Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2166 del 01/02/2021

Cassazione civile sez. lav., 01/02/2021, (ud. 09/09/2020, dep. 01/02/2021), n.2166

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23811/2015 proposto da:

C.E., nella qualità di coerede di D.C.,

domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE

SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GAETANO

IROLLO;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati MAURO

RICCI, EMANUELA CAPANNOLO, CLEMENTINA PULLI;

– controricorrente –

e contro

C.G., C.P., C.R., CO.EL.,

C.A. nella qualità di eredi di CO.AN.;

– intimati –

e contro

C.C., CO.RA., CO.GE., C.M.,

nella qualità di eredi di CO.AN., domiciliati in ROMA PIAZZA

CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato GAETANO IROLLO;

– resistenti con mandato –

avverso la sentenza n. 904/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 03/03/2015 R.G.N. 208/2010.

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/09/2020 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con sentenza n. 904/ 2015 la Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza di primo grado che aveva dichiarato improponibile la domanda proposta dagli eredi di D.C. al fine di ottenere l’indennità di accompagnamento domandata dalla stessa D. a mezzo istanza del 12.12.2000, senza che a tale domanda fosse seguito alcun accertamento sanitario da parte della competente commissione medica;

la Corte territoriale ha ritenuto che il D.P.R. n. 698 del 1994, art. 1, comma 8, rendeva possibile per la commissione medica ASL l’accertamento sugli atti solo a seguito di espressa e formale istanza degli eredi, cosa non dimostrata nel caso di specie;

avverso tale sentenza, ricorre per cassazione C.E. sulla base di un unico motivo relativo alla violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 698 del 1994, art. 1, comma 8, nonchè della L. n. 118 del 1971, art. 12, u.c., in relazione alla circostanza che il citato art. 1, comma 8, non imporrebbe – come sostenuto dai giudici del merito – agli eredi la proposizione di una nuova domanda rispetto a quella già presentata dalla dante causa;

resiste l’INPS con controricorso;

i coeredi C.C., Co.Ra., C.G., C.P., C.R., Co.El., Co.Ge., C.M. e C.A. si sono limitati a depositare procura speciale, mentre sono rimasti intimati gli eredi di Co.An. indicati in epigrafe.

Diritto

CONSIDERATO

che:

deve premettersi che, dall’esame del ricorso e degli atti processuali dal medesimo richiamati, si evince che la domanda amministrativa sulla cui insussistenza è basata la pronuncia di improponibilità della domanda giudiziale proposta dagli eredi di D.C. è esclusivamente quella che la Corte territoriale ha ritenuto imposta dal D.P.R. n. 698 del 1994, art. 1, comma 8; ciò non solo in quanto già dal ricorso di primo grado gli eredi avevano riferito che la propria dante causa con raccomandata del 12.12.2000 aveva inoltrato domanda alla commissione medica presso l’ASL (OMISSIS) e la consulenza espletata in primo grado aveva riconosciuto la presenza delle condizioni sanitarie necessarie ad ottenere la prestazione sin dalla data della domanda amministrativa, ma anche perchè è la stessa sentenza impugnata che chiarisce il proprio pensiero laddove esplicitamente conferma il giudizio di improponibilità formulato dal primo giudice “in quanto gli eredi della de cuius D.C. non hanno presentato apposita domanda amministrativa con la quale è stato richiesto alla commissione medica ASL di procedere (sugli atti) all’accertamento della invalidità civile nonostante il decesso del proprio dante causa. Il verbo “possono” osserva il collegio, contenuto nel D.P.R. n. 698 del 1994, art. 1, comma 8, è riferito alle commissioni mediche ASL mentre la norma onera espressamente gli eredi di presentare formale istanza”;

il motivo è fondato;

la questione giuridica di cui si discute è relativa alla interpretazione di tale disposizione, dovendosi accertare se la stessa abbia introdotto una condizione di proponibilità della domanda giudiziale tesa ad ottenere i ratei maturati sino al decesso, proposta dagli eredi di colui il quale deceda dopo aver iniziato il procedimento di accertamento dello stato invalidante, ma prima che la competente commissione lo abbia sottoposto positivamente a visita;

il testo della disposizione, compresa nell’art. 1, intitolato “Procedimento per l’accertamento sanitario delle minorazioni civili”, è il seguente “Nel caso di decesso del richiedente il riconoscimento dello status di invalido civile, di cieco civile o di sordomuto, relativo anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del presente regolamento, le commissioni mediche di cui al comma 1, possono, su formale istanza degli eredi, procedere all’accertamento sanitario esclusivamente in presenza di documentazione medica rilasciata da strutture pubbliche o convenzionate, in data antecedente al decesso, comprovanti, in modo certo, l’esistenza delle infermità e tali da consentire la formulazione di una esatta diagnosi ed un compiuto e motivato giudizio medico-legale”;

sulla finalità del regolamento adottato con il D.P.R. n. 698 del 1994, Corte Costituzionale n. 156 del 1996 ha evidenziato che “la L. 24 dicembre 1993, n. 537, recante interventi correttivi di finanza pubblica, all’art. 11, ha previsto l’emanazione di un regolamento, ai sensi della L. 23 agosto 1988, n. 400, art. 17, comma 2, per disciplinare il riordinamento dei procedimenti in materia di invalidità civile, cecità civile e sordomutismo, sulla base di una serie di criteri, tra i quali la semplificazione dei procedimenti e la distinzione del procedimento di accertamento sanitario da quello per la concessione delle provvidenze, con attribuzione della rispettiva competenza alle commissioni mediche, di cui alla L. 15 ottobre 1990, n. 295, ed ai prefetti. Distinzione resa, evidentemente, necessaria proprio da quelle esigenze di snellezza, rapidità ed efficienza, che sono alla base della previsione del riordinamento della materia. Pertanto, alla stregua di tali criteri regolatori, contenuti nella citata L. n. 537 del 1993, il regolamento in questione ha individuato, all’interno di una complessa procedura intesa al riconoscimento delle invalidità i compiti tecnici demandati alle unità sanitarie locali”;

