Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21658 del 23/08/2019

Cassazione civile sez. II, 23/08/2019, (ud. 21/05/2019, dep. 23/08/2019), n.21658

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORRENTI Vincenzo – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19591/2015 proposto da:

C.M., E.I., elettivamente domiciliati in Roma, Via

Luigi Perna 51, presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Servillo,

rappresentate e difese dall’avvocato Paolo Rossi;

– ricorrenti –

contro

S.F., Ce.Ma., elettivamente domiciliati in Roma,

Lung.Re Arnaldo Da Brescia 9, presso lo studio dell’avvocato Antonio

Lombardi, rappresentati e difesi dagli avvocati Francesco Cristiano,

Domenico Di Donato;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1486/2015 della Corte d’appello di Napoli,

depositata il 27/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/05/2019 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

Fatto

RILEVATO

che:

– il presente giudizio di legittimità trae origine dal ricorso notificato da C.M. ed E.I. nei confronti di Ce.Ma. e S.F. avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli (meglio precisata in epigrafe) che aveva respinto l’appello proposto dagli odierni ricorrenti;

il contenzioso tra le parti era insorto nel 1993 allorchè C.M. e Ca.Ma. avevano convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli Ce.Ma. e S.F. al fine di sentir accertare l’illegittimità della scala dagli stessi costruita sul confine con il fabbricato delle attrici con conseguente condanna alla sua eliminazione ed al risarcimento dei danni enti;

– per quanto qui di interesse, il tribunale adito con sentenza del 2003 rigettava la domanda degli attrici, le quali proponevano appello che veniva con sentenza del 2009 dichiarato inammissibile per ritenuta tardività;

– impugnata in cassazione la sentenza d’appello, la Suprema corte con l’ordinanza n. 22455 del 2011 in accoglimento del proposto ricorso cassava la sentenza, ritenendo tempestiva la formulata impugnazione e rinviando le parti alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, per la decisione nel merito sull’appello e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità;

– riassunto il giudizio, con la sentenza impugnata la corte napoletana ha esaminato nel merito l’appello e l’ha respinto confermando la sentenza impugnata;

– con riguardo alle spese del giudizio, ha, in applicazione della soccombenza nel complessivo giudizio, posto a carico delle attrici le spese del primo giudizio d’appello, quelle del secondo giudizio d’appello mentre ha escluso quelle del giudizio di cassazione con la motivazione che le controparti non si erano ivi costituite;

-la cassazione di detta sentenza è chiesta con ricorso, tempestivamente notificato, affidato a due motivi cui resistono Ce.Ma. e S.F. con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– premessa l’infondatezza delle eccezioni di inammissibilità sollevate dai controricorrenti essendo le doglianze formulate in termini sufficientemente specifici e comprensibili delle enunciazioni censurate, con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 385 c.p.c., nonchè l’omesso esame e l’insufficienza, la contraddittorietà ed illogicità della motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, con particolare riferimento alla ritenuta illegittima duplice liquidazione delle spese dell’appello, ovvero sia della fase conclusasi con la sentenza del 2009 sia di quelle del giudizio di rinvio conclusosi con la sentenza qui impugnata;

– il motivo è infondato;

– a decisione della corte d’appello quale giudice del rinvio è conforme al principio pacifico secondo il quale allorchè la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione sia rimessa al giudice del rinvio, è legittima la condanna al pagamento delle spese del ricorrente già vittorioso che sia rimasto definitivamente soccombente nel giudizio di rinvio, dovendosi tener conto dell’esito finale della lite, a prescindere dai singoli gradi in cui si è articolata (cfr. Cass. 19345/2014; 2634/2007; 14691/2010);

– questo vale per tutte le spese giudiziali effettivamente sostenute dalla parte risultata vittoriosa comprese, quindi, quelle del primo giudizio di appello;

– con il secondo motivo si denunciano i medesimi vizi sopra sollevati con riguardo alla statuizione sulle spese dei giudizi di appello, riferiti stavolta alla pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità, contestando l’esclusione di esse operata sulla scorta della considerazione che le controparti non si erano costituite;

– si afferma, infatti, che il collegamento strutturale ravvisabile tra il giudizio di cassazione e quello di rinvio, se consente di rimettere al giudice del secondo la liquidazione delle spese del primo, non consente, tuttavia, di contravvenire al principio secondo cui la condanna alle spese di lite presuppone indefettibilmente che la parte, a favore della quale le spese sono attribuite, le abbia in realtà sostenute per lo svolgimento dell’attività difensiva correlata alla sua partecipazione al giudizio;

– pertanto, la parte vittoriosa nel giudizio di rinvio non può ottenere l’attribuzione delle spese non erogate nella fase del giudizio di cassazione in cui non abbia svolto attività difensiva, nè il può giudice provvedere alla liquidazione delle stesse senza incorrere nella violazione dell’art. 91 c.p.c. (cfr. Cass. 15797/2005);

– il ricorso va, dunque, respinto e, in applicazione della soccombenza, parte ricorrente va condannata alla rifusione delle spese di lite a favore di parte controricorrente nella misura liquidata in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese di lite a favore dei contro ricorrenti che liquida in Euro 2700,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2019

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