Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21657 del 08/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 08/10/2020, (ud. 23/09/2020, dep. 08/10/2020), n.21657

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16291-2019 proposto da:

B.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DEI PARIOLI

40, presso lo studio dell’avvocato MATTEO RONGA, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIUSEPPE B.;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, REGIONE CALABRIA;

– intimate –

avverso la sentenza n. 3780/2/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CALABRIA, depositata il 22/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA

CAPRIOLI.

 

Fatto

Ritenuto che:

La CTR della Calabria rigettava l’appello proposto da B.P. nei riguardi della sentenza della CTP di Vibo Valentia con cui era stato respinto il ricorso del contribuente avverso la cartella di pagamento della tassa automobilistica emessa da Equitalia Sud s.p.a. per gli anni 2011 e 2012.

Il giudice rilevava l’infondatezza dell’eccepita prescrizione del credito azionato alla luce della produzione della notifica dell’atto di accertamento evidenziando che a fronte di tale produzione non era stata sollevata alcuna contestazione della conformità dell’originale nè alcun disconoscimento di firma.

Avverso tale sentenza B.P. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.

L’intimata non si è costituita.

Diritto

Considerato che:

Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 32, 57 e 58, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Sostiene che la sentenza impugnata sarebbe viziata sia sotto il profilo della insufficiente motivazione per la mancata esplicitazione del suo contenuto sia sotto il profilo della violazione di legge in quanto non rispondente ai requisiti prescritti dalle norme menzionate in rubrica.

Con un secondo motivo deduce l’omessa ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Lamenta che la CTR avrebbe omesso di pronunciarsi sulla questione relativa alla prescrizione dell’imposta che proprio perchè periodica sarebbe soggetta al termine triennale.

Rilevava altresì che l’iter motivazionale sarebbe contraddittorio laddove, da un lato, sottolinea la mancata contestazione circa la validità della produzione documentale e dall’altra non vi era stato alcun disconoscimento della firma o formalizzazione della contestazione della conformità all’originale.

Il primo motivo è inammissibile.

Come ripetutamente affermato da questa Corte regolatrice, a seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, disposta con D.L. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che a loro volta si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, dando luogo a nullità della sentenza – di mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale, di motivazione apparente, di manifesta ed irriducibile contraddittorietà e di motivazione perplessa od incomprensibile, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un fatto storico, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo ai fini di una diversa soluzione della controversia (giurisprudenza costante, a partire da Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053; Cass. 2020 n. 1621).

Pertanto, laddove non si contesti – come nel caso di specie l’inesistenza, nei termini predetti, del requisito motivazionale del provvedimento giurisdizionale, il vizio di motivazione può essere dedotto soltanto in caso di omesso esame di un “fatto storico” controverso, che sia stato oggetto di discussione ed appaia “decisivo” ai fini di una diversa decisione, non essendo più consentito impugnare la sentenza per criticare la sufficienza del discorso argomentativo giustificativo della decisione adottata sulla base di elementi fattuali ritenuti dal giudice di merito determinanti ovvero scartati in quanto non pertinenti o recessivi (Cass. n. 23940 del 2017, in motiv.).

In ordine al secondo motivo si deve rilevare parimenti l’inammissibilità.

Giova infatti ricordare che, nel rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente, che denuncia il vizio previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, ha l’onere di indicare non una mera “questione” o un semplice “punto” della sentenza ma il “fatto storico”, principale (e cioè il fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) ovvero secondario (cioè dedotto in funzione di prova di un fatto principale) vale a dire un vero e proprio “fatto”, in senso storico e normativo, un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass. n. 27415 del 2018, in motiv.; Cass. n. 17761 del 2016; Cass. n. 29883 del 2017; Cass. n. 21152 del 2014; Cass. SU. n. 5745 del 2015) – il cui esame sia stato omesso, nonchè il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti ed, infine, la sua “decisività” (Cass. n. 14014 del 2017, in motiv.; Cass. n. 9253 del 2017, in motiv.; Cass. n. 20188 del 2017, in motiv.).

L’omesso esame di elementi istruttori non dà luogo, pertanto, al vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze istruttorie (Cass. n. 9253 del 2017, in motiv.).

Ciò posto nel caso di specie la CTR ha ritenuto non si fosse verificata alcuna prescrizione alla luce della produzione documentale delle copie delle notifiche ed ha rigettato l’eccezione in mancanza di un rituale disconoscimento della conformità di queste ultime all’originale che come è noto deve avvenire in modo specifico ed inequivoco alla prima udienza.

Le argomentazioni devono ritenersi giuridicamente corrette considerata anche la mancata indicazione, in termini puntuali, da parte del ricorrente, del dedotto disconoscimento, in violazione del principio di specificità del ricorso ex art. 366 c.p.c. – essendo stato in proposito affermato (cfr. ex multis, Cass. nn. 13425/2014; 4476/2009) che l’art. 2719 c.c. esige l’espresso disconoscimento con riguardo alla contestazione non solo dell’autenticità del contenuto o della sottoscrizione della scrittura, ma anche della conformità della copia all’originale, ed in entrambi i casi deve osservarsi la procedura di cui agli artt. 214 e 215 c.p.c., con la conseguenza che anche nell’ipotesi, qui rilevante, di dedotta difformità della copia dall’originale, la copia fotostatica non autenticata si ha comunque per riconosciuta ove la parte comparsa non la disconosca in modo specifico ed inequivoco alla prima udienza, ovvero nella prima risposta successiva alla sua produzione;

Inoltre, posto che il disconoscimento – se ritualmente proposto onera l’altra parte della produzione dell’originale, nel caso in cui non si contesti il contenuto o la sottoscrizione del documento bensì la sua conformità all’originale, è comunque “in facoltà del giudice di merito di accertare aliunde tale conformità, anche attraverso presunzioni” (cfr. Cass. 5424/2019).

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va rigettato.

Nessuna determinazione in punto spese stante la mancata costituzione dell’intimata.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese; Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2020

 

 

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