quanto poi alla questione della possibilità di riconoscere agli eredi il diritto ad ottenere i ratei della prestazione assistenziale spettante al de cuius, richiesta dal medesimo ma non ancora riconosciuta al momento del decesso, si è consolidato il principio (Cass. SS.UU. n. 11329 del 1991, Cass. 7333 del 1994; Cass. 12879 del 1995) secondo il quale della L. n. 118 del 1971, art. 12, u.c. – interpretato autenticamente dalla L. 13 dicembre 1986, n. 912, nel senso che gli eredi del mutilato o invalido civile, deceduto successivamente al riconoscimento dell’invalidità, hanno diritto a percepire le quote di pensione già maturate dall’interessato alla data del decesso, anche se questo sia intervenuto prima della deliberazione concessiva, ferma restando la necessità della deliberazione stessa – non esclude che lo stato di inabilità necessario per la concessione dell’indennità (che decorre dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda e che costituisce oggetto di un diritto soggettivo rispetto al quale l’espletamento della procedura amministrativa è condizione di procedibilità e non di proponibilità dell’azione) possa essere accertato, in sede giudiziaria, anche dopo la morte del soggetto minorato, atteso che la normativa predetta – della quale la Corte Costituzionale ha ritenuto la legittimità, con ordinanza n. 61 del 1989, nel presupposto (non vincolante per il giudice ordinario) della natura costitutiva dell’accertamento dell’inabilità e dell’impossibilità, anche in sede giudiziale, che esso intervenga dopo la morte dell’interessato – ha inteso affermare la necessità dell’anteriorità del detto accertamento con esclusivo riguardo all’ambito del procedimento amministrativo, nel senso che, avvenuto in vita del dante causa l’accertamento predetto, il diritto degli eredi ai ratei ben può essere riconosciuto in sede amministrativa, senza con ciò escludere che l’accertamento stesso possa avvenire in sede giudiziaria;

peraltro, (Cass. n. 1323/2016) il diritto alle prestazioni assistenziali dovute agli invalidi civili nasce sulla base della domanda amministrativa e della sussistenza dei presupposti normativamente previsti e, facendo parte del patrimonio del titolare, a prescindere dal suo accertamento in sede amministrativa e o giudiziale, si trasmette per successione ereditaria anche in caso di morte dell’avente diritto antecedente all’accertamento dei presupposti; pertanto, sia nell’ipotesi appena ricordata, sia qualora le prestazioni in parola vengano comunque liquidate non al diretto interessato ma agli eredi quella che viene in rilievo non è una situazione di assistenza sociale obbligatoria bensì una tipica situazione successoria;

può, dunque, in sintesi affermarsi che, una volta avvenuto il decesso dell’istante, il diritto degli eredi ai ratei maturati è previsto direttamente dalla legge, sia nell’ipotesi in cui l’accertamento dei presupposti sia già avvenuto in sede amministrativa (il che consente già in fase amministrativa la liquidazione direttamente agli eredi) che nell’ipotesi in cui tale accertamento avvenga solo in sede giudiziaria;

su queste premesse, deve osservarsi che l’introduzione del D.P.R. n. 698 del 1994, ed in particolare dell’art. 1, comma 8, non ha modificato i termini essenziali della questione, giacchè anche tale previsione esaurisce i propri effetti all’interno del procedimento amministrativo, attribuendo alla commissione medica competente il potere (così va letta l’espressione “possono”) di accertare, laddove gli eredi facciano espressa richiesta ed esclusivamente sulla base di documentazione sanitaria pubblica o proveniente da strutture alle stesse assimilabili, l’effettiva sussistenza delle condizioni sanitarie di invalidità richieste;

qualora, tuttavia, ciò non avvenga non può certo ritenersi improponibile l’azione giudiziaria da parte degli eredi della L. n. 118 del 1971, ex art. 12, u.c. – interpretato autenticamente dalla L. 13 dicembre 1986, n. 912 – posto che la funzione del D.P.R. n. 698 del 1994, art. 1, comma 8, è chiaramente quella di indicare i criteri delle modalità di accertamento dello stato invalidante di cui soffriva il de cuius in sede amministrativa e non quella di porre l’obbligo di reiterare da parte degli eredi la domanda di prestazione già a suo tempo inoltrata dal medesimo;

una diversa interpretazione, peraltro, imporrebbe tale onere solo a quel’erede il cui dante causa non sia stato sottoposto a visita al momento del decesso, mentre, inspiegabilmente, dall’onere di reiterare la domanda resterebbe escluso l’erede di chi sia deceduto dopo essere stato sottoposto a visita;

trattandosi di un diritto di natura successoria, seppure derivante dal diritto di natura assistenziale spettante al de cuius, è esclusivamente con riferimento alla domanda amministrativa proposta da quest’ultimo ed allo svolgimento del relativo procedimento amministrativo che dovrà essere valutata la sussistenza delle condizioni di proponibilità di tale tipo di domanda relativa al riconoscimento di diritto a prestazione assistenziale;

in definitiva, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione che esaminerà la pretesa del ricorrente nel merito, oltre che a regolare le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 9 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2021

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