come tale un’efficacia naturalmente retroattiva.

3.2.- Inoltre non è neppure fondata la censura concernente l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui la contribuzione FAMA ha una diversa e assai limitata base imponibile rispetto a quella della contribuzione da versare alla gestione commercianti. E invero, in relazione all’attività di raccomandazione di navi (L. n. 135 del 1977, ex art. 2), l’iscrizione al FAMA comporta soltanto l’obbligo di contribuzione sui compensi agenziali e sugli emolumenti degli amministratori (L. n. 135, art. 16); e non tocca il reddito di impresa relativo all’attività commerciale, attribuito al socio in ragione della quota di partecipazione agli utili, che costituisce l’imponibile contributivo sul quale viene operato il prelievo per l’assicurazione del socio di srl alla gestione commercianti; venendo dunque in considerazione distinte attività e differenti basi imponibili, sulle quali legittimamente grava una doppia contribuzione previdenziale.

4. In forza delle ragioni esposte la sentenza impugnata si sottrae alle critiche formulate con il ricorso che deve essere quindi rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 1200 di cui Euro 1000 per compensi professionali oltre al 15% per spese generali ed oneri accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2017

